Glutine e lattosio: sono davvero da evitare? Facciamo chiarezza
Una dieta senza glutine è più sana e fa dimagrire? La dicitura Senza lattosio in etichetta comporta un valore aggiunto? Molti i dubbi in merito ad allergie e intolleranze, soprattutto se autodiagnosticate. Meglio leggere le etichette con attenzione e valutare le proprie reali necessità.

Slow medicine sostiene che il 25% degli Italiani attribuisce i propri sintomi di malessere a intolleranze o allergie alimentari, anche se in realtà questo può essere vero solo in una bassissima percentuale di casi. Inoltre, in 6 milioni seguono una dieta totalmente, parzialmente o occasionalmente Gluten free convinti che sia più salutare e che per di più faccia dimagrire, a prescindere dalle valutazioni medico scientifiche.
Risulta evidente che le fobie ingiustificate alla presenza di glutine e lattosio negli alimenti hanno scatenato una crescita sul mercato di prodotti Senza Lattosio e Senza Glutine, a tal punto da affermare che alimenti naturalmente senza questi potessero ottenere un valore aggiunto, causandone un aumento del prezzo.
Tra allergie, intolleranze e l'importanza delle etichette, vediamo insieme quali sono le differenze principali da individuare e cose è bene sapere a riguardo.
Proteina tipica del frumento, il glutine è causa di celiachia o infiammazione intestinale permanente se ingerita da soggetti geneticamente predisposti e, anche se con dubbi da parte di alcuni esperti, può causare la cosiddetta sensibilità al glutine. Quella del celiaco è una reazione sintomatica autoimmune causata dall’ingestione del glutine, mentre nel sensibile ancora non se ne conosce il meccanismo.
Nelle persone sensibili ma non celiache si manifestano sintomi simili a quelli della celiachia. Sintomi in comune sono: sindrome dell’intestino irritabile, acne, spossatezza e mal di testa. Un sintomo di carenza vitaminica, invece, può essere riscontrato solo nel celiaco.
I numeri crescono di anno in anno: secondo l’Associazione Italiana Celiachia (AIC) su 60 milioni di Italiani i celiaci diagnosticati sono 200 mila, mentre si stima che i malati possano arrivare a 600 mila. Le persone considerate sensibili alla proteina, invece, sono circa 3 milioni.
In un celiaco il limite di tossicità è molto stretto, bastano pochissime quantità di glutine ingerite per scatenare i sintomi elencati. La dieta è dunque l’unica cura che un celiaco può adottare per tenere sotto controllo questi sintomi.
Oggi, oltre agli alimenti senza glutine appositamente formulati per i celiaci e riconoscibili grazie a uno specifico logo sulle confezioni, nei supermercati è possibile acquistare facilmente alimenti gluten free o prodotti naturalmente privi di glutine. In ogni caso, mediamente un celiaco spende 3 volte di più rispetto a un consumatore non celiaco (per sostenere questo costo lo Stato fornisce in media 90 euro al mese a chi dimostra con cartella clinica di essere celiaco).
Fatte le dovute premesse, il dubbio resta: vale la pena di triplicare la propria spesa se non si soffre di questa patologia? Come abbiamo detto all’inizio, non c’è stato ancora uno studio riconosciuto che sia riuscito a dimostrare gli effettivi benefici derivanti dall’esclusione del glutine per chi non è celiaco. Anzi: se non si prestano le dovute attenzioni, eliminando gli alimenti contenenti glutine dalla dieta si corre il rischio di assumere pochi carboidrati e altrettante poche fibre.
Un intollerante o sensibile al glutine non celiaco (SGNC) può soffrire di diversi disturbi, simili a quelli causati dalla celiachia. I sintomi sono chiari ma ancora non si riesce a determinare le soglie di intolleranza. Non essendoci una reale evidenza scientifica, il consiglio precauzionale che possiamo dare ai SGNC è lo stesso che possiamo dare a un celiaco: mangiare alimenti sostitutivi (naturalmente senza glutine) alternativi ai cereali che lo contengono, come ad esempio mais, riso e grano saraceno. Altrettanto importante è cercare di non impazzire per comperare solo prodotti che riportino la dicitura Gluten free.
Il discorso fatto per il glutine non segue le stesse linee di quello che stiamo per fare per il lattosio, poiché quest ultimo è causa unicamente di intolleranza.
L'allergia al latte è una forma riscontrata in 300 mila italiani - tipicamente in neonati e bambini - caratterizzata dalla difficoltà nel digerire le proteine del latte animale. Gli intolleranti al lattosio, circa 1 milione e 100 mila, hanno invece problemi nel digerire il lattosio stesso - che non è una proteina ma uno zucchero, tipicamente presente nei latti animali.
Chi ritiene di aver problemi con il lattosio deve prima di tutto rivolgersi a uno specialista per una buona diagnosi e individuare la quantità di lattosio tollerata, e non escludere mai del tutto una minima quantità di lattosio nella propria dieta.
Fatte le dovute premesse, secondo uno studio condotto dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) la maggior parte degli intolleranti può sopportare fino a circa 2 bicchieri di latte vaccino - come singola dose senza sintomi, o lievi nel caso di assunzioni di dosi più elevate (che possono essere tollerate se distribuite nell’arco della giornata). C'è anche una piccola parte che fa fatica a digerire, come singola dose, 1 solo bicchiere di latte: in questo caso possiamo avere maggiore flessibilità nella scelta rispetto al glutine.
Naturalmente senza glutine
La dieta di un celiaco e di un SNGC non deve basarsi rigorosamente sulla ricerca di logo e dicitura Senza glutine e, per cercare di dare metodo all’acquisto, l’AIC ha definito categoria per categoria quali sono gli alimenti permessi, quelli a rischio e quelli vietati. I cereali sono il genere alimentare più soggetto a una netta divisione ma per prodotti con la lista degli ingredienti lunga - come ad esempio biscotti, salumi, formaggi fusi, wurstel e sughi - bisogna leggere con attenzione l’etichetta.
Alimenti permessi: possono essere consumati liberamente, in quanto naturalmente privi di glutine o appartenenti a categorie alimentari non a rischio peri i celiaci (poiché nel corso del loro processo produttivo non sussiste rischio di contaminazione). Alimenti permessi sono:
- riso
- mais
- grano saraceno
- amaranto
- miglio
- quinoa
- sorgo
- teff
- fonio
- alcuni tuberi (ad esempio patate, manioca, topinambur)
- prodotti sostitutivi e avena (unicamente se presenti nel Registro Nazionale del Ministero della Salute)
Alimenti a rischio: potrebbero contenere glutine in quantità superiore alla soglia considerata tollerabile di celiachia o a rischio di contaminazione, e per i quali è necessario conoscere e controllare la lista ingredienti - oltre che i processi di lavorazione (in questi ultimi dovrà essere presente il claim gluten free per essere idonei al consumo). Alimenti a rischio sono:
- mix di cereali
- farine di fecole
- amidi
- semole, semolini
- creme e fiocchi dei cereali
- farine per polenta istantanee
- farine di legumi e frutta a guscio
- malto
- tapioca
- amido di frumento deglutinato
- couscous
- tacos
Alimenti vietati: sostanzialmente contengono glutine - di natura o in aggiunta -, pertanto non vano consumati in caso di celiachia o SNGC. Alimenti vietati sono:
- frumento
- farro
- orzo
- avena
- segale
- monococco
- grano khorasan
- spelta
- triticale
- farine, amidi, semole, semolini, creme, fiocchi, primi piatti,prodotti da forno, crusche e prodotti per la prima colazione preparati con i cereali sopra citati
- germe di grano, farine e derivati etnici (bulgur, cracked grano, frik, greis, greunken, seitan, tabulè)
Per gli altri generi alimentari puoi consultare il sito dell’AIC.
Naturalmente senza lattosio
Proviamo a far due conti mettendoci in condizioni più restrittive (ovvero i 6g di lattosio nell’arco di una giornata): se si desiderassero alimenti “tradizionali”, qual è la porzione che si potrebbe ingerire?
Qualche anno fa abbiamo provato a misurare il contenuto in lattosio naturalmente presente negli alimenti, ecco cosa abbiamo riscontrato:
- latte: un bicchiere da 125ml forniscono 5.8g di lattosio
- yogurt: un classico vasetto da 125g, dà 3.8g di lattosio
- burro: supponendo un consumo di 30g (che corrisponde a 3 porzioni da 10g l’una), darebbero 0.2g di lattosio - la stessa quantità contenuta in 200ml di latte senza lattosio
- mozzarella: 100g apportano 0.4g di lattosio
- grana e fontina non danno un contributo di lattosio
Dati alla mano, quindi, come comportarsi? Per chi mal digerisce il lattosio l’acquisto e l’assunzione di latte e di yogurt nella versione delattosata ha senso, ma non vale lo stesso per altri prodotti il cui apporto di lattosio è comunque minimo anche nella versione "classica". Inoltre, sembrerebbe non aver senso l'acquisto e il consumo di prodotti come burro e mozzarella senza lattosio, anche se il mercato sembra passarci un messaggio differente.
Prendere consapevolezza quindi permette da una parte di risparmiare e dall’altra di vivere più serenamente, senza eccessive rinunce o complicazioni. E se questo vale per l’intollerante DOC, a maggior ragione deve far riflettere chi si sente tale, senza però effettive diagnosi.
I prodotti sfusi e confezionati deglutianti - alimenti dove il glutine tradizionalmente presente viene ridotto o sostituito (pane, pasta, biscotti) e la presenza di glutine è inferiore a 20mg/kg - possono riportare in etichetta la dicitura Senza glutine. Le aziende in questo modo garantiscono al consumatore l’assenza di ingredienti contenenti glutine e che ci sia il pericolo di una contaminazione. Il claim, inoltre, può essere seguito da “specificamente formulato per celiaci - persone intolleranti al glutine” solo se nell’alimento in questione il glutine, tradizionalmente presente, viene ridotto o sostituito (ad esempio in pane, pasta, biscotti) oppure o da “adatto ai celiaci - persone intolleranti al glutine”.
L’inserimento della dicitura Specificamente formulato in etichetta è volontario, ma diventa obbligatoria per i prodotti inseriti nel Registro Nazionale degli Alimenti senza glutine (RNA), erogabili al celiaco dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Per quando riguarda invece la dicitura Adatto ai celiaci può essere utilizzata per qualsiasi alimento, sempre in abbinamento al claim senza glutine, purché sia garantita l’assenza di materie prime contenenti glutine e non vi sia contaminazione esterna.
È vietato l'utilizzo di questi claim su tutti quegli alimenti che non contengono mai glutine (come acqua, formaggi tradizionali, latte) poiché su questi l’indicazione risulterebbe superflua e potenzialmente ingannevole per il consumatore, che sarebbe indotto a credere che solo i prodotti riportanti la dicitura siano idonei.
Per i celiaci e i SNGC in mancanza della dicitura, occorre dare un occhio alla lista degli ingredienti: non dovrai trovare alcun componente allergenico relativo ai cereali contenenti glutine, ad esempio frumento, farina di grano tenero, segale.
Attenzione anche alla frase Può contenere tracce di glutine, che le aziende applicano successivamente alla lista ingredienti, per indicare la possibilità di contaminazioni esterne.
L’indicazione Senza lattosio può essere impiegata per latti e derivati con un residuo di lattosio inferiore a 0,1 g per 100 g o ml.
Solo per latti e latti fermentati, come ad esempio lo yogurt, può essere impiegata l’indicazione A ridotto contenuto di lattosio - se il residuo di quest ultimo è inferiore a 0.5 g per 100g o 100ml (percentuali che vanno riportate in etichetta).
Per alimenti non contenenti latte e derivati l’indicazione Naturalmente privo di lattosio non deve indurti in confusione: dove non necessario il claim non è un valore aggiunto. A livello pratico la maggior parte dei prodotti derivati dal latte riporta in etichetta l'indicazione Senza lattosio (oltre a indicare il limite residuo in maniera più o meno visibile).
Infine, fai attenzione anche a quei claim come Bilanciato puro: questo infatti non indica nulla di specifico sul lattosio.
Contenuto realizzato nell’ambito del progetto La Spesa Che Sfida finanziato dal Ministero dello sviluppo economico (DM 7 febbraio 2018)