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IT0001233417
1,353 EUR
22/01/2021
12:50
Milano
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max
-18,38 % Rendimento a 1 anno
6,01 % Rendimento da dividendo
tutti i dettagli
Il nostro consiglio
Valutazione
Indicatore di rischio
Come valutiamo le azioni
Come valutiamo le azioni
Quando l’inefficienza è un vantaggio
Gli elementi base
Il rapporto prezzo/utile
Prezzo/cash flow e prezzo/valore contabile
Il rendimento atteso
Tiriamo le somme!
E il rischio?
Come interpretare i nostri consigli
IL TASSO DI CRESCITA SETTORIALE
- Un mercato è efficiente se rispetta una serie di condizioni (numero elevato di investitori razionali, numero elevato di transazioni, informazioni disponibili simultaneamente per tutti gli investitori...).
- Nella realtà, tuttavia, i mercati azionari non sempre riescono a garantire queste condizioni; di conseguenza, non sempre le azioni quotano al loro prezzo “giusto”. Da qui, l’importanza della scelta delle singole azioni in cui investire.
- Il nostro modello di valutazione, in sostanza, cerca di identificare e sfruttare le differenze tra il prezzo “giusto” e il prezzo di mercato di un titolo. L’ipotesi di fondo, cioè, è che prima o poi il prezzo di mercato di un titolo tende a tornare verso il livello teoricamente “giusto”: se al momento il prezzo è più basso è un’occasione per acquistare, se invece il prezzo di mercato è più alto è il momento di vendere. Ma come determinare il prezzo “giusto”?
Gli elementi base
- Innanzitutto, nelle nostre valutazioni consideriamo solo valori prospettici (quelli relativi all’esercizio in corso e agli esercizi futuri), non i valori storici. I mercati, infatti, “guardano avanti” e sono più interessati alle prospettive di una società piuttosto che alla sua storia. Il passato, casomai, è utile come base per ipotizzare l’andamento futuro, ma non può essere l’unico fattore considerato.
- Quali sono le fonti informative che utilizziamo? Tutte quelle a nostra disposizione per conoscere la società e il suo andamento: alcuni di questi documenti provengono dalla società stessa (bilanci, relazioni semestrali e trimestrali, budget previsionali e piani strategici, comunicati stampa...) altri da fonti “esterne” (stampa specializzata, internet, studi di settore...).
- Per ogni Borsa, la valutazione del singolo titolo si basa sul raffronto con un campione di azioni rappresentativo del mercato. In particolare, valutiamo quattro elementi: il rapporto prezzo/utile, il rapporto prezzo/cash flow, il rapporto prezzo/valore contabile, ma soprattutto il rendimento atteso del titolo messo in relazione con il suo rischio e con il tasso di rendimento per investimenti privi di rischio.
Il rapporto prezzo/utile
- Nel rapporto prezzo/utile prendiamo in considerazione l’utile di competenza del gruppo. Viene quindi esclusa la parte di utile che spetta ai soci di minoranza delle società che, pur rientrando nei conti del gruppo, non sono controllate al 100%.
- Consideriamo l’utile al netto delle tasse, ma senza tener conto degli elementi straordinari (consideriamo cioè l’utile corrente).
- Infine, questo valore va diviso per il numero di azioni, in modo da poterlo rapportare al prezzo di Borsa. Ma quale numero di azioni? Escludiamo le azioni proprie detenute dalla società, e consideriamo solo parzialmente le azioni emesse nel corso dell’anno.
Prezzo/cash flow e prezzo/valore contabile
- Il cash flow è il flusso di liquidità generato dall’attività. Lo determiniamo in modo analogo all’utile: consideriamo cioè il cash flow corrente, di competenza del gruppo, al netto delle tasse. Anche il calcolo del numero di azioni è analogo.
- Il valore contabile, invece, è il valore “di libro” della società, cioè quello risultante dalla valutazione di bilancio delle sue attività, una volta detratti i debiti. Consideriamo il patrimonio risultante a fine anno, di competenza del gruppo, dopo la distribuzione del dividendo e senza considerare le azioni proprie. Il numero di azioni per il quale viene diviso è pari al numero complessivo di azioni in circolazione, meno le azioni proprie.
Il rendimento atteso
- Il rendimento di Borsa di un titolo è il tasso che rende il prezzo di mercato del titolo uguale al valore attuale di tutti i dividendi futuri. Per calcolarlo, stimiamo in maniera puntuale i dividendi dei prossimi 3 anni seguenti; per il periodo successivo (fino a 15 anni) applichiamo una stima del tasso di crescita del settore (vedi riquadro), mentre per il periodo da 15 a 30 anni stimiamo che la crescita si avvicini in maniera graduale al tasso di crescita dell’economia a lungo termine (per la quale utilizziamo le previsioni dell’OCSE e del Fondo Monetario Internazionale).
- Dall’insieme di tutti i rendimenti teorici dei titoli possiamo calcolare un valore teorico “medio” per ogni livello di rischiosità (indicata dal coefficiente beta, che indica la tendenza del titolo ad amplificare o ridurre gli alti e bassi del mercato in generale). Confrontando questo valore con il rendimento di Borsa del titolo, possiamo stabilire se l’azione è sopravvalutata (quando il rendimento di Borsa è inferiore a quello teorico) o sottovalutata (quando il rendimento di Borsa è superiore a quello teorico).
Tiriamo le somme!
- Per ognuno dei quattro parametri (prezzo/utile, prezzo/cash flow, prezzo/valore contabile, rendimento atteso) dividiamo i titoli in cinque gruppi, a cui attribuiamo un punteggio da 1 a 5: al gruppo “migliore” (ad esempio quello con un rapporto prezzo/utile più basso, oppure con un rendimento atteso più alto) diamo il punteggio 1. Al gruppo successivo diamo il punteggio 2, e così via.
- Riuniamo poi i quattro punteggi ottenuti da ogni titolo in un’unica valutazione complessiva del titolo. Come? Facendo una media ponderata. I quattro elementi, infatti, non hanno tutti la stessa importanza nel valutare il titolo: il rendimento atteso è quello a cui attribuiamo un peso maggiore.
- A questo punto, manca solo un ultimo passaggio: rettifichiamo la valutazione del titolo tenendo conto del rendimento e della rischiosità delle altre Borse e dei mercati obbligazionari (applichiamo una correzione, positiva o negativa, in base al mercato di appartenenza). Da qui la valutazione finale.
E il rischio?
- Oltre alla valutazione (cara, correttamente valutata, conveniente...) per ogni azione forniamo ogni settimana anche un indicatore di rischio (da una a cinque stellette). Da dove deriva?
- L’elemento di base è la “volatilità” storica, cioè l’ampiezza degli “alti e bassi” registrati fino a oggi dal prezzo del titolo. Questo non è tuttavia sufficiente: come per la valutazione, il passato è solo una base e deve essere “corretto” in base alle prospettive future. Per questo motivo, prendiamo in considerazione anche altri elementi, che possono portare a un livello di rischio più alto.
- Innanzitutto, valutiamo il rischio di fallimento della società, a breve ma anche a medio termine. Per farlo, teniamo conto del livello attuale dei debiti e di altri fattori, come le cause giudiziarie in corso.
- Il secondo elemento che consideriamo è il tipo di attività: consideriamo perciò il grado di specializzazione o di diversificazione, il potenziale tasso di crescita, la presenza di rischi giudiziari...
Come interpretare i nostri consigli
- I nostri consigli di investimento sono basati su una “scala” a tre livelli: acquistare, mantenere e vendere. Anche se il loro significato può apparire ovvio, ci sono alcuni aspetti che meritano un approfondimento.
- Innanzitutto, a quale orizzonte temporale si riferiscono? I nostri consigli sono indirizzati all’investitore “di lungo periodo”, disposto ad aspettare alcuni anni per vedere il risultato dei propri investimenti. L’investimento in azioni è (in media) più redditizio rispetto a altri, ma solo a condizione di aver pazienza; tenete comunque presente che il maggior rendimento è anche legato al maggior rischio degli investimenti azionari (volatilità dei prezzi, nessuna garanzia di recuperare il capitale investito).
- Partiamo dal consiglio “acquistare”: per un lettore che non ha ancora il titolo nel proprio portafoglio, significa che quel titolo è una buona opportunità per investire un eventuale capitale a sua disposizione. Se invece il titolo fa già parte del proprio portafoglio, può darsi che sia meglio puntare su altre azioni: occorre valutare il peso della singola azione nel complesso dei propri investimenti, tenendo anche conto di eventuali “sovrapposizioni” (ad esempio altri titoli appartenenti allo stesso settore o allo stesso gruppo). Se il peso è già significativo, meglio mantenere il titolo ma orientare “verso altri lidi” i nuovi acquisti.
- Quanto al consiglio “mantenere”, deve essere interpretato in questo modo: per nuovi investimenti c’è sicuramente di meglio, per cui chi non ha il titolo non lo acquisti. Chi invece lo ha già, lo può conservare nel proprio portafoglio: il mercato valuta infatti in maniera corretta le prospettive della società, riflesse nel prezzo. Non è quindi il caso di precipitarsi a vendere per investire nelle azioni all’acquisto, tenendo anche conto dei costi (commissioni di acquisto e vendita) che dovreste sostenere “saltando” in continuazione da un titolo all’altro.
- Infine il consiglio “vendere”: chi ha il titolo se ne liberi e investa altrove, chi invece non lo ha... continui a stare alla larga. Stare alla larga in tutti i sensi: non consigliamo cioè di speculare nemmeno al ribasso, ad esempio attraverso strumenti derivati come le opzioni.
IL TASSO DI CRESCITA SETTORIALE
- Una delle determinanti della valutazione di un titolo è il tasso di crescita del settore a cui la società appartiene. Come lo determiniamo? Abbiamo individuato i principali fattori che contribuiscono “all’attrattività” di un settore: tasso di crescita atteso per le vendite, dimensioni del mercato, redditività attuale, intensità della concorrenza, barriere all’entrata, grado di regolamentazione. Per ognuno dei settori esaminati abbiamo attribuito un punteggio (da 1 a 10) a ogni fattore, per indicare quanto possa pesare sullo sviluppo del settore. Abbiamo infine confrontato il punteggio finale (media ponderata dei punteggi di ogni fattore) con la crescita economica, per determinare la sovra o sottoperformance del settore rispetto alla Borsa.
- Questo tasso settoriale può cambiare in base alla regione in cui la società opera (abbiamo individuato tre aree: Europa, Nord America, Mondo). In alcuni casi, infine, applichiamo un’ulteriore correzione quando riteniamo che la società esaminata sia in grado di “battere” sistematicamente il settore (o al contrario faccia sempre peggio).
- Un terzo test riguarda la qualità degli utili: per questo esaminiamo le principali voci che hanno portato alla composizione dell’utile, facendo una distinzione tra elementi di “cassa” e scritture meramente contabili come accantonamenti e ammortamenti.
- Infine, non possiamo prescindere dalla qualità del management della società: l’esperienza passata, e la disponibilità o meno di liquidità per operazioni “azzardate”, sono altri elementi da noi considerati per valutare il livello di rischio del gruppo.