In Fondi Comuni n° 195, parlandoti dei cosiddetti next eleven, ti abbiamo consigliato, per una piccola speculazione, le Borse di Indonesia, con l'Etf Db X-trackers msci Indonesia ucits (Isin LU0476289623; 12,06 euro, -5,4%) e Vietnam, con Db X-trackers ftse Vietnam ucits (Isin LU0322252924; 17,26 euro, -3%), mentre quella filippina e sud coreana non valgono un acquisto.
Non ci siamo fermati qua, però, e siamo andati avanti nell’analisi del continente asiatico. Ricordati che sono sempre validi i consigli su India e Cina.
TAIWAN: SOLIDA, MA CARA
Pochi Paesi hanno saputo riprendersi come ha fatto Taiwan dopo la crisi economica del 2009. A seguito di una contrazione dell’1,8% del Pil nel 2009, il Paese ha raggiunto il 10,8% di crescita nel 2010 e il 4,1% nel 2011. Nel 2012, però, le cose hanno iniziato ad andare meno bene, con una crescita risicata all’1,3%.
L'economia di Taiwan è fortemente dipendente dal suo settore dell’alta tecnologia, con società come Foxconn (produttrice dei prodotti Apple), HTC e diverse aziende di semiconduttori.
Purtroppo, però, la domanda nei mercati europei e americani si è contratta, mentre nei segmenti di mercato in cui è rimasta sostenuta, come per gli smartphone che sono cresciuti del 44% nel 2012, la quota di mercato di Taiwan si è ridotta a favore di Corea o Cina. Essendo Taiwan fortemente dipendente dalle esportazioni, le autorità di Taipei hanno dichiarato che sono pronte a intervenire sui mercati valutari per difendere la competitività dei propri prodotti nei confronti di Giappone e degli altri suoi concorrenti (Cina e Corea del Sud) se la situazione dovesse peggiorare.
Ma mentre le autorità si preoccupano di mantenere dinamiche le esportazioni, sul fronte del mercato interno non ci sono grandi potenzialità di crescita. Con delle esportazioni stagnanti, infatti, ci si potrebbe aspettare che i consumi domestici diventino un importante motore di crescita. Purtroppo, però, non è questo il caso. I salari, in termini reali, sono scesi di circa il 12% rispetto al periodo 2008-2009 e nonostante un discreto rialzo nel 2010 la loro crescita è stata lenta, non riuscendo a tornare ancora ai livelli pre-crisi. Come effetto di questa perdita di potere d’acquisto, il livello d’indebitamento delle famiglie è salito fino al 150% del Pil, ma nonostante questo il loro consumo è relativamente basso, dato che i consumi pesano solo il 53% del Pil.
Per rassicurare i consumatori, il governo di Taiwan ha cercato di mettere in campo una fitta rete di servizi sociali e ha annunciato un aumento del salario minimo. Ma non è tutto: l'inflazione rimane estremamente bassa, mentre il debito pubblico, seppur in aumento, non è a livelli preoccupanti (appena il 42% del Pil nel 2012) e la disoccupazione è bassa (al 4%) . Per questi motivi, ad oggi, anche se le prospettive non sono particolarmente brillanti, l’economia di Taiwan ha basi solide.
Tuttavia, non è il momento di investire in questo Paese. Un bond decennale rende poco più dell’1%, troppo poco per un Paese che ha famiglie così indebitate, mentre la Borsa di Taipei è cara. Non investirci.
TAILANDIA: TROPPO RISCHIOSA
L’economia tailandese è in piena espansione. L'introduzione di un salario minimo di 300 bath al giorno (circa 7,8 euro) e i forti aumenti salariali in molte regioni del Paese hanno fornito una spinta ai consumi, mentre la reintroduzione del prezzo garantito per la produzione di riso si è dimostrato molto popolare con gli agricoltori. A tutto ciò bisogna aggiungere la rapida crescita del credito che ha portato i consumatori a spendere, con il risultato che la domanda privata è in forte crescita. I forti aumenti dei salari non hanno poi danneggiato la competitività internazionale del Paese, né tantomeno le sue capacità di attirare investimenti stranieri. L'imposta sul reddito delle società è stata infatti abbassata di diversi punti percentuali e si prevede che gli investimenti esteri possano continuare a crescere in futuro. Oltre a promuovere migliori condizioni di vita, il governo sta anche investendo 2.000 miliardi di baht (circa 51 miliardi di euro) in infrastrutture. La gestione dell'acqua è diventata una priorità dopo la devastante alluvione del 2011, che ha portato l'economia del paese a un punto morto (la crescita del PIL nel 2011 è stato solo dello 0,1%). Ma il Paese è impegnato a migliorare la sua rete stradale e soprattutto il sistema ferroviario al fine di portare la crescita nelle aree più remote e di evitare colli di bottiglia per l'economia. Con gli investimenti, la domanda privata e quella pubblica la crescita dovrebbe stabilizzarsi a un tasso annuo di circa il 5%. Per quanto riguarda l'inflazione, dovrebbe rimanere contenuta (è stata solo del 2,4% nel mese di aprile).
Così, in un momento in cui molti paesi in Asia e altrove stanno cercando di ottenere un vantaggio competitivo svalutando le loro monete, la sfida principale per la Banca centrale tailandese sarà quello di fermare l’eccessivo apprezzamento del bath, mantenendo sotto controllo l'inflazione. Inoltre, con la spesa pubblica in aumento e le minori imposte sulle società, il deficit di bilancio del Paese è suscettibili di un aumento, facendo lievitare il debito pubblico. Certo, l’indebitamento non è ancora preoccupante in quanto sembra improbabile che possa andare molto oltre il 50% del Pil. E ad oggi i mercati sembrano credere che le finanze del Paese siano sotto controllo, come dimostrano i tassi sui titoli a 10 anni (al 3,4%). Tuttavia ci sono certamente dei rischi: la Tailandia avrà bisogno di una forte crescita al fine di mantenere il rapporto debito debito/Pil (così come quello delle famiglie) sui livelli attuali.
Altri rischi associati alla Tailandia sono di natura politica. Il forte risentimento tra l’attuale maggioranza da una parte e il Palazzo Reale e l’esercito dall'altro, non può infatti far escludere un ritorno alle ostilità visto non più di due anni fa.
Il +46% registrato dalla Borsa di Bangkok nell’ultimo anno rendono questa Piazza non a buon mercato. Aggiungendoci poi che questa Borsa è molto volatile, ti consigliamo di non investire in Tailandia.
SINGAPORE: QUANTE SFIDE NELL’IMMEDIATO FUTURO
L’economia di Singapore sta attraverso un momento non facile. La sua produzione di prodotti ad elevato valore si rivolge infatti per lo più ai mercati occidentali e poiché la domanda sia in Europa sia in America continua ad essere debole, la produzione industriale di Singapore è cresciuta a malapena nel 2012, chiudendo l'anno con un risicato +0,3%.
Il mercato interno ha ottenuto risultati migliori, ma anche lì ci sono stati alcuni problemi. La crescita dei salari di circa il 2,3% non ha infatti controbilanciato l'inflazione, che ha raggiunto il 4,6% e ha così eroso il potere d'acquisto delle famiglie. E come è avvenuto per la Tailandia e la Malesia, Singapore ha avuto un boom enorme del credito al consumo e ora conta alcune delle famiglie più indebitate di tutta l’Asia.
La ragione di tutto ciò è semplice: Singapore è stata teatro di un vero e proprio boom dei prezzi immobiliari negli ultimi anni e si parla di una bolla immobiliare. Per controllarla, il governo ha limitato l'accesso al credito e ha aumentato le tasse sulle proprietà immobiliari per le fasce di reddito più alte.
Con tutti questi sforzi del governo per limitare il credito e con delle esportazioni deboli, il Paese è cresciuto solo dell’1,3% nel 2012 e il primo trimestre del 2013 racconta una storia simile, con il Pil, rispetto al 1° trimestre 2012, in calo dell’1,4%. In questo contesto, nell’immediato le prospettive di crescita di Singapore non sono buone, ma nonostante ciò Singapore è ancora un Paese solido. Singapore rimane una delle economie basate sulla conoscenza più competitive al mondo, con settori come quello delle biotecnologie che potrà beneficiare di un futuro recupero dell’economia mondiale. Inoltre, è al centro di una regione che è in crescita e il commercio intra-asiatico sta crescendo rapidamente.
Vale un acquisto? L'indice Straits Times del mercato azionario di Singapore è cresciuto sia nel 2012 e nel 2013, ritornando sui livelli pre-crisi, ma ad oggi, date anche le sfide che comporta l’immediato futuro, risulta essere correttamente valutato. Non investirci.
KUALA LUMPUR NON È A BUON MERCATO
Negli ultimi anni la Malesia è stata in grado di realizzare qualcosa che gli altri Paesi asiatici (in particolare la Cina) non hanno saputo fare, cioè rendere la domanda interna un importante motore di crescita. Come molti altri paesi asiatici, la Malesia soffre del rallentamento delle esportazioni a seguito della crisi dei mercati americani ed europei. Tuttavia, strettamente dipendente dai soldi del petrolio, il Paese ha deciso di lanciare un massiccio programma di investimenti pubblici, che dovrebbe portare le sue infrastrutture ad un livello paragonabile a quello di un qualsiasi Paese sviluppato. Se si aggiunge a questo una forte crescita del credito e degli investimenti, si ottiene uno dei mercati più dinamici dell'Asia, che sta facendo di tutto per raggiungere una crescita del 5% quest'anno e per gli anni a venire.
Sorprendentemente, questa Dinamicità della domanda non ha portato ad alcun timore d’inflazione, Ma ci sono preoccupazioni sul fatto che il credito al consumo sia cresciuto troppo e troppo in fretta. L'indebitamento delle famiglie rappresenta poi il 150% del reddito disponibile, una cifra che è in linea con quella di molti Paesi in occidente, ma estremamente elevata per un'economia emergente.
Naturalmente. Con una forte crescita economica l’indebitamento potrebbe essere ridotto a livelli più sostenibili negli anni a venire, ma con l'inflazione al 2% e i tassi di interesse al 3%, vi è ben poco spazio per una stretta al credito. Quanto al debito pubblico, essendo a poco più del 53% del Pil, non è ancora preoccupante, ma ancora una volta la tendenza non è affatto incoraggiante. Con l’attuale modernizzazione delle infrastrutture in corso e il governo che continua a sovvenzionare una gamma di prodotti di base, così come i combustibili, il deficit di bilancio del 4-5% del Pil sono stati la norma nel corso degli ultimi anni e sembrano destinati a rimanere la norma anche negli anni a venire.
Secondo noi non è il caso di investire in Malesia. Quanto ai bond, un decennale rende il 3,4%, troppo poco per il rischio del Paese. Quanto alla Borsa, la Piazza di Kuala Lumpur non ci sembra particolarmente a buon mercato. Dopo la crescita impressionante degli ultimi anni, rimangono punti interrogativi sulla capacità del Paese di continuare a crescere allo stesso ritmo dei salari sempre più alti, che mettono la competitività del Paese a rischio. Così, mentre la crescita dovrebbe rimanere sostenuta, ma solo se il Paese sarà in grado di contenere il problema del debito privato e di mantenere la propria competitività, ci sono evidenti aspetti negativi per l'economia malese. Non investirci.