Meglio delle attese i dati sulle richieste di sussidio di disoccupazione, ma i settori alla base di una crescita economica duratura continuano a rimanere in difficoltà.
Dato attuale: 365.000
Attese:
375.000
Periodo di riferimento: settimana chiusa il 3 maggio
2008
Dato precedente: 378.000 (settimana chiusa il 26 aprile 2008)
Le nuove richieste di sussidi di disoccupazione negli Usa si sono attestate questa settimana a 365.000, in calo di 18.000 rispetto al dato di settimana scorsa. Una buona notizia, anche perché il dato è migliore delle attese del mercato che prospettavano un calo più limitato a 375.000 unità.
Ciò nonostante, il tasso di disoccupazione non è diminuito: rimane al 2,3%, stabile rispetto alla scorsa settimana.
A mitigare un po’ l’ottimismo del dato c’è anche da considerare che, nelle indicazioni fornite dai vari Stati, alcuni comparti particolarmente importanti come il settore manifatturiero, quello automobilistico e quello dei trasporti registrano ancora un aumento delle richieste di sussidio. I cali, invece, per molti Stati sono concentrati nel settore dei servizi e della pubblica amministrazione.
SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE USA:
PER SAPERNE DI
PIÙ
Descrizione. Settimanalmente, il Dipartimento del Lavoro Usa pubblica il numero di nuove richieste di sussidi di disoccupazione. È un indicatore dell’andamento dell’economia americana, perché un aumento delle richieste di sussidi sono un segnale di difficoltà: un maggior numero di disoccupati si traduce infatti in minori consumi, con conseguenze negative sul Pil (la ricchezza complessivamente prodotta nel Paese).
Punti di forza. È un dato tempestivo, che permette di anticipare gli andamenti di altri indicatori dello stato di salute del mercato del lavoro pubblicati mensilmente (come la disoccupazione o le non farm payrolls, il numero di buste paga escluso il settore agricolo).
Punti di debolezza. Essendo settimanali, i dati sono “di corto respiro” e sono soggetti a frequenti mutamenti, legati anche alla stagionalità.
È in grado di influenzare i mercati? Sì, soprattutto quando ci sono segnali di difficoltà per l’economia americana: la sua tempestività permette infatti di cogliere quasi “in tempo reale” i segnali di ulteriore peggioramento.