Facebook, viaggio tra tutto ciò che sa di me
Grazie alla legge europea sulla privacy (Gdpr) si possono vedere e scaricare tutte le informazioni che il social network ha raccolto sul nostro conto. Abbiamo fatto una prova: ci conosce bene, a volte sbaglia, in ogni caso ci guadagna. Ma i dati sono una cosa seria e il loro utilizzo va fatto con trasparenza: partecipa alla nostra class action.
- di
- Stefania Villa

Da un lato è come sfogliare un vecchio album di ricordi - molto, molto, ma molto dettagliato, quasi maniacale - dall’altro come fare un viaggio, ma nella vita di un altro. Nell’inchiesta, pubblicata sulla nostra rivista Innova, abbiamo intrapreso un viaggio tra tutto ciò che, in dieci anni, abbiamo fatto su Facebook, dai post ai messaggi inviati e ricevuti, dai like alle foto e ai video, gli amici, le ricerche fatte, i file scambiati, i gruppi, gli eventi, le app e i posti in cui siamo stati, i dispositivi e i browser da cui ci siamo connessi e quando, gli interessi… E potremmo continuare.
C’è di tutto: ricordi, verità, errori e informazioni di altri
Un passo indietro: da maggio 2018 la legge Ue sulla privacy (Gdpr) ha introdotto l’obbligo per i siti, social inclusi, di permettere agli utenti di accedere e scaricare i propri dati e di sapere che uso ne viene fatto. Una funzione che può essere utile per rendersi conto di ciò che si è pubblicato negli anni e dei contenuti a cui siamo associati, semplicemente per ritrovarli o per cancellarli, ma che permette anche di capire che Facebook, probabilmente, sa molte più cose di quelle che pensiamo di avergli detto, su di noi e sulle persone con cui siamo connesse. E che, magari, in tutta questa mole di informazioni che raccoglie, pensa anche cose di noi che non ci appartengono proprio per niente (leggi l’articolo per saperne di più).
L’uso commerciale dei dati va dichiarato
Facebook vive di pubblicità, molto personalizzata grazie all'enorme quantità di informazioni che ogni giorno gli utenti gli affidano. In pratica, l'azienda o l'utente che vuole sponsorizzare il suo post paga per farlo comparire a una certa tipologia di persone, di cui può indicare fascia d'età, sesso, posizione, istruzione, interessi e così via: tutte informazioni che gli utenti forniscono a Facebook registrandosi e poi usandolo, postando, cliccando sui post, mettendo like…. Il problema, però, è che quando hanno attivato l’account è mancata un'informativa chiara e immediata sulla raccolta e sull'uso dei loro dati per finalità commerciali. Inoltre, per usare pienamente il social, si è costretti a consentire che Facebook e altri soggetti raccolgano e usino i dati per finalità commerciali. Tutto questo va contro le norme sulla privacy e il Codice del consumo. Con la nostra class action internazionale, a cui hanno già aderito migliaia di persone, chiediamo che Facebook garantisca un risarcimento a ciascun utente di almeno 285 euro per ogni anno di iscrizione.