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Diabete Tipo 2: cause, sintomi, evoluzione e guarigione

Modificare lo stile di vita, sotto controllo medico, può portare in molti casi alla remissione della malattia per lunghi periodi. Due fari: alimentarsi in modo corretto e fare movimento.

24 maggio 2022
Diabete di tipo 2

Il diabete nel mondo causa ogni anno un milione e 600mila morti, mentre solo in Italia a soffrirne sono più di tre milioni di persone, pari al 5,3% della popolazione. Ma c’è una buona, quanto poco conosciuta notizia: dal diabete si può guarire. Sì, avete capito bene. Non stiamo parlando solo di prevenzione: seguendo le indicazioni per un corretto stile di vita, sempre aiutati dal proprio medico curante, dal diabete di tipo due si può tornare indietro. Per capire perché, serve capire da dove proviene questa malattia. Il diabete è dovuto ad alterazioni nella capacità del nostro organismo di gestire il glucosio, che, come risultato, danno un livello di zucchero troppo elevato nel sangue (iperglicemia) e talvolta anche nelle urine (glicosuria). Ne esistono diversi tipi, causati da una complessa interazione di fattori genetici e ambientali. Il diabete di tipo due, di cui ci occupiamo qui, è molto legato allo stile di vita e correlato all’età. In Italia il 70% della popolazione affetta da diabete ha più di 65 anni, il 40% è ultra 75enne. Il rischio di sviluppare il diabete di tipo due è determinato dall’intreccio di vari fattori: genetici, metabolici e ambientali, intesi in questo caso come stile di vita. Proprio su questi ultimi si può agire.

I fattori di rischio del diabete di tipo 2

Sull’insorgenza della malattia possono incidere molti fattori. Su alcuni, come l’etnia, l’età avanzata o la storia familiare, c’è poco da fare. È naturalmente più a rischio chi ha casi di diabete in famiglia: genitori, fratelli o sorelle o figli. Così come aumenta il rischio per chi non è stato allattato al seno. Ma su molti fattori di rischio si può agire: sovrappeso e obesità, dieta scorretta, inattività fisica e fumo. Si stima che sovrappeso e obesità, insieme alla sedentarietà, causino gran parte del carico globale del diabete. Per quello che riguarda l’alimentazione, sul banco degli imputati troviamo in generale l’eccesso di calorie (ovvero di alimenti come dolci, condimenti, formaggi...) e poi il consumo eccessivo di carne rossa e salumi, un apporto inadeguato di fibre alimentari e un modello alimentare ad alto indice glicemico, ovvero ricco di alimenti che alzano velocemente la glicemia (tipicamente, i carboidrati semplici, come lo zucchero dei dolci e delle bibite). Prove recenti suggeriscono un’associazione tra elevato consumo di bevande zuccherate e aumento del rischio di diabete di tipo due. Anche il fumo, uno dei peggiori nemici della nostra salute, aumenta il rischio di diabete e ne aggrava molto le conseguenze. Il fattore più importante è il peso eccessivo: rispetto a chi è in peso normale, i grandi obesi sono decine di volte più colpiti dal diabete. Accumuli di grasso viscerale (la cosiddetta “pancia” o “pancetta”), che sono più frequenti tra i maschi e nelle donne dopo la menopausa, sono risultati molto più pericolosi di quelli su fianchi e cosce (più frequenti nelle donne a tutte le età).

Sintomi a volte subdoli

Non sempre è facile individuare tempestivamente la presenza di questa malattia. In alcuni casi il diabete di tipo due può essere privo di sintomi, il che non vuol dire che non faccia danni. In altri i sintomi possono essere così generici da rendere difficile capire che dietro si nasconda proprio il diabete. Quando ci sono, i sintomi possono essere: frequente stimolo a urinare, aumento della sete, aumento dell’appetito e altri meno specifici e sfumati. Di solito il sospetto nasce da una glicemia alta trovata casualmente durante esami del sangue di routine, che deve essere poi confermata con ulteriori esami del sangue, riscontrando in due occasioni valori di glicemia a digiuno superiori a 126 mg/dl o un valore di emoglobina glicata elevato.

I danni del diabete di tipo 2 all’organismo

Le conseguenze del diabete sulla salute sono dovute al fatto che alti tassi di zucchero nel sangue (iperglicemia cronica), alla lunga danneggiano gli organi. A soffrirne sono soprattutto i piccoli vasi (vene e arterie) e i nervi periferici di molti organi e apparati. Di conseguenza, non solo il diabete è una delle principali cause di cecità (retinopatia diabetica), ma può inoltre causare insufficienza renale, infarti (anche il rischio di aterosclerosi aumenta), ictus. Se il diabete non è controllato, c’è poi la possibile comparsa del “piede diabetico”: piedi e gambe perdono la sensibilità, la circolazione è difficoltosa, si formano gravi lesioni che faticano a guarire e possono degenerare in cancrena. Nei casi peggiori si può dover arrivare all’amputazione degli arti inferiori. La sofferenza dei piccoli vasi, che nutrono anche la parte interna delle ossa, potrebbe essere causa di una peggiore qualità dell’osso e dell’aumentato rischio di fratture vertebrali, dell’anca e anche in altre parti del corpo (in particolare nelle donne).

Diabete di Tipo 1 e diabete di Tipo 2, le differenze

Il diabete di tipo 1 (DM1) costituisce circa il 10% di tutti i casi di diabete e si presenta più spesso in bambini e adolescenti. Nella giusta quantità, il glucosio è indispensabile al nostro organismo per il corretto funzionamento degli organi più importanti. Con questa malattia il glucosio nel sangue è elevato perché le cellule beta del pancreas, che producono insulina, l’ormone che serve per assorbire il glucosio, vengono distrutte per cause ancora non del tutto chiare. Possono essere in varia misura genetiche, immunitarie, ambientali e infettive. La terapia viene iniziata di solito direttamente con insulina (è detto anche diabete insulino-dipendente) e purtroppo le possibilità di prevenzione sembrano più limitate rispetto al diabete di tipo 2. Il diabete di tipo 2 (DM2) è la forma di gran lunga più comune e la cui diffusione aumenta con l’età, anche se oggi è in crescita nei giovani, che sono diventati più sedentari e in sovrappeso rispetto al passato. Nelle persone affette, l’organismo non produce sufficienti quantità di insulina oppure l’insulina in circolo non riesce a svolgere la sua normale azione di abbassamento della glicemia. Il DM2 può essere controllato con farmaci orali e modifiche dello stile di vita, che dovrebbero essere la prima terapia. Se non si riesce a tenere sotto controllo il tasso glicemico modificando lo stile di vita si passa ai farmaci ipoglicemizzanti orali. Se neanche questi funzionano, si ricorre all’insulina.

Il diabete di tipo 2 è davvero una malattia cronica?

Negli ultimi decenni tutti gli studi hanno dimostrato come il buon controllo della glicemia possa non solo ridurre in maniera sostanziale il numero delle complicanze, ma anche migliorare la qualità di vita sia nei pazienti con diabete di tipo uno sia in quelli con diabete di tipo due. Oggi siamo di fronte a un importante cambio di visione rispetto al passato: il diabete di tipo due non deve più essere considerato una malattia cronica, che non può guarire né avere remissioni prolungate. Non è detto che il paziente debba rassegnarsi ad assumere farmaci antidiabetici per tutta la vita. È ormai dimostrato infatti che la diminuzione di peso nei primi anni dalla diagnosi può portare a una remissione anche lunga, evidenziata dall’abbassamento dei valori cruciali per la diagnosi (emoglobina glicata) permettendo così di ridurre o talvolta eliminare i farmaci antidiabetici. Potenzialmente, quindi, si può arrivare anche alla guarigione, a patto di mantenere uno stile di vita adeguato. Come si piega? L’ipotesi più accreditata è che nel diabete di tipo due il danno maggiore provenga dall’accumulo di grasso nel fegato e soprattutto nel pancreas, che impedisce alle cellule a ciò preposte (cellule beta) di produrre sufficiente insulina, l’ormone che consente al nostro organismo di gestire correttamente lo zucchero. Rimuovendo questo grasso in eccesso nei primi anni dopo la diagnosi, si avrebbe un recupero delle capacità delle cellule beta di produrre insulina, e quindi un miglioramento della glicemia anche senza farmaci. Gli studi hanno dimostrato che mantenere uno stile di vita adeguato, sotto il costante controllo del medico, potrebbe condurre anche a una remissione della malattia: il livello dello zucchero nel sangue può tornare normale senza bisogno di farmaci. In un recente studio svolto nel Regno Unito, per esempio, la perdita di peso ha consentito a oltre un terzo dei partecipanti di controllare il diabete senza farmaci per i due anni successivi. È stato osservato che perdere almeno dieci chili garantisce la remissione del diabete in quasi la metà dei casi. Anche studi italiani, in particolare il progetto DiViNA, cercano di replicare questi metodi, adattandoli al contesto delle abitudini alimentari e del sistema sanitario italiano. I risultati preliminari sono paragonabili: i pazienti sono riusciti a perdere in media 5-6 chili in tre mesi - pari a circa il 5% del proprio peso - e a ridurre la circonferenza di vita e fianchi. Dopo tre mesi alcuni pazienti presentavano un valore medio di emoglobina glicata leggermente superiore a quello ritenuto normale, ma non più patologico.

Alimentazione e movimento

Per prevenire e ritardare l’insorgenza del diabete di tipo due, e contemporaneamente prevenire anche tumori e disturbi cardiovascolari, servono (e potrebbero bastare):

  • una dieta sana
  • un’attività fisica regolare
  • non fumare
  • mantenere un peso corporeo normale (indice di massa corporea compreso fra 18,5 e 24,9; si calcola dividendo il peso in chili per il quadrato dell’altezza in metri, sul nostro sito c’è un calcolatore per ottenerlo rapidamente).

Insomma, ciò che serve per prevenire l’insorgenza del diabete può anche aiutare a curarlo. Il primo intervento terapeutico per i pazienti con diabete di tipo due è infatti rappresentato dall’adottare un corretto stile di vita, che si traduce in una corretta alimentazione affiancata a una efficace attività fisica.

Nella tabella  abbiamo riassunto le scelte giuste a tavola per prevenire il diabete e agevolare la guarigione:

 

Non esistono invece sufficienti prove per raccomandare l’uso di alimenti “dietetici” per diabetici, se non per un uso saltuario: sono più comodi, ma solitamente anche molto più costosi. Manca infine un consenso unanime circa i regimi alimentari impostati sull’indice glicemico (IG) degli alimenti, ovvero la velocità con la quale fanno salire la glicemia. La verità è che non sempre la produzione di insulina va di pari passo con l’indice glicemico e vi sono alimenti, come latte e latticini, che pur avendo un basso IG danno risposte insuliniche simili al pane. L’altro pilastro dello stile di vita che va modificato per vedere effetti positivi sulla malattia è l’attività fisica. Non occorre diventare atleti, ma è obbligatorio abbandonare la sedentarietà e muoversi con costanza tutti i giorni. Le persone con diabete devono ridurre il tempo che trascorrono sedute e praticare regolarmente del movimento tutte le volte che possono: camminare, andare in bicicletta, salire sempre le scale a piedi sono alcuni modi semplici per farlo.

Misurare la glicemia: a volte non serve

L’automonitoraggio della glicemia, che si fa analizzando una goccia di sangue capillare ottenuta con la puntura del polpastrello, è il metodo più semplice, diffuso e utilizzato per tenere sotto controllo il livello di zuccheri nel sangue delle persone con diabete. Esistono appositi apparecchi, pungidito e strisce reattive di vario tipo, tutti concessi gratuitamente ai pazienti con esenzione per diabete mellito, in quantità decise dal medico curante o dallo specialista e con modalità variabili fra le diverse Regioni. Nei pazienti con diabete di tipo 2 che non sono in terapia insulinica, invece, l’utilità dell’automonitoraggio domiciliare continuativo è limitata. In queste persone, infatti, una volta che i livelli desiderati di glicemia sono stati raggiunti e i risultati di autocontrollo diventano abbastanza prevedibili, il monitoraggio non aggiunge informazioni utili e a volte può generare inutilmente ansia. Rimane invece utile in situazioni particolari, per esempio quando i valori della glicemia peggiorano (si alza o si abbassa troppo) o con l’inserimento in terapia di ulteriori farmaci. Tutte situazioni nelle quali si rende nuovamente necessario, magari per brevi periodi, un controllo puntuale dei valori