L'ospedale: dal ricovero al Pronto soccorso

Dalle modalità di ricovero fino alla gestione delle emergenze: tutto quello che devi sapere sull'ospedale, istituzione portante dell'assistenza sanitaria.
L'ospedale
Le cure ospedaliere sono parte integrante dell’assistenza fornita dal Servizio sanitario nazionale. L’SSN infatti garantisce al cittadino la possibilità di essere curato per quelle patologie acute che richiedono un intervento urgente o un ricovero programmato. Le prestazioni che l’ospedale può offrire sono incluse nei Livelli Essenziali d’Assistenza, i quali vengono poi declinati a livello delle singole regioni, che possono decidere di aggiungere prestazioni non incluse a livello a nazionale.
Cos’è l’ospedale?
L’ospedale è un'istituzione per l’assistenza sanitaria in cui personale specializzato fornisce cure ai pazienti affetti da malattie che non possono essere curate a domicilio. L’ospedale può essere una struttura sia pubblica che privata, convenzionata o meno col Servizio sanitario nazionale. È organizzato in Dipartimenti costituiti da Unità operative semplici o complesse strutturate in base alla specifica patologia e specialità medica o chirurgica di riferimento. Sono presenti inoltre i Dipartimenti dei Servizi ( laboratorio, radiodiagnostica, ecc) che assicurano il supporto tecnico alle attività cliniche.
La vigente normativa attribuisce alle Regioni la competenza in materia di organizzazione della rete di assistenza ospedaliera che viene effettuata sulla base di standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi determinati a livello nazionale.
Quali sono i diversi tipi di ospedale?
- L’ospedale pubblico è una struttura del Servizio sanitario nazionale che offre varie prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione sia in regime ambulatoriale (esami, visite e interventi chirurgici semplici), sia in regime di ricovero (quelli in day hospital o in day surgery ed i ricoveri ordinari). È richiesto il pagamento di un ticket per alcune prestazioni, come le visite ambulatoriali o gli esami diagnostici per i pazienti non ricoverati, mentre sono gratuiti i servizi per i ricoverati: la degenza, gli esami necessari per l’intervento, l’attività in sala operatoria e le cure postoperatorie. Le prestazioni erogate dal Ssn, sia mediante strutture pubbliche che private accreditate, sono solo quelle individuate nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) pertanto, qualora un cittadino volesse sottoporsi ad una prestazione sanitaria non compresa nei LEA, il relativo costo sarebbe totalmente a suo carico. Generalmente all’interno dell’ospedale pubblico non è possibile scegliere il medico che opera e che seguirà durante la degenza, però, a pagamento, è possibile richiedere una camera singola con bagno privato, telefono e televisore o scegliere il medico specialista e il chirurgo tra i professionisti che hanno scelto l’attività intramuraria.
Tutti i pazienti hanno il diritto di avere una Carta dei servizi dell’ospedale che contenga informazioni sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle modalità di accesso ai servizi. Tuttavia, l’informazione potrebbe non essere aggiornata o facile da capire: a questo scopo, è possibile usufruire del servizio dell’ufficio relazioni col pubblico, la cui funzione, tra le varie, è anche quella di prendere in carico i reclami dei pazienti e favorire la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria. - L’ospedale privato accreditato è una struttura privata che offre prestazioni sanitarie in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. La Regione, dopo aver verificato i requisiti tecnologici, professionali e organizzativi dell’ospedale privato, rilascia un attestato di qualità che ne determina l’accreditamento al servizio sanitario nazionale, cioè la possibilità per l’ospedale di fornire i propri servizi in convezione col servizio sanitario, cioè dietro impegnativa del medico e pagamento del ticket, come in un ospedale pubblico. Il cittadino ha la libertà di scegliere se rivolgersi ad un ospedale pubblico o privato accreditato. Non tutte le prestazioni offerte da un ospedale privato accreditato sono sempre erogabili in regime di convenzione col SSN, mentre sono sempre accessibili a pagamento. Le prestazioni erogate dal SSN, sia mediante strutture pubbliche che private accreditate, sono infatti solo quelle individuate nei Livelli Essenziali di Assistenza. Pertanto, qualora un cittadino volesse sottoporsi ad una prestazione sanitaria non compresa nei LEA, il relativo costo sarebbe totalmente a suo carico, sia che essa venga erogata in una struttura pubblica, sia in una struttura privata accreditata. Le regole per l’accesso, la degenza e le dimissioni sono le stesse di un ospedale pubblico, così come la gratuità dei servizi per il cittadino. In qualità di erogatore di servizi per conto del SSN, in un ospedale privato accreditato l’accesso e la permanenza sono gratuiti al pari di quanto avviene nell’ospedalità pubblica. È la Regione che provvede al rimborso dei costi in base alla convenzione con i singoli istituti. In base alle singole realtà, si può dover pagare per i cosiddetti “extra” legati al servizio alberghiero.
- L'ospedale non accreditato è una clinica privata che non ha ottenuto, o non ha richiesto, l’accreditamento dalla Regione. Solo le prestazioni preventivamente autorizzate dalla Azienda sanitaria di pertinenza possono essere rimborsate, totalmente o in parte, altrimenti la spesa è sempre a carico del cittadino.
Cos'è l'Intramoenia?
Intramoenia, letteralmente significa “dentro le mura”.
Con questo termine ci si riferisce infatti all’attività di libera professione intramuraria (ALPI) esercitata al di fuori dell’orario di lavoro da un medico che lavora per un ospedale pubblico. In questo modo il medico utilizzerà, dietro precisi accordi economici con le Regioni, le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale stesso. Il pagamento di prestazioni avviene direttamente alla competente struttura pubblica, tramite mezzi di pagamento che assicurino la tracciabilità della corresponsione di qualsiasi importo. Una percentuale del compenso viene trattenuta dalle strutture pubbliche per coprire le spese del personale, quelle di gestione, di manutenzione degli strumenti, ma anche quelle per ridurre le liste di attesa del SSN.
Esiste inoltre un'altra forma di intramoenia, la cosiddetta intramoenia allargata, che permette ai medici ospedalieri di esercitare la libera attività professionale fuori del normale luogo di lavoro, l'ospedale, quando qui non gli vengano messi a disposizione gli spazi per attuare l’intramoenia dentro le mura. Il medico, in questo modo, può esercitare la sua professione anche in altre strutture o studipurché convenzionate con l'ospedale in cui egli è strutturato.
L’attività di libera professione intramuraria (ALPI) è autorizzata a condizione che non vada in contrasto con i fini istituzionali e quelli dell’azienda a cui afferisce l’ospedale in cui il professionista lavora, che non comporti un incremento delle liste di attesa, ne un volume orario e di prestazioni superiore a quelli assicurati per i compiti istituzionali.
Si considera attività di libera professione intramuraria (ALPI) a tutti gli effetti, l'attività del professionista su richiesta dell'Azienda/Istituto in situazioni eccezionali, ovvero quando sia necessario ridurre le liste di attesa per il rispetto degli standard prefissati dalla Regione.
In questo caso, infatti, quando un cittadino prenota una visita specialistica o un esame diagnostico per cui il primo appuntamento disponibile sia superiore ai tempi previsti, il Servizio Sanitario è tenuto a garantire la prestazione nel rispetto dei tempi regionali ricorrendo a una prestazione in regime libero-professionale (intramoenia appunto). Il cittadino usufruirà quindi di una visita in regime privato pagando solo il ticket, mentre le restanti spese saranno a carico dell’Asl, come definito da decreto legislativo n. 124 del 1998. Più precisamente, dovrà essere il cittadino stesso, nei casi in cui i tempi di attesa non siano rispettati, a segnalare il caso specifico inviando la seguente lettera all’URP dell’Azienda sanitaria di residenza.
Non si deve però confondere l’intramoenia impiegata per consentire la riduzione dei tempi di attesa, con la scelta libera e consapevole da parte dell’utente di effettuare una visita in regime privato con un determinato professionista. In quest’ultimo caso la prestazione non è coperta dal SSN, ma è a totale carico del cittadino. E’ infatti necessario che le Regioni prevedano modalità di gestione separata delle prenotazioni rispetto alle prestazioni istituzionali erogate a carico del SSN.
Si ricorda che durante una visita in regime libero-professionale il medico non può utilizzare il ricettario regionale quindi, in tali casi, è bene poi rivolgersi al proprio Medico di famiglia che, se lo riterrà opportuno, potrà trascrivere su ricetta del SSN le visite, gli esami o i farmaci prescritti dal medico privato.
Spesa finanziata dal ministero dello Sviluppo economico ai sensi del Decreto 6 agosto 2015.
In ospedale si può essere ricoverati:
- per una degenza pre-operatoria;
- per un giorno (day hospital e la day surgery);
- per qualche giorno (per un ricovero ordinario o un ricovero d’urgenza);
- per un periodo più lungo se si tratta di ricovero in strutture a carattere riabilitativo o in lungodegenza (percorso ospedaliero per persone che, a seguito di un episodio acuto, necessitano di un periodo per la stabilizzazione del quadro clinico e per il recupero funzionale).
Il tipo di ricovero è deciso dal medico specialista che ha in carico il cittadino, in base al motivo di ricovero e alla sua salute.
In previsione di un intervento chirurgico programmato, la degenza può essere preceduta dal pre-ricovero organizzato in una o più giornate. Gli esami e le visite effettuati in regime di pre-ricovero sono gratuiti se seguiti dall’intervento chirurgico; in caso di rinuncia volontaria all’intervento verrà richiesto il pagamento del ticket per le prestazioni e gli esami effettuati. I tempi di chiamata per l’intervento chirurgico, invece, possono variare a seconda della lista di attesa e delle priorità.
Quali documenti sono necessari per il ricovero?
Il giorno del ricovero l’assistito, a seconda della Regione in cui si trova, deve recarsi all’Ufficio Accettazione o direttamente al reparto di degenza con i seguenti documenti:
- tessera sanitaria;
- documento di identità;
- proposta di ricovero del medico;
- prenotazione di ricovero.
Quali sono i miei diritti e doveri durante il ricovero in ospedale?
Durante la permanenza in ospedale il paziente deve vedere rispettare i propri diritti:
- ricevere notizie e informazioni che permettano di essere informato sull’intervento e le terapie, degli eventuali rischi;
- essere assistito e curato con competenza e attenzione;
- ottenere riservatezza e privacy per ciò che riguarda i dati sul proprio stato di salute;
- ricevere le visite di familiari e amici negli orari stabiliti per le visite.
Ma ha anche dei doveri:
- fornire ai sanitari informazioni veritiere su patologie e disturbi, sulle malattie pregresse, sui farmaci assunti, sui ricoveri ed esami precedenti;
- comportarsi in modo rispettoso del personale sanitario e degli altri pazienti;
- rispettare gli appuntamenti programmati e il trattamento prescritto alla dimissione.
In alcuni casi il paziente può chiedere di uscire dall’ospedale con un permesso temporaneo, per esempio il sabato o la domenica. L’autorizzazione deve essere concessa dal primario o da un medico del reparto dove è ricoverato l’ammalato.
Ho diritto ad avere dall’ospedale i farmaci di cui ho bisogno, finchè non contatto il mio medico di base per una prescrizione?
Secondo il decreto 347 del 2001, il cittadino ha diritto a ricevere i farmaci di cui necessita al momento della dimissione. Gli ospedali hanno facoltà di fornire direttamente i farmaci per il primo ciclo terapeutico completo per il periodo immediatamente successivo alla dimissione del ricovero, in quanto rappresenta il completamento del trattamento farmacologico avviato in ospedale. I farmaci saranno quelli prescrivibili a carico del SSN e compresi nel prontuario Ospedaliero. Sarà il personale di reparto che, al momento della dimissione, potrà consegnare i farmaci di cui il paziente ha bisogno. Sarà poi cura del paziente recarsi dal medico il prima possibile per richiedere la prescrizione della terapia. Per le tipologie di farmaci la cui consegna diretta al paziente non è prevista dall’accordo tra ospedale e azienda sanitaria territoriale, gli specialisti ospedalieri possono prescrivere su ricettario SSR il primo ciclo terapeutico, al fine di assicurare la continuità terapeutica, soprattutto se il paziente è impossibilitato ad andare dal suo medico per farsi fare la prescrizione. Poi, in caso di emergenza, si può sempre ricorrere alla fornitura senza ricetta in caso di urgenza.
Ho diritto ad avere la mia cartella clinica e i miei esami alla dimissione?
La cartella clinica è il documento dove vengono annotati giorno per giorno tutti gli interventi clinici effettuati durante il ricovero (diagnosi, esami, terapie, condizioni di salute, ecc.). Deve essere compilata in modo chiaro e leggibile e costantemente aggiornata. Si tratta di un atto ufficiale che non solo ha scopi clinici per l'assistenza, per una valutazione dell'efficacia delle cure o come tramite di informazione tra i vari operatori o per rilievi statistici e scientifici, ma anche medico-legali ed economico-amministrativi di notevole importanza. Inoltre riporta dati sensibili, soprattutto di carattere sanitario, e, perciò, è sottoposta alla legislazione per la tutela della privacy in particolare al "Codice in materia di protezione dei dati personali" (Decreto legislativo n. 196 del 30/6/2003) Può essere rilasciata:
- al diretto interessato se maggiorenne fornito di valido documento d'identità;
- al tutore o a chi esercita la patria potestà (in caso di minore o incapace) fornito di valido documento d'identità e la tessera sanitaria del minore;
- a una persona con apposita delega scritta fornita di validi documenti d'identità.
Al momento delle dimissioni, il personale sanitario del reparto deve consegnare una scheda riassuntiva contenente: la diagnosi di ingresso, gli accertamenti eseguiti, il tipo di intervento chirurgico praticato, la terapia medica effettuata, la terapia domiciliare da seguire, i suggerimenti per il medico curante e il giorno dell’eventuale controllo medico. Al momento della dimissione si consiglia di farsi restituire la documentazione sanitaria consegnata all’accettazione in ospedale. Esami precedenti o accertamenti eseguiti prima del ricovero non rientrano nella cartella clinica.
È possibile richiedere una copia della propria cartella clinica. Secondo la normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi (Legge 241/90), il rilascio della copia avviene dietro pagamento, inteso come rimborso del costo di riproduzione. Quando l’interessato ne fa richiesta, la struttura deve fornire la documentazione sanitaria entro 7 giorni preferibilmente in formato elettronico e comunque deve integrarla non oltre 30 giorni dalla richiesta. Lo stabilisce l’art. 4 comma 2 della legge 24/2017, la cosiddetta legge Gelli sulla riforma della responsabilità medica.
Come faccio e quanto costa accedere ad un reparto di lungodegenza?
Quando il paziente ha superato la fase acuta della malattia deve essere dimesso dall’ospedale, ma se ha ancora bisogno di cure e assistenza specialistica può essere indirizzato verso le strutture di lungodegenza. Si tratta di reparti ospedalieri dove l’assistenza è garantita 24 ore su 24, e sono indicati per chi ha subito interventi delicati o che richiedono una lunga convalescenza o hanno bisogno di una riabilitazione motoria. Per accedere ai reparti di lungodegenza occorre una richiesta del medico di famiglia e attendere i tempi delle liste di attesa oppure il trasferimento avviene direttamente dal reparto ospedaliero dove il paziente era ricoverato. Se l’ammalato ha bisogno di cure mediche o riabilitative continuate dopo l’intervento, chiedete che sia trasferito direttamente nei reparti di lungodegenza. Se è ufficialmente dimesso dall’ospedale dovrà affrontare lunghi tempi di attesa prima di poter accedere alla struttura. Durante il periodo di degenza tutti i costi sono a carico della struttura, il paziente non deve pagare nulla, ma perde il diritto all’assegno di accompagnamento in caso di invalidità e all’assegnazione del medico di famiglia.
Il consenso informato è l’espressione della volontà del paziente, che dopo essere stato informato in modo chiaro e comprensibile, autorizza il medico a eseguire un trattamento medico chirurgico. Nessuna cura può essere effettuata, nessun intervento può essere compiuto senza l’autorizzazione del paziente.
Il paziente deve conoscere:
- la diagnosi clinica obiettiva;
- la descrizione dell’intervento e/o della terapia ritenuti necessari e i rischi del loro rifiuto;
- le eventuali alternative diagnostiche e/o terapeutiche;
- le tecniche e i materiali impiegati;
- i benefici attesi e i rischi prevedibili;
- le possibili complicanze;
- i comportamenti che il paziente deve successivamente mettere in atto per evitare complicazioni.
Il medico deve sempre assicurarsi che il paziente abbia capito esattamente quanto è stato spiegato. A tal fine le informazioni devono essere rese al paziente in modo chiaro e commisurato alla sua capacità di comprensione, tenendo conto altresì del suo stato emotivo e psicologico.
In caso di paziente minorenne, il consenso va richiesto ai genitori, anche ad uno solo di essi per i trattamenti comuni o di routine (visite, medicazioni…), ad entrambi per interventi di maggior rilevanza. Per alcuni trattamenti non è obbligatorio acquisire il consenso dei genitori ma è sufficiente quello del minore: è il caso ad esempio di esami di laboratorio e cure per malattie trasmissibili sessualmente, prescrizioni mediche e somministrazioni per la procreazione responsabile.
L’informativa e il consenso possono essere prestati anche in forma orale, tranne quando la legge o il Codice di deontologia medica richiedono la forma scritta, ossia in caso di:
- trapianto di organi;
- AIDS
- terapie con plasma derivati ed emoderivati;
- sperimentazione scientifica;
- prelievo ed innesto di cornea;
- uso di medicinali al di fuori delle indicazioni autorizzate;
- procreazione assistita;
- farmaci non ancora registrati o non autorizzati al commercio oppure per indicazione e dosaggi non previsti dalla scheda tecnica;
- prevedibile rischio di morte o di esiti che incidano sull’integrità psico-fisica;
- prelievo di organi, tessuti e cellule a scopo di trapianto;
- interventi sul genoma umano;
- indagini predittive;
- interventi di medicina potenziativa ed estetica.
Al di fuori di queste ipotesi, il medico può sempre decidere di formalizzare il consenso con atto scritto. Nella pratica, per ottenere il consenso scritto, di solito è utilizzato un modulo prestampato; è importante sapere che firmarlo non è sufficiente se non effettivamente preceduto da un’informativa chiara e completa e soprattutto non limita la responsabilità del sanitario in caso di errore medico.
Se non adeguatamente informato, il paziente può chiedere il risarcimento del danno da mancato consenso informato, liquidabile separatamente e indipendentemente dall’eventuale danno alla salute: a tal fine, deve dimostrare che, se correttamente informato, non avrebbe acconsentito all’intervento o al trattamento poi praticati.
Il medico è autorizzato ad agire senza il consenso del paziente solo in due casi: lo stato di necessità (quando la persona è in pericolo di vita o in coma) e i trattamenti sanitari obbligati per legge (per esempio in caso di malattia contagiosa).
I servizi a cui può ricorrere il cittadino sono:
- il servizio di continuità assistenziale che garantisce la continuità dell’assistenza quando il medico di famiglia non è in servizio;
- il 112 attivo per le urgenze giorno e notte;
- il Pronto Soccorso per i malati gravi e in pericolo di vita.
Il 112 è il numero unico nazionale che attiva immediatamente l’intera rete di soccorso. La chiamata è gratuita sia da telefono fisso sia da cellulare e il servizio è attivo 24 ore su 24, organizzato per rispondere nel più breve tempo possibile.
Componendo qualsiasi numero dell'emergenza (113, 115, 118) si viene messi in contatto con la Centrale Operativa Unica del 112. Al momento della chiamata, l’operatore della centrale prende in carico la richiesta e, dopo aver localizzato il cittadino e individuata correttamente l’esigenza, smista la chiamata all’ente competente per la gestione: Emergenza Sanitaria (118), Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato (113), Vigili del Fuoco (115).
Cosa devo fare in caso di emergenza sanitaria?
- Comporre il numero telefonico 112.
- Rispondere con calma alle domande poste dall’operatore e rimanere in linea fino a quando viene richiesto.
- Fornire il proprio numero telefonico.
- Indicare il luogo dell’accaduto (comune, via, civico).
- Spiegare l’accaduto (malore, incidente, ecc.) e riferire ciò che si vede.
- Indicare quante persone sono coinvolte.
- Comunicare le condizioni della persona coinvolta: risponde, respira, sanguina, ha dolore?
- Comunicare particolari situazioni: bambino piccolo, donna in gravidanza, persona anziana, persona con malattie conosciute (cardiopatie, asma, diabete, epilessia, ecc.).
- Lasciare libero il telefono utilizzato per chiamare i soccorsi: si potrebbe essere contattati in qualsiasi momento dalla Centrale Operativa per ulteriori chiarimenti o istruzioni.
Non bisogna chiamare il numero di emergenza:
- per tutte le situazioni considerabili non urgenti;
- per richiedere consulenze mediche specialistiche;
- per avere informazioni di natura socio sanitaria: orari servizi, prenotazioni di visite o indagini diagnostiche, farmacie di turno.
Dopo la chiamata al 112, in attesa del soccorso, è necessario:
- attenersi alle disposizioni telefoniche date dal personale del 112;
- coprire il paziente e proteggerlo dall’ambiente;
- incoraggiare e rassicurare il paziente;
- in caso di incidente, non ostacolare l’arrivo dei soccorsi e segnalare il pericolo ai passanti;
- slacciare delicatamente gli indumenti stretti (cintura, cravatta) per agevolare la respirazione.
In attesa dei soccorsi, si deve:
- NON lasciarsi prendere dal panico;
- NON spostare la persona traumatizzata se non strettamente necessario per situazioni di pericolo ambientale (gas, incendio, pericolo di crollo imminente, ecc.);
- NON somministrare cibi o bevande;
- NON fare assumere farmaci;
- NON occupare MAI la linea del numero telefonico utilizzato per chiamare i soccorsi: si potrebbe essere contattati in qualsiasi momento dalla Centrale Operativa per ulteriori chiarimenti o istruzioni.
Perché adesso si compone il 112 al posto del 118 per le emergenze sanitarie?
Il 112 è il numero unico nazionale che attiva immediatamente l’intera rete di soccorso. Se si compone il numero dell'emergenza sanitaria 118 si viene comunque messi in contatto con la Centrale Operativa Unica del 112 che, una volta individuato il problema, smista la chiamata alla centrale di Emergenza Sanitaria, servizio che veniva erogato in passato contattando il 118.
Per non sovraccaricare i servizi del 118 e non rischiare di sottrarre assistenza alle persone che hanno realmente bisogno di un intervento urgente, è opportuno rivolgersi al 118 soltanto in quelle situazioni in cui ci può essere a rischio la vita o l’incolumità di una persona, come nel caso di:
- difficoltà o assenza di respiro;
- dolore al petto;
- perdita di coscienza prolungata (la persona non parla e non risponde);
- trauma e ferite con emorragie evidenti;
- incidente (domestico, stradale, sportivo, agricolo, industriale);
- difficoltà a parlare o difficoltà/ incapacità nell’uso di uno o di entrambi gli arti dello stesso lato;
- segni di soffocamento, di avvelenamento, di annegamento o ustione.
Consigli utili
Alcuni servizi di emergenza territoriale suggeriscono ai cittadini di portare con sé un cartoncino nella patente o in un documento di identità con il numero telefonico di un familiare o un amico da contattare in caso di malore o incidente. Questo numero telefonico è stato denominato ICE (acronimo di "In Case of Emergency"), e lo si può anche riportare sul proprio cellulare in questo modo:
- digitare il numero preceduto dal prefisso internazionale (+39): in questo modo potrà essere utile anche se ti trovi all'estero;
- registrare un numero con il nome ICE;
- se possibile inserire più di un numero: in questo caso salvare con ICE 1, ICE 2, etc..
Dopo la segnalazione di un'emergenza, l'ambulanza trasporta il cittadino al Pronto Soccorso dell'Ospedale più vicino al luogo ove questi è stato soccorso o all'Ospedale più idoneo per la patologia riscontrata. La scelta può cadere su un posto di Primo Soccorso (meno attrezzato di un Pronto Soccorso ma in grado comunque di intervenire per risolvere l'emergenza in atto) o sul Pronto Soccorso di un Ospedale più distante. È il sanitario di bordo a decidere quale debba essere la destinazione dell'ambulanza.
Devo pagare per usufruire del servizio dell’ambulanza?
In caso di emergenza e urgenza, il trasporto in ambulanza è a carico del servizio sanitario nazionale, quindi il cittadino non dovrà pagare il servizio. Non è però il cittadino a stabilire se si tratta di un'urgenza, ma la centrale operativa del 118.
L’ambulanza può essere richiesta anche per un servizio di trasporti non urgenti, trasferimenti, dimissioni, visite che, a seconda del motivo del servizio richiesto e del Servizio d’Ambulanza che si contatta si potranno avere tariffari differenti.
In alcune regioni le tariffe vengono regolamentate direttamente dalla Regione e quindi tutte le Ambulanze (cioè tutte le associazioni, cooperative e società che offrono questo servizio) hanno gli stessi prezzi (come ad esempio la Lombardia che per il solo viaggio d’andata costa 33,47€, pe il viaggio di andata e ritorno 52,06€, per la sosta dell’autista 24,17€/h e per l’aggiunta di ogni paziente 11,16€), in altre regioni invece il tariffario viene lasciato decidere ad ogni singola Ambulanza (come ad esempio in Emilia Romagna: la croce bianca offre un servizio 7giorni su 7, 24 ore su 24. Dal lunedì al sabato dalle 6 alle 20 costa 20€ più 0,8€/km; per gli altri giorni e orari il prezzo è da concordare. La croce Amica invece offre un servizio 7giorni su 7, dalle 8 alle 20 e costa 0,8€ al km).
Il Pronto Soccorso ospedaliero è la struttura che garantisce esclusivamente il trattamento delle emergenze-urgenze, ovvero di quelle condizioni patologiche, spontanee o traumatiche, che necessitano di immediati interventi diagnostici e terapeutici. Si accede al Pronto Soccorso direttamente o con l’ambulanza chiamando il numero 112.
Non ci si deve recare in Pronto soccorso per approfondire aspetti clinici non urgenti o cronici. È bene rivolgersi al Pronto Soccorso per problemi acuti urgenti e non differibili al giorno dopo o risolvibili dal medico di base, dal pediatra di libera scelta o dai medici della continuità assistenziale (ex guardia medica). Ogni visita inutile al Pronto Soccorso è un ostacolo a chi ha una vera urgenza.
Per disincentivare i ricorsi non urgenti e al contempo sostenere l’attività dei Pronto soccorso, più o meno tutte le regioni, spesso con modalità e importi diversi, hanno adottato il pagamento del ticket in Pronto soccorso. Per le prestazioni di Pronto soccorso non seguite da ricovero, codificate come codice bianco, gli assistiti non esenti sono tenuti al pagamento di una quota fissa pari a 25 euro. La maggior parte delle regioni prevede l'applicazione della sola quota fissa di 25 euro indicata nella norma nazionale, mentre in poche altre la quota è di 50 euro. In alcune regioni si paga una quota fissa anche per i codici verdi non seguiti da ricovero.
Alcune Regioni prevedono, oltre al pagamento della quota fissa, anche la compartecipazione della spesa per eventuali prestazioni diagnostiche di laboratorio, strumentali o altre terapie erogate in concomitanza con la visita al pronto soccorso. Non è previsto il pagamento del ticket, invece, per i minori di 14 anni e i cittadini esenti (secondo le norme di ogni singola Regione), tranne che per il Friuli e la Provincia autonoma di Bolzano dove non esiste esenzione per l'accesso al pronto soccorso.