Farmaci anti Covid-19: a che punto siamo
Per il momento non c’è alcuna cura specifica contro la malattia Covid-19, ma si stanno comunque utilizzando (e sperimentando) diversi trattamenti, sia in ospedale sia per chi si cura a casa. Dai farmaci contro l’Hiv alla idrossiclorochina (Plaquenil), passando per il caso mediatico Avigan, facciamo il punto sulle terapie su cui si sta puntando in attesa del vaccino.
- di
- Simona Ovadia

Nell’attesa di un vaccino che ci protegga dalla malattia Covid-19, la comunità scientifica non sta con le mani in mano. Nella lotta contro il virus si stanno già utilizzando alcuni farmaci “presi in prestito” da altre patologie, nella speranza che qualcuno di loro funzioni davvero. Si tratta di medicine per lo più somministrate in ospedale o dai medici delle Asl che vengono prescritte solo per i casi accertati positivi al coronavirus, che vengono utilizzate “off-label”, cioè al di fuori delle indicazioni per cui sono autorizzate, oppure di terapie sperimentali non in commercio, fornite come cure compassionevoli ai pazienti in condizioni serie, ma che non hanno ancora un protocollo condiviso e prove certe di efficacia.
Per alcune di queste terapie si stanno organizzando diversi studi sperimentali sull’uomo, che ci daranno nei prossimi mesi una risposta chiara non soltanto sulla loro reale efficacia, ma anche sulla loro sicurezza. L’Organizzazione mondiale della sanità, per esempio, ha appena lanciato uno studio globale chiamato Solidarity per ottenere risposte certe nel più breve tempo possibile sui quattro farmaci più promettenti.
Attualmente, in Italia si utilizzano: gli antimalarici-antireumatici a base di clorochina e idrossiclorochina e alcune combinazioni di farmaci antivirali contro l’Hiv. Tutti questi farmaci, dopo la pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale, sono ora prescrivibili da parte delle farmacie ospedaliere, non solo per l’uso in ospedale ma anche per l’utilizzo al domicilio a carico del Servizio sanitario nazionale.
Vediamo dunque cosa sono e come agiscono, consapevoli del fatto che l’arma più efficace che abbiamo attualmente rimane la prevenzione.
Clorochina e idrossiclorochina
Sono molecole conosciute da molto tempo che nascono per la cura della malaria ma che hanno dimostrato in alcuni studi di avere anche una buona capacità di limitare la replicazione di alcuni virus, come quello della Sars, un coronavirus “parente” di quello attuale. Inoltre, hanno anche la capacità di regolare le alterazioni della risposta immunitaria (sono immuno-regolatori): questi farmaci sono usati anche in alcune malattie reumatiche autoimmuni, come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico. L’idrossiclorochina, che è un derivato più sicuro della clorochina, è autorizzata ed è in commercio col nome di Plaquenil. Dato il buon fondamento teorico, dopo lo scoppio dell'epidemia Covid-19 questi farmaci sono stati utilizzati dai medici cinesi in maniera “empirica”. In seguito, l'uso degli antimalarici è entrato nella pratica ospedaliera di tutti i Paesi coinvolti dalla pandemia, compresa quella italiana. Si tratta, a livello teorico, di medicinali promettenti: tuttavia i risultati sull’andamento della malattia sono ancora da confermare. In Francia l’uso di questi farmaci è stato oggetto di grande interesse dopo che il medico Didier Raoult ha annunciato di aver “scoperto” la cura di Covid-19. La sua convinzione tuttavia si basa su uno studio di piccole dimensioni e metodologicamente debole svolto dalla sua equipe dell'IHU-Méditerranée Infection di Marsiglia. I ricercatori hanno trattato 26 pazienti per 10 giorni con idrossiclorochina da sola e con azitromicina: il secondo farmaco è un antibiotico che viene associato per aumentare l'efficacia dell'antimalarico. A sei giorni dall'inizio i pazienti trattati avevano una quantità di virus minore nei tamponi nasali rispetto ad altri pazienti non sottoposti al trattamento.
Il suo utilizzo è stato autorizzato sia in ospedale sia nelle cure domiciliari: in questo caso però la dispensazione avviene da parte delle farmacie ospedaliere, non possono prescriverlo i medici di base (in pratica per poterne usufruire bisogna prima andare in ospedale). Infine, sono cominciate anche diverse sperimentazioni nel mondo per studiare l’uso dell’idrossiclorochina come profilassi, in via preventiva. Tutti questi studi sono ancora in corso: fino ad ora non disponiamo di prove che questi farmaci permettano effettivamente di prevenire il contagio. Per questo motivo, questi farmaci non devono essere utilizzati per questo scopo, anche per i possibili rischi dell’assunzione per un lungo periodo. La clorochina è un farmaco che può avere effetti indesiderati importanti (ad esempio può alterare il battito cardiaco).
Antivirali anti Hiv
Un’altra terapia che viene utilizzata sui malati di Covid-19 è la combinazione di due antivirali contro l’Hiv: ritonavir/lopinavir, venduta con il marchio commerciale Kaletra. La prima sperimentazione condotta in Cina, tuttavia, non è stata incoraggiante: i medici di Wuhan che hanno seguito lo studio non hanno riscontrato alcuna differenza significativa tra chi prendeva queste medicine e chi veniva curato con le sole terapie di sostegno né nel velocizzare la guarigione, né nel ridurre la mortalità. Gli autori però sottolineano come i pazienti che hanno ricevuto il trattamento fossero molto malati e che quindi il trattamento potrebbe essere stato somministrato troppo tardi. Per questo, sono stati organizzati altri studi che prevedono l’uso di questi farmaci a uno stadio più precoce della malattia, in pazienti meno gravi e insieme all’interferone beta, una molecola antinfiammatoria. Sebbene questi antivirali siano generalmente sicuri, possono comunque interagire con medicinali di routine per pazienti gravemente malati e potrebbero causare danni significativi al fegato.
L’Aifa ha autorizzato anche altre combinazioni di antivirali anti Hiv (darunavir/ritonavir e darunavir/cobicistat) che hanno un meccanismo d’azione molto simile a quello del Kaletra e potrebbero offrire dei vantaggi in termini di tollerabilità, ma per le quali i dati a supporto sono molto limitati. Questi medicinali non solo sono utilizzati nelle sperimentazioni, ma vengono usati di routine sia negli ospedali sia a casa nei pazienti dimessi che hanno ancora bisogno di cure. Anche questi sono forniti dalle farmacie ospedaliere.
Remdesivir: il farmaco contro Ebola
Un terzo farmaco che si sta sperimentando è il remdesivir, un antivirale nato per curare Ebola, ma che secondo alcuni studi sembra ostacolare l'attività dei coronavirus. Per il momento le uniche informazioni sulla sua efficacia clinica sono aneddotiche, cioè riguardano solo alcuni pazienti che l'hanno ricevuto come cura compassionevole quando le loro condizioni si sono aggravate e che in seguito sono guariti, anche se la loro guarigione non è imputabile direttamente al trattamento. La risposta sulla loro efficacia arriverà dalle sperimentazioni avviate a livello internazionale a cui parteciperà anche l’Italia con vari centri: l’Ospedale Sacco di Milano, il Policlinico di Pavia, l’Azienda ospedaliera di Padova, l’Azienda ospedaliera universitaria di Parma e l’ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma. Gli studi sono promossi dalla Gilead, l’azienda che lo commercializza. Il farmaco era stato inizialmente fornito gratuitamente per uso compassionevole ai centri che lo richiedevano per singoli pazienti in condizioni critiche, ma in questi giorni l’azienda ha anche annunciato la sospensione dell’uso compassionevole del farmaco per l’esigenza di fornire il farmaco alle sperimentazioni aperte in vari paesi del mondo. Non è detto che le sperimentazioni in corso confermino questi risultati.
L’anticorpo monoclonale che frena l’infiammazione
Tra le armi a disposizione per evitare l’aggravarsi della malattia c’è anche un anticorpo monoclonale usato per curare l’artrite reumatoide, il Tocilizumab. Si tratta di un farmaco che non agisce direttamente sul virus, cioè non ostacola la replicazione del virus nell’organismo, ma contrasta la reazione eccessiva del sistema immunitario contro il virus che danneggia i polmoni, fenomeno all'origine di alcune delle più gravi complicanze della polmonite da nuovo coronavirus e della sofferenza respiratoria dei malati. Questa terapia è stata utilizzata con successo sia in Cina su 21 pazienti molto gravi sia in Italia su alcuni pazienti in cura all’ospedale Pascale di Napoli. In Cina si sta sperimentando il farmaco su altri 188 pazienti e in Italia lo stanno sperimentando l’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli con l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e l’IRCCS di Reggio Emilia. Allo stesso scopo, sono in fase di sperimentazione anche altri anticorpi monoclonali.
Avigan: l’antivirale che ha fatto parlare di sé (ma che è poco promettente)
Infine, tra i farmaci che sono oggi oggetto di sperimentazione c’è anche l’antivirale giapponese Avigan (favipiravir). Si tratta di un farmaco che veniva usato in Giappone per combattere i virus influenzali, ma che non è autorizzato né in Europa né negli Usa. Questo medicinale è salito agli onori della cronaca dopo che ne ha parlato in un video diventato virale un farmacista italiano che attualmente risiede a Tokio. Il personaggio in questione ha supposto che il motivo dello scarso contagio dei giapponesi al nuovo coronavirus fosse proprio l’uso di Avigan. Ipotesi non avallata da alcun dato scientifico degno di nota. Infatti al momento esistono solo dati preliminari provenienti da un piccolo studio con forti limiti metodologici in cui l’efficacia del farmaco in questione è stata valutata solo su parametri di laboratorio e radiologici, ma non sull’evoluzione della malattia. Tuttavia, proprio a causa del clamore suscitato l’Agenzia italiana del farmaco ha deciso di mettere a punto un programma di sperimentazione per valutarne efficacia e sicurezza nelle fasi iniziali della malattia.
No al fai da te
L’Istituto superiore di sanità mette in guardia sul fai da te, ricordando che i siti web che vendono farmaci antivirali per la terapia del Covid-19 sono illegali e potrebbero vendere farmaci falsificati e pericolosi per la salute. Molte persone, infatti, stanno acquistando in rete diversi medicinali, anche a scopo preventivo, che non sono sicuri. L’Iss ricorda che non esiste attualmente nessuna profilassi farmacologica per chi ha avuto contatti con soggetti positivi. Le terapie attualmente in studio per pazienti con Covid-19 possono essere assunte solo dietro prescrizione medica e, nella maggior parte dei casi, solo a livello ospedaliero. “Tutti i farmaci hanno degli effetti collaterali più o meno gravi, e l'automedicazione comporta rischi ancora più gravi quando si usano farmaci non autorizzati – spiegano all’Iss - In caso di acquisti online, poi, tali rischi sono moltiplicati perché i farmaci potrebbero essere contraffatti. In questo periodo di emergenza sono attivi alcuni servizi sicuri per ricevere i medicinali a domicilio. Oppure puoi consultare il sito salute.gov.it.
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