Test sierologici: perché non dicono se si è protetti
I test sierologici servono per capire se si hanno gli anticorpi contro il Covid. Attenzione, però, il risultato positivo indica solo che la persona a seguito di infezione o vaccinazione ha sviluppato degli anticorpi, ma non consente di stabilire se è protetta dal Covid. Infatti, non si sa ancora quale sia il livello di anticorpi minimo correlabile a un livello di protezione adeguato.
- di
- Adelia Piva
In questo articolo

Si ricorre al test sierologico, prima o dopo la vaccinazione, per capire se si hanno gli anticorpi contro il Covid. I cittadini vaccinati si sottopongono al sierologico in cerca di rassicurazione, per capire se il vaccino ha funzionato e ha stimolato una risposta immunitaria, in modo da sentirsi protetti da un eventuale contatto con il virus. Chi invece non si è ancora vaccinato o non ha intenzione di farlo, a volte ricorre al test sierologico per capire se ha contratto il Covid in maniera asintomatica e se ha già gli anticorpi necessari.
Torna all'inizioSierologici: nessuna certezza sulla protezione
Bisogna dire che i test sierologici non sono stati autorizzati dagli enti regolatori per valutare il proprio grado di protezione. Infatti, molte autorità sanitarie a livello internazionale ne sconsigliano l’uso. Questo perché un test sierologico non dà nessuna certezza sul proprio livello di protezione. Inoltre, se fatto nel momento o per i motivi sbagliati, può indurre ad allarmarsi per nulla. Eppure, sul mercato sono ampiamente disponibili i test a pagamento nei centri medici e nei laboratori privati, ma anche al supermercato e in farmacia (quelli fai-da-te).
Il risultato positivo di un test sierologico indica solo che la persona a seguito di infezione o vaccinazione ha sviluppato degli anticorpi ma non risponde alla vera domanda di chi si sottopone al test: sono protetto dal Covid? Dalle prove disponibili sappiamo che la grande maggioranza delle persone produce anticorpi a seguito dell’infezione naturale o della vaccinazione e che la presenza di anticorpi è correlata a un certo livello di protezione dall’infezione e a un elevato livello di protezione verso le forme gravi della malattia. Il riscontro di anticorpi al test sierologico è quindi una prova diretta del fatto che abbiamo alzato una difesa verso il virus. Ma quanto è ampia questa protezione? Mi assicura di non prendere il Covid?
Torna all'inizioCome funziona?
Il test sierologico rileva la presenza nel sangue di anticorpi contro il Covid. Non rileva il virus e pertanto non si sostituisce al tampone molecolare o a quello antigenico, e non deve essere utilizzato per stabilire la presenza o l'assenza di infezione acuta da Covid.
Gli anticorpi, chiamati anche immunoglobuline, sono proteine che il nostro sistema immunitario produce a distanza di 1-3 settimane dal contatto con il virus, sia a seguito di infezione naturale sia di vaccinazione.
Esistono diverse classi di immunoglobuline, ma quelle rilevate nei test sierologici sono di due tipi:
- le IgM: sono gli anticorpi prodotti nella fase precoce dell’infezione. Il loro riscontro ci fa capire che l’infezione è stata contratta di recente e potrebbe anche essere in corso, visto che l’organismo inizia a produrle pochi giorni dopo l’infezione, per smettere dopo poche settimane, sostituendole completamente con le IgG;
- le IgG: sono gli anticorpi prodotti dall’organismo in una fase successiva. Gli studi suggeriscono che questi anticorpi possono essere rilevati in modo affidabile a partire da 14 giorni dopo l'infezione da SARS-CoV-2 e nei mesi successivi. Il loro riscontro non ci permette di capire quanto indietro nel tempo si è contratta l’infezione, a meno che non siano state rilevate anche le IgM.
Nelle persone non vaccinate la presenza di anticorpi indica che la persona ha contratto l’infezione, indipendentemente dalla forma (leggera o severa) o dalla presenza o assenza di sintomi. Tuttavia, il test sierologico non permette sempre di distinguere se si tratta di un’infezione passata o nelle sue fasi finali. Per questo a inizio pandemia si raccomandava di eseguire un tampone molecolare in caso di esito positivo, per evitare che persone che avevano un’infezione in corso diffondessero il virus.
Nelle persone vaccinate, la presenza di anticorpi indica che l’organismo ha risposto al vaccino producendo anticorpi contro il virus.
Attenzione però: tutto dipende dal tipo di test sierologico eseguito.
Torna all'inizioTipi di test sierologici
Sul mercato troviamo tipi di test che si differenziano in base alla proteina del virus che utilizzano per rilevare gli anticorpi e quindi a seconda del tipo di anticorpo riconosciuto.
Gli anticorpi si distinguono in base alla proteina contro cui sono diretti. Il sistema immunitario tende a creare anticorpi diretti verso tutte le componenti virali con cui viene in contatto. Gli anticorpi:
- possono essere diretti contro le proteine N, quelle che compongono il nucleocapside del virus, l’involucro che contiene il genoma virale;
- possono essere diretti contro le proteine S, le famose Spike, che permettono al virus di entrare nelle nostre cellule. Tra gli anticorpi contro la proteina Spike, alcuni sono diretti in modo molto preciso contro il dominio RBD (Receptor Binding Domain) della proteina Spike, cioè contro la porzione della proteina S che si aggancia ai recettori delle cellule umane. Questi anticorpi hanno una funzione neutralizzante l’infezione, perché bloccano l’ingresso dei virus nelle cellule.
Vista l’importanza della proteina Spike, tutti i vaccini autorizzati sono stati progettati per stimolare anticorpi specificamente diretti contro la proteina S, mentre non ne stimolano di diretti verso altre proteine.
Sul mercato ci sono test in grado di rilevare nel sangue gli anticorpi anti-N (nucleocapside), quelli in grado di rilevare gli anticorpi anti-S (proteina Spike), e quelli specificamente anti-RBD. Solo i test sierologici che ricercano gli anticorpi diretti contro la proteina Spike o più specificamente verso il dominio RBD possono darci un indizio del fatto che il nostro organismo abbia risposto al vaccino. Saranno positivi, però, anche in chi ha avuto l’infezione in passato. Invece, test contro la proteina N risulteranno negativi in persone vaccinate e positivi nei soggetti che hanno avuto il Covid.
Inoltre, vi sono test di tipo qualitativo e di tipo quantitativo:
- i test qualitativi indicano semplicemente se il soggetto ha o meno anticorpi (di tipo IgG e/o IGM) nel sangue. Quindi, danno un risultato di positività o negatività o di superamento di una soglia, che corrisponde alla positività, senza quantificare gli anticorpi. Sono anche disponibili come test fai-da-te in farmacia o nei supermercati. Il prelievo è effettuato con un pungidito, e il risultato è disponibile in tempi brevi;
- i test quantitativi quantificano il livello di anticorpi nel sangue. Sono eseguiti su un prelievo di sangue venoso nei laboratori e nei centri medici privati.
La differenza tra qualitativi e quantitativi è però poco utile in termini pratici, per due problemi. Nei risultati di un test quantitativo, il livello di anticorpi è quantificato attraverso un risultato numerico espresso in unità arbitrarie. Tutti i test infatti usano un proprio metodo per quantificare il livello di anticorpi e quindi differenti test daranno risultati almeno in parte differenti di fronte allo stesso campione. I risultati di un test non sono confrontabili con i risultati di un altro test. C’è un altro limite importante: non è stato ancora individuato un livello di anticorpi minimo correlabile a un livello di protezione adeguato. Un valore di anticorpi, piuttosto che un altro, non ci segnala un deficit né ci dà la certezza di una protezione. Inoltre, va ricordato che le difese del nostro organismo sono ben più complesse della sola risposta anticorpale, che è solo la sua componente più facilmente misurabile.
Torna all'inizioCome interpretare il risultato del test?
A seconda del tipo di test sierologico utilizzato, un risultato positivo può indicare che una persona ha risposto alla vaccinazione e/o contratto recentemente o in passato il Covid senza però fornire alcuna indicazione del momento in cui è avvenuta l'infezione.
A prescindere dal tipo di test utilizzato, invece, un risultato negativo indica che il test non ha rilevato anticorpi contro il virus. Questo può significare che il soggetto non ha sviluppato una risposta anticorpale alla vaccinazione oppure che la persona non ha contratto l’infezione.
C’è poi anche il rischio di falsi negativi e falsi positivi, che dipendono dal grado di sensibilità e specificità del test usato e soprattutto dal momento in cui lo si esegue.
Poiché la produzione degli anticorpi avviene entro 1-3 settimane dal contatto con il virus, un ricorso al test sierologico troppo a ridosso del contatto con il virus (per infezione o per vaccinazione) porterebbe sicuramente a un risultato negativo, con un duplice rischio: una falsa rassicurazione se si è infetti o un falso allarme se si è stati da poco vaccinati. Ricordiamoci quindi che ci vuole tempo perché si inneschi la risposta anticorpale.
I falsi positivi, meno probabili perché i test sono tendenzialmente molto specifici, sono dovuti a fenomeni di cross-reattività, cioè al riconoscimento di anticorpi non diretti verso il Sars-cov-2, ma diretti verso proteine simili, magari di altri virus. Per cui, il test si è confuso. Ricorrere a un altro test più specifico permette di risolvere la questione.
Detto questo, Il risultato positivo di un test sierologico indica solo che la persona a seguito di infezione o vaccinazione ha sviluppato degli anticorpi ma non risponde alla vera domanda di chi si sottopone al test: sono protetto dal Covid?
Torna all'inizioPerché non permettono di valutare se siamo protetti
La risposta immunitaria a un vaccino può variare da soggetto a soggetto anche in base alle caratteristiche individuali della persona (per esempio, l’età) oppure alle sue condizioni cliniche (per esempio, uno stato di immunodeficienza). Pertanto, anche dopo un ciclo di vaccinazione completo, ci sono persone che potrebbero non sviluppare una risposta immunitaria protettiva tale da impedire l’infezione o la malattia sintomatica.
Chi è vaccinato quindi si sottopone a un test sierologico quantitativo per avere un risultato numerico chiaro, il riscontro di un determinato livello di anticorpi. Purtroppo, non è ancora noto quale sia il livello di anticorpi minimo correlabile a un livello di protezione adeguato e quindi un valore di anticorpi, piuttosto che un altro, non ci segnala un deficit né dall’altro lato dà la certezza di una protezione.
Inoltre, va ricordato che le difese del nostro organismo sono ben più complesse della sola risposta anticorpale, che è solamente la sua componente più facilmente misurabile. Questo tipo di test offre un quadro parziale della risposta immunitaria contro il virus perché niente ci dice della risposta mediata dalle cosiddette cellule della memoria, cioè quelle cellule del sistema immunitario attivate in modo specifico contro il virus e che rimangono nell’organismo per molto tempo in attesa di rincontrare il virus e innescare tutte le risposte necessarie, compresa quella anticorpale. È a queste cellule che deputata la protezione a lungo termine. Le cellule della memoria possono essere presenti nell’organismo anche se non ci sono livelli rilevabili di anticorpi nel siero. Insomma, questo significa che livelli di anticorpi considerati bassi non indicano necessariamente un’assenza di protezione.
Torna all'inizioPerché farli?
I risultati di questi test sono utili per finalità scientifiche, per verificare la prevalenza della malattia nella popolazione generale e per studiare l’andamento nel tempo dell’immunità data dai vaccini e dall’infezione, ma purtroppo non forniscono un’indicazione di carattere individuale affidabile. Quindi, non sono molte le occasioni in cui sia davvero utile fare un test sierologico, specialmente se si è già stati infettati o vaccinati contro il Covid.
Non serve per decidere se vaccinarsi, perché anche a coloro che hanno avuto un’infezione documentata, è raccomandato vaccinarsi almeno tre mesi dopo l’infezione, perché rafforza le difese già acquisite e dà una protezione adeguata contro le varianti. Se invece, una volta vaccinati, ci si ritrovasse con dei sintomi simil-influenzali, per cui non possiamo escludere una potenziale infezione da Covid, non avrebbe senso ricorrere a un test sierologico, perché nulla ci direbbe del nostro stato attuale. Nel caso di una positività, ci starebbe semplicemente confermando che ci siamo vaccinati (o che in passato ci siamo presi il Covid, a seconda del test utilizzato). In caso di negatività, rischieremmo di sottovalutare la situazione. Quello che serve in questo caso è un tampone molecolare o antigenico, nient’altro.
Torna all'inizioSe vuoi farlo, scegli il test e il momento giusto
Nel caso si decida comunque di sottoporsi a un test sierologico, perché curiosi del proprio stato immunitario, meglio valutare bene il tipo di test e il momento in cui eseguirlo.
Se si fa il test dopo la vaccinazione, è bene utilizzare i test contro l’antigene S visto che i vaccini autorizzati in Italia sollecitano la produzione di anticorpi contro la proteina Spike. Mentre, un test anti-N non rileverebbe anticorpi creando allarmismo inutile.
L’affidabilità del test dipende anche dal momento in cui è eseguito pertanto è necessario aspettare almeno 1-3 settimane dall’inizio dei sintomi o dalla vaccinazione. Se si esegue più di un test sierologico bisogna cercare di utilizzare lo stesso tipo di test, in modo da avere risultati confrontabili. Infine, non bisogna allarmarsi se a distanza di tempo il livello di anticorpi si riduce, è naturale. La risposta immunitaria di un individuo non si basa solo sulla presenza degli anticorpi.
Torna all'inizioPerché i sierologici non valgono per il green pass?
Le persone che hanno scoperto di aver contratto il Covid a seguito di un test sierologico, ma che non hanno mai ricevuto una diagnosi confermata di Covid con tampone molecolare non possono utilizzare il test sierologico per ottenere il green pass. Questo perché il test sierologico non permette di risalire alla data dell’infezione e pertanto non consente di stabilire una durata di validità del green pass.
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