Zitromax introvabile? Non serve contro il Covid e aumenta il rischio di antibiotico-resistenza
Lo Zitromax e gli altri antibiotici a base di azitromicina sono introvabili da giorni in farmacia: troppe prescrizioni per curarsi dal Covid. Ma l'Aifa ricorda che nessun antibiotico è efficace contro il virus e se vengono assunti in maniera eccessiva e quando non servono rischiano solo di aumentare la resistenza dei batteri alla loro azione. Ecco 5 casi in cui non vanno mai usati (oltre al Covid).
- di
- Luca Cartapatti

"L'azitromicina, e nessun antibiotico in generale, è approvato, né tantomeno raccomandato, per il trattamento di Covid-19". Parola di Aifa. La puntualizzazione rilasciata dall'Agenzia italiana del farmaco arriva in risposta alla notizia della corsa alle prescrizioni di Zitromax, un noto antibiotico il cui principio attivo è proprio l'azitromicina, e della relative difficoltà di approvvigionamento. Pare infatti che gli antibiotici a base di azitromicina in generale siano da qualche giorno introvabili nelle farmacie a causa, dice sempre l'Aifa, "del suo utilizzo eccessivo e improprio contro il Covid-19".
Sentita sulla questione, Pfizer (la casa farmaceutica produttrice dello Zitromax) ha assicurato che il suo antibiotico tornerà disponibile verso la fine di febbraio, ma secondo le verifiche fatte dall'Agenzia italiana del farmaco "la carenza attuale non deriva da esportazioni o altre anomalie distributive, ma dalla prescrizione del farmaco al di fuori delle indicazioni previste". Insomma pare che, certamente senza alcuna validità scientifica, si sia diffusa la convinzione che Zitromax & Co. possano in qualche modo aiutare a combattere l'infezione da Sars-Cov2 ma, come precisa ancora l'Aifa, "non vi è alcuna evidenza che l'utilizzo dell'azitromicina abbia un effetto protettivo sulla evoluzione di Covid-19".
Un uso inutile e anche dannoso
Assumere antibiotici per combattere il Covid è dunque inutile. Tuttavia non tutti sanno che quando si assumono antibiotici in maniera inappropriata ed eccessiva (proprio come in questo caso) facilitiamo la cosiddetta antibiotico-resistenza, ovvero la progressiva perdita di efficacia degli antibiotici (farmaci spesso utilissimi e indispensabili) di fronte a batteri sempre più resistenti alla loro azione.
Secondo l'Ocse l’Italia nel 2019 (prima quindi della pandemia) era seconda per numero di prescrizioni di antibiotici nelle cure primarie. L’Italia è anche tra i Paesi europei con il maggior numero di morti da batteri resistenti agli antibiotici (più di 10.000 ogni anno), con un andamento in crescita. Troppo spesso infatti gli antibiotici vengono prescritti e assunti anche in casi in cui non servono o se ne potrebbe fare tranquillamente a meno.
Facciamo qualche esempio? Oltre a quello contro il Covid di cui abbiamo parlato, ecco cinque disturbi comuni per cui gli antibiotici, nonostante siano ampiamente prescritti, non sono affatto necessari.
L'influenza è una malattia infettiva, causata da un virus, contro il quale l'antibiotico è assolutamente inutile. L’influenza si manifesta in modo brusco: la temperatura corporea subisce un forte rialzo (oltre i 38 °C), compaiono brividi, congestione nasale, mal di testa, dolori muscolari e articolari, debolezza. I malanni invernali che non hanno questa serie di sintomi, probabilmente non sono vere influenze ma solo brutti raffreddori. Chissà quante volte ti sarà capitato di sentire nel corso di uno spot televisivo frasi come questa: “Prendi questo medicinale e la tua giornata può ripartire!”. Ma la verità è che non esistono farmaci che curino l'influenza. Il miglior rimedio è il riposo. Spray, pillole e sciroppi sono utili solo per tenere a bada i sintomi, ma non affrettano la guarigione. In pratica, in casa ci basta avere un farmaco contro la febbre (da usarsi solo se la febbre causa malessere), che combatte anche il dolore, e che contenga un unico principio attivo. Da contrastare la tendenza ad acquistare specialità medicinali di ogni tipo che contengono più principi attivi e sono spesso sovrapponibili. Oltre a spendere soldi inutilmente, il rischio è di assumere la stessa sostanza più volte e quindi di andare incontro al sovradosaggio.
Le "faringiti acute", più comunemente definite mal di gola, nella stragrande maggioranza dei casi sono causate da virus e guariscono spontaneamente nel giro di qualche giorno. I virus sono quelli implicati in raffreddori e influenza (rinovirus, adenovirus...). Solo una piccola parte di tutti i mal di gola che circolano in inverno è causata da un'infezione batterica, generalmente da streptococco di gruppo A. Ma neppure in questa evenienza è sempre necessario l'antibiotico: uno studio ha rivelato che l'unico beneficio nel caso di una sua assunzione è che i sintomi si accorciano di sedici ore; restano però gli effetti collaterali. Nei casi dubbi è utile il ricorso al tampone faringeo, un esame per determinare il tipo di microrganismo responsabile dei sintomi, soprattutto se a essere colpiti dal mal di gola sono i bambini.
E allora cosa fare? Innanzitutto, riposare, bere molto (tisane calde o bevande fredde, a piacere), tenere idratate le mucose (fumenti, gargarismi) e umidificare l'aria. Spray, pastiglie o collutori sono rimedi che fanno poco. Se il dolore alla gola persiste e diventa sempre più intenso, il trattamento più efficace è il paracetamolo, da assumere per bocca. In alternativa è consigliabile un antinfiammatorio a base di ibuprofene. In entrambi i casi, farmaci che spesso sono già in casa.
Chi soffre di sinusite si presenta dal medico con sintomi quali: naso chiuso, incessante mal di testa sopra gli occhi, sensazione di pressione e di dolore nella zona che comprende fronte, occhi e mascella. L’infezione provoca un’infiammazione della mucosa nasale, che si gonfia, ostruendo i passaggi tra seni e cavità nasali. I seni (in latino "sinus", da cui sinusite) non riescono a drenare il muco, il quale si accumula, dando i sintomi della sinusite.
La causa più frequente di sinusite acuta sono i virus del raffreddore oppure quelli influenzali o parainfluenzali, i quali si risolvono in modo spontaneo e senza complicazioni nell’arco di sette-dieci giorni. Prescrivere antibiotici è inutile: non incidono sull'andamento, non riducono il rischio di cronicizzazione né che sopravvenga un'infezione batterica.
Le sinusiti di origine batterica normalmente si risolvono da sole nel 70% dei casi, ma in più tempo (fino a quattro settimane). Raramente, se non trattate, danno origine a complicazioni. Alcuni studi dimostrano che, nei casi di sinusite con sospetta origine batterica, l'assunzione di antibiotici permette di ridurre la durata dei sintomi, ma a distanza di due settimane dall’inizio della terapia anche coloro che non li hanno assunti hanno percentuali di guarigione paragonabili.
E allora cosa fare? Il criterio è di osservare l'evoluzione dei sintomi e intervenire con gli antibiotici solo al momento opportuno. I pazienti che non migliorano dopo dieci giorni hanno maggiori probabilità di avere una rinosinusite batterica. Per il medico è importante distinguere tra una sinusite di origine virale e una batterica in modo da decidere la terapia da adottare. In prima istanza, è consigliabile, quindi, osservare l’evoluzione e, al bisogno, assumere farmaci che tengano a bada i sintomi (antidolorifici, antipiretici, lavaggi nasali con soluzione fisiologica e suffumigi).
Anche la tosse è nella gran parte di casi il sintomo di un'infezione virale del primo tratto delle vie respiratorie, come il raffreddore, l'influenza, la sinusite o la bronchite. Per questo motivo l’antibiotico, agendo esclusivamente sui batteri, è inutile. La tosse si risolve in genere spontaneamente nel giro di una o due settimane, ma può capitare che si protragga fino a tre o quattro settimane, senza che comunque rappresenti l'indizio di un problema serio. La pubblicità consiglia sempre lo sciroppo: un mucolitico se la tosse è grassa, un sedativo se la tosse è secca; fino a sciroppi che contengono principi attivi che fanno entrambe le cose, moltiplicando gli effetti indesiderati. In realtà la tosse non è una nemica da combattere, ma un'utile alleata che tiene le vie respiratorie libere da muco e catarro.
E allora cosa fare? Niente antibiotici né altri farmaci. Se la tosse è troppo forte e fastidiosa, il rimedio migliore è il miele, al cucchiaio o sciolto in una bevanda calda come latte o tè. Importante anche bere molti liquidi e umidificare l'aria e le mucose (con suffumigi e gargarismi).
L'otite media acuta, nella maggior parte dei casi, colpisce i bambini (soprattutto entro i primi dieci anni di vita). I sintomi più comuni, oltre al mal d'orecchio, sono febbre, pianto e irrequietezza. È un'infezione che può essere di natura virale e/o batterica, causata dall'ostruzione durante un raffreddore della tuba di Eustachio, un condotto piuttosto stretto che collega l'orecchio alla parte posteriore della gola. Il 70-80% di queste otiti, anche quelle di origine batterica, guarisce senza l'uso di un antibiotico.
E allora cosa fare? In assenza di malattie concomitanti, come bronchite od otorrea (la fuoriuscita di pus dall’orecchio), bisogna aspettare 48-72 ore prima di disporre una cura a base di antibiotici. Il criterio è quello della vigile attesa: si somministra subito un analgesico (paracetamolo o ibuprofene) per il controllo del dolore e si aspettano due-tre giorni, trascorsi i quali, se i sintomi non si sono risolti o sono peggiorati, si procede con gli antibiotici.
In alcuni casi, un immediato trattamento antibiotico può essere giustificato: per esempio, nei bambini sotto i sei mesi, nei bambini con malattie che aumentano il rischio di complicanze (immunodepressione, diabete mellito, sindrome Down e altro), nei bambini di età inferiore a due anni che hanno un'otite bilaterale, o se il medico rileva un'infezione grave. Gli studi hanno dimostrato che la pratica della vigile attesa non fa aumentare il tasso di complicazioni, né quelle a breve termine (come la mastoidite, cioè l'infezione della mastoide, l'osso che sporge dietro l'orecchio) né quelle a lungo termine (come la riduzione dell’udito o la difficoltà nello sviluppo del linguaggio).