L'ultimo dato sull'inflazione Usa prima della riunione della Fed, che comunicherà le proprie decisioni stasera, porta con sé un dato positivo. Dopo diverse letture del carovita americano che avevano deluso i mercati e anche la Fed, quello comunicato oggi sull'inflazione di maggio è risultato sotto le attese.
L'indice generale si è attestato al 3,3% in calo rispetto al 3,4% di aprile - che era poi anche il dato atteso dal mercato. L'inflazione di fondo ha rallentato ancor più di quanto fatto dall’indice generale: a maggio si è infatti attestata al 3,4% rispetto al 3,6% di aprile (le attese erano per un 3,5%). Ancora una volta a rappresentare il peso maggiore sulla crescita dei prezzi sono stati i cosiddetti “shelter cost”, che non sono altro che i costi legati alla casa (affitti, mutui, prezzi delle utilities...). Questo significa le pressioni sui prezzi permangono e il singolo dato di maggio, seppur finalmente nella direzione corretta, non sarà sicuramente sufficiente a modificare quanto avverrà stasera: i tassi rimarranno fermi tra il 5,25% e il 5,5%.
Questo singolo dato non è neanche in grado di spostare gli equilibri per luglio, mese in cui è prevista un’altra riunione della Fed. Anche in quel caso i tassi non saranno toccati. Tuttavia, se i dati che usciranno nei prossimi mesi sul carovita di giugno, luglio… confermeranno altri rallentamenti, allora settembre potrà essere una data possibile per un taglio nei tassi d’interesse. Come va ripetendo la Fed, infatti, servono delle prove concrete per aumentare la fiducia nel fatto che l'inflazione si stia dirigendo verso il 2% obiettivo. Questa convinzione si ottiene solamente con una serie di dati e non con uno solo.