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Le Ipo non vanno più di moda?

Ipo

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Data di pubblicazione 15 gennaio 2021
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Sulla stampa leggo di ben 5 società in rampa di lancio per la quotazione in Borsa. Perché non parlate più delle Ipo?

Siamo sempre vigili

Non abbiamo mai smesso di seguire le “IPO” – la sigla sta per Initial Public Offering, cioè l’operazione con cui agli investitori vengono offerte azioni della società (di nuova emissione o cedute dai vecchi azionisti) allo scopo di quotarsi in Borsa. Tutt’altro: monitoriamo regolarmente tutte le debuttanti a Piazza Affari, e addirittura calcoliamo un indice per monitorarne l’andamento nel tempo (vedi qui sotto ). Te ne parliamo, però, solo quando ne vale effettivamente la pena, e cioè quando sono rispettate tre condizioni: l’offerta dev’essere effettivamente in fase di partenza, devi avere la possibilità di parteciparvi come investitore al dettaglio e il mercato su cui la società si quota deve offrirti sufficienti tutele. Facciamo, poi, alcune eccezioni per esempio nei casi in cui la società sia particolarmente nota (è accaduto, per esempio, per alcune IPO di società famose approdate sul listino Usa a cui tu non avevi accesso). Ma sono, appunto, eccezioni: in generale ci atteniamo a queste tre condizioni, ecco perché.

 

Indice AC Mipo retail

I più affezionati tra di voi si ricorderanno del nostro indice AC Mipo Retail (AC sta per Altroconsumo, M indica Milano, IPO significa Initial Public Offering). Con questo indice, che calcoliamo settimanalmente, riassumiamo l’andamento delle società sbarcate sul listino principale di Piazza Affari con un’offerta pubblica di acquisto. Dal 2005 (quando l’abbiamo creato) fino ad oggi, l’indice si è ben comportato (+180%), ma nell’ultimo anno ha sofferto (-7,7%) un po’ più dell’indice che riassume tutta Piazza Affari (-6,5%). Perché non te ne abbiamo più parlato sulla rivista e sul sito? Perché, come hai visto qui a lato, le nuove quotazioni sul listino principale sono praticamente ferme: ma continuiamo a “manutenerlo” e da adesso in poi torneremo a dartene notizia sul sito.

 

Un iter ancora lungo e incerto…

Partiamo dalla prima condizione. Le cinque società a cui ti riferisci, e di cui ha parlato la stampa, sono Seco, Philogen, Lima Corporate, Intercos e Linkem. Stanno, sì, pensando alla quotazione in Borsa, ma l’operazione è tutt’altro che in dirittura d’arrivo. Di fatto, stanno solo scaldando i motori (per esempio, scegliendo le banche che le assisteranno nell’iter) ma da qui ad arrivare effettivamente all’offerta di strada ce ne corre: predisposizione della documentazione, contatti con i “grandi investitori” per sondare il terreno e capire il loro interesse, verifiche delle autorità di controllo, via libera alla quotazione da parte di Borsa italiana… tutti passaggi che richiederanno, probabilmente, mesi. E non è nemmeno detto che si arrivi fino in fondo: sono numerose le società che in passato hanno annullato, o perlomeno rinviato, l’idea di quotarsi (succede spesso, specialmente quando le Borse iniziano a prendere una piega negativa). In alcuni casi, poi, la quotazione è solo una delle ipotesi allo studio, ma in alternativa ci potrebbe essere la cessione dagli attuali proprietari a un nuovo azionista di maggioranza. Morale, non avrebbe senso parlarti di queste società adesso, quando non c’è certezza dell’offerta né informazioni fondamentali come i tempi o l’intervallo di prezzo a cui puoi acquistare le azioni.

 

…solo per pochi eletti…

Ciò detto, è vero che da parecchio tempo non ti parliamo di matricole, ma è perché in tutto il 2020 l’unica società che ha varato un’IPO sul listino principale di Borsa italiana (la bolognese GVS) lo ha fatto con un’offerta riservata a investitori istituzionali, escludendo quindi gli investitori al dettaglio (la seconda delle nostre condizioni). Anche in questo caso, non avrebbe avuto senso parlarti di un’operazione a cui non potevi partecipare.

 

…o senza sufficienti garanzie

A parte GVS, le altre 21 IPO del 2020 non han puntato sul listino principale di Piazza Affari, ma sull’AIM: un mercato che, come ti abbiamo detto spesso in passato, non ci piace e che per questo ti consigliamo di evitare in toto, indipendentemente da quanto possa apparire attraente la singola società. Questo perché l’AIM prevede regole più “leggere” rispetto al listino principale: lo scopo è agevolare le società che si vogliono quotare, rendendo l’iter più veloce e meno costoso, ma il rovescio della medaglia è che questo non ti tutela a sufficienza (la terza delle nostre condizioni) né al momento della quotazione, né una volta che la società è quotata. Partiamo dalla quotazione: la società non deve presentare un vero e proprio prospetto informativo, ma solo un “documento di ammissione” con meno informazioni – tanto per farti un esempio, basta un solo bilancio certificato anziché i tre richiesti per quotarsi sul listino principale. Non solo: questo “documento di ammissione” non è vagliato né dalla Consob né dalla Banca d’Italia, che anzi si premurano di mettere le mani avanti (vedi più Avanti nel testo): se poi investi comunque, sono fatti tuoi! Ma allora non c’è nessuno che valuti l’idoneità della società alla quotazione e garantisca il rispetto degli adempimenti? Sì, c’è il Nomad (Nominated Advisor), in pratica una sorta di “consulente” che segue la società nel processo di quotazione. Ma da chi è pagato? Dalla società stessa…

E dopo la quotazione, non va affatto meglio. La società può pubblicare i bilanci ben sei mesi dopo la fine dell’anno (un’eternità, nel mondo della finanza), contro i tre delle società quotate sul listino principale. E ancora: può limitarsi ad avere un solo consigliere indipendente, non deve adottare un codice che definisca le regole di “governo societario”, non deve creare un comitato di controllo dei rischi… Ti sembrano solo aspetti formali? Non la pensano certo così gli ex azionisti di Bio.On, visto che proprio la mancanza di sufficienti meccanismi di controllo è stata una delle concause del fallimento di quella che era considerata una delle “stelle” dell’AIM…

Insomma più che un mercato, quello dell’AIM è un “mercatino” – e non ci riferiamo solo alle sue dimensioni, vedi qui a lato - su cui rischiano di arrivare anche società con l’acqua alla gola, che non avrebbero le carte in regola per sbarcare sul listino principale. Certo ci sono anche società sane… ma senza un vero controllo, come distinguerle?

 

Proprio per la mancanza di un vero prospetto informativo, anche le IPO sull’AIM sono state destinate quasi esclusivamente a investitori istituzionali.

A tuo rischio e pericolo

Il regolamento dell’AIM impone alle società che si vogliono quotare di inserire, nella prima pagina del documento di ammissione, questo avviso:

“AIM Italia è un sistema multilaterale di negoziazione dedicato primariamente alle piccole e medie imprese e alle società ad alto potenziale di crescita alle quali è tipicamente collegato un livello di rischio superiore rispetto agli emittenti di maggiori dimensioni o con business consolidati. L’investitore deve essere consapevole dei rischi derivanti dall’investimento in questa tipologia di emittenti e deve decidere se investire soltanto dopo attenta valutazione. Consob e Borsa Italiana non hanno esaminato né approvato il contenuto di questo documento.”

A buon intenditor…

 

L’AIM Italia ha una capitalizzazione (la somma del valore di tutte le società che lo compongono) di circa 6 miliardi: solo l’1% della capitalizzazione di Piazza Affari nel suo complesso.