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I conti correnti costano sempre di più. Ma non tutti allo stesso modo.

L'indagine di Banca d'Italia

L'indagine di Banca d'Italia

Data di pubblicazione 18 dicembre 2025
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L'indagine di Banca d'Italia

L'indagine di Banca d'Italia

Stessi servizi, costi diversi: il conto giusto fa la differenza.

La nuova indagine della Banca d’Italia sui costi dei conti correnti racconta una storia meno neutra di quanto possa sembrare a prima vista. Ufficialmente, nel 2024 il costo medio dei conti bancari “tradizionali” è rimasto quasi invariato. Ma guardando meglio, emerge un dato chiave: paghiamo diversamente non perché le banche facciano le stesse scelte, ma perché i clienti fanno scelte diverse.

E soprattutto, chi cambia – banca, tipo di conto o modalità di utilizzo – spende meno.

Il conto non aumenta (quasi), ma le voci sì

La spesa media annua per un conto corrente bancario supera i 100 euro. Non è una novità. La novità è come ci si arriva.

Negli ultimi anni i canoni fissi si sono ridotti: molte banche hanno abbassato il costo del “diritto di ingresso”, cioè il canone base. Ma, nello stesso tempo, sono aumentati i costi legati alle operazioni: bonifici, prelievi, pagamenti automatici, servizi accessori.

Il risultato è paradossale solo in apparenza: il conto “sembra” non costare di più, ma costa di più a chi lo usa, soprattutto a chi continua a usare il conto come dieci anni fa, senza interrogarsi sulla struttura tariffaria.

Il vero spartiacque non è quanto usi il conto, ma che conto hai

L’indagine mostra chiaramente una frattura:

  • da un lato i conti tradizionali, spesso più costosi e rigidi;
  • dall’altro i conti online, che restano nettamente più economici;
  • in mezzo, i conti postali, più semplici, meno ricchi di servizi, ma spesso più prevedibili.

Un conto online costa in media circa un terzo di un conto bancario tradizionale. Non perché “offre meno”, ma perché è progettato per un uso digitale, coerente con come la maggior parte delle persone opera oggi.

E qui sta il punto critico: milioni di consumatori usano il digitale, ma pagano ancora come se non lo usassero.

Famiglie, giovani, pensionati: chi paga davvero?

La relazione mostra che:

  • i giovani sono quelli che spendono meno, ma spesso pagano comunque per servizi che non usano;
  • le famiglie, con più operazioni, sono le più esposte ai costi variabili e agli aumenti “silenziosi”;
  • i pensionati subiscono soprattutto il peso dei canoni fissi, anche quando l’operatività è bassa.

In tutti e tre i casi, il problema non è “quanto” si usa il conto, ma quanto è adatto il conto a quell’uso.

Ed è qui che emerge il dato più interessante dell’indagine: quasi il 70% dei clienti spende meno di quanto previsto dall’Indicatore dei Costi Complessivi (ICC). Questo significa che i conti correnti sono spesso sovradimensionati rispetto ai bisogni reali.

In altre parole: molti stanno pagando per sicurezza, abitudine o inerzia.

Chi cambia, vince (quasi sempre)

La Banca d’Italia non lo dice esplicitamente, ma i numeri lo suggeriscono chiaramente: chi ha cambiato tipo di conto negli ultimi anni spende meno.

La riduzione del costo medio complessivo non nasce da una “generosità” delle banche, ma dal fatto che:

  • sempre più persone scelgono conti online;
  • cresce l’attenzione ai canoni;
  • aumenta la propensione a confrontare.

Chi resta fermo, invece, assorbe gli aumenti dei costi variabili, spesso senza accorgersene.

Cambiare conto oggi non è più un salto nel buio:

  • la portabilità è semplificata,
  • i servizi sono standardizzati,
  • le differenze di costo sono ormai strutturali.

Il messaggio finale: il conto va scelto, non “tenuto”

Il conto corrente non è un servizio da “subire”, ma uno strumento da adattare.
La relazione della Banca d’Italia lo dimostra indirettamente: il mercato premia i consumatori attivi.

Chi confronta, chi cambia, chi sceglie un conto coerente con il proprio stile di vita:

  • paga meno,
  • ha meno sorprese,
  • riduce il peso dei costi invisibili.

Il vero rischio, oggi, non è scegliere il conto sbagliato. È non scegliere affatto.