Come si calcola il periodo di permanenza nel fondo pensione?

Previdenza complementare
Previdenza complementare
Il periodo di permanenza nella previdenza complementare è un aspetto davvero importante, sia dal punto di vista fiscale sia per le possibilità che offre nel tempo. Quando parliamo di previdenza complementare ci riferiamo a strumenti come i fondi pensione – sia chiusi che aperti, a adesione collettiva – e anche ai PIP, i piani individuali pensionistici.
Partiamo dalla questione fiscale. La tassazione sul capitale accumulato nel fondo pensione al momento della pensione dipende proprio dagli anni di permanenza nel sistema. Nei primi 15 anni, l’aliquota applicata è del 15%. Tuttavia, per ogni anno in più rispetto al quindicesimo, si ottiene uno sconto dello 0,30%, fino ad arrivare – dopo 35 anni di adesione – a una tassazione agevolata del 9%. Ma non è solo una questione di tasse. Gli anni di permanenza sono rilevanti anche per poter accedere a determinati diritti, come la possibilità di richiedere anticipi. Dopo 8 anni, ad esempio, si può chiedere un anticipo per l’acquisto della prima casa, per ristrutturarla, o per altre necessità personali. A questo punto, la domanda sorge spontanea: come si calcolano questi anni di permanenza? Da quale momento si parte?
Il conteggio parte dalla prima adesione alla previdenza complementare. Ma attenzione: è fondamentale che nel frattempo non ci siano stati riscatti totali. In altre parole, se una persona aderisce nel 2025 a un fondo pensione chiuso, da quell’anno inizia il conteggio. Se in seguito cambia lavoro e aderisce a un altro fondo di categoria, trasferendo la posizione senza riscattarla, il conteggio continua senza interruzioni, sempre a partire dal 2025. Questo principio vale in ogni direzione: si può iniziare con un fondo aperto e poi trasferirsi in un fondo chiuso, oppure passare a un PIP. L’importante è trasferire la posizione, senza riscattarla. Il riscatto totale, infatti, fa azzerare gli anni accumulati fino a quel momento.
Un esempio: se una persona aderisce a un fondo pensione chiuso legato al proprio contratto collettivo e poi cambia lavoro – e con esso il contratto – potrebbe avere la possibilità di riscattare totalmente la posizione per “perdita dei requisiti di appartenenza”. Se sceglie questa strada, quando aprirà un nuovo fondo pensione la data di riferimento sarà quella della nuova adesione, e non si potrà più contare sugli anni maturati prima. Diverso è il caso in cui si opta per il trasferimento della posizione: in quel caso, gli anni continuano a sommarsi senza interruzioni.
Infine, c’è una situazione particolare che può generare qualche dubbio: cosa succede se una persona ha più fondi pensione? Ad esempio, uno sottoscritto nel 2010 e uno nel 2020, e decide di andare in pensione nel 2030? In questi casi, secondo quanto chiarito da diverse interpretazioni della COVIP, fa fede la prima iscrizione, cioè quella del 2010. Questo significa che anche il fondo sottoscritto nel 2020 potrà beneficiare – per il calcolo della tassazione – degli anni di permanenza calcolati a partire dal 2010.
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