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Direttiva sui crediti deteriorati, troppa fretta non aiuta
28 mar 2019Cosa sta succedendo?
Già dalle prime formulazioni, la proposta di direttiva ha messo in luce, secondo Altroconsumo, un elevato rischio di danneggiare ingiustamente i consumatori, in questo caso nella veste di debitori. Non va dimenticato che in moltissimi casi non si tratta di “furbetti” che cercano di non ripagare quanto dovuto, ma di famiglie e piccole imprese già danneggiate dalla crisi economica e, spesso, da una cattiva governance delle banche nella politica di concessione dei prestiti. Non è giusto, quindi, che a questa situazione già difficile si aggiunga l’ulteriore danno di una normativa resa più sfavorevole.
Perché più sfavorevole?
Gli operatori del recupero crediti sarebbero in grado di operare oltre i confini, grazie a un nuovo passaporto dell'UE, pur rimanendo controllati dall'autorità nazionale del Paese in cui hanno sede. Altroconsumo ritiene altamente improbabile, o comunque difficile, che l'Autorità di un altro Paese abbia la possibilità di indagare a fondo sul corretto comportamento degli operatori in Italia; il che significa che i consumatori che stanno lottando per ripagare i prestiti ricevuti potrebbero essere ingiustamente danneggiati.
In questo campo non esiste, inoltre, uno standard minimo a livello europeo sulle regole di correttezza degli operatori e di protezione del consumatore. Se lo scopo della direttiva è aiutare le banche a liberarsi della “zavorra” dei crediti deteriorati, non è il miglior modo per raggiungerlo: mettere i consumatori vulnerabili a maggior rischio di aggressione da parte di fondi avvoltoi e esattori sparsi in tutta Europa, non è la ricetta giusta per stimolare la crescita economica. Secondo Altroconsumo, altre dovrebbero essere le iniziative per risolvere il problema dei prestiti in sofferenza. Innanzitutto occorre comprendere dove le banche hanno sbagliato in passato nella erogazione del credito, ed intervenire con le opportune sanzioni nei confronti di chi ha dolosamente contribuito all'aggravamento del problema, ad esempio con politiche di credito troppo accomodanti e faziose o con la mancata predisposizione di un adeguato sistema di controllo.
Cosa sta facendo Altroconsumo
Altroconsumo, insieme ad altre associazioni di consumatori europee e con il coordinamento del Beuc, da mesi sta lavorando con le istituzioni per ridiscutere questa proposta di normativa e introdurre maggiori tutele a favore dei consumatori. I consumatori non possono diventare vittime di un sistema di recupero sempre più aggressivo e impersonale. Chi ha agito in malafede, che sia la banca o il debitore, deve pagare: ma chi è stato ingiustamente vittima del sistema, non è giusto che diventi doppiamente vittima.
Cosa abbiamo ottenuto
Grazie anche all’intervento di Altroconsumo e delle altre associazioni di consumatori, la formulazione iniziale della direttiva è stata modificata in molti punti, attenuando gli aspetti più problematici per i consumatori. Questi i punti principali sui quali Altroconsumo ha convinto le istituzioni:
- Primo, la normativa è stata esplicitamente limitata ai crediti in sofferenza. Può sembrare ovvio, ma non lo è: nella prima formulazione, anche chi ha sempre onorato i propri impegni rischiava di trovarsi a dover trattare con soggetti diversi da quello con cui ha deciso di instaurare un contratto, cioè la propria banca.
- È stato chiaramente specificato che le legislazioni nazionali, nel caso prevedano maggiori misure di protezione per i consumatori, non siano “superate” dalla direttiva, mantenendo quindi in vigore tutte le tutele oggi già in essere. È un punto importante per l’Italia, che su questo fronte ha standard mediamente più elevati della media europea.
- Sono stati resi più stringenti i criteri che le società di recupero crediti devono rispettare per ottenere il “passaporto” europeo che le autorizza ad operare in tutti i Paesi dell’Unione.
- Gli accordi tra le banche che cedono i crediti e i servicers devono esplicitamente includere clausole di equo e diligente trattamento dei debitori.
- Gli operatori del recupero crediti devono rispettare ogni eventuale normativa nazionale già in essere nei Paesi in cui decidono di operare.
- È stato rafforzato il ruolo delle Autorità di controllo dei Paesi “ospiti” (quelli in cui le società decidono di operare).
Quali miglioramenti mancano
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Nonostante queste “vittorie”, secondo Altroconsumo resta ancora molto da fare affinché la direttiva tuteli davvero i consumatori. Molte delle proposte di Altroconsumo e delle altre associazioni di consumatori mancano ancora, per esempio:
- L’esplicita previsione di misure di “tolleranza” (in termini tecnici, forbearance) che le banche devono applicare prima di cedere il debito. Per esempio, discutere con il debitore un’eventuale rimodulazione delle scadenze del debito, o altre possibili soluzioni.
- Ulteriori regole di condotta per i servicers e per gli acquirenti dei crediti.
- La possibilità per il debitore di riacquistare il proprio debito prima che sia ceduto.
- Ulteriori tutele per il debitore nella possibilità di essere rappresentato legalmente o di partecipare a concordati.
Perché questa fretta?
Insomma, la normativa è ben lontana dall’essere perfetta. Tutt'altro. E allora, viene da chiedersi il perché si stia spingendo all’approvazione in tempi strettissimi, prima delle prossime elezioni europee, con la discussione prevista per il prossimo 1° aprile che rischia di essere davvero un brutto “pesce d’aprile” per i consumatori. Tanto più che, per la direttiva attualmente in discussione, manca un punto fondamentale secondo Altroconsumo: una valutazione d’impatto, cioè uno studio sui futuri effetti per il mercato e per i soggetti coinvolti, consumatori in primis.
Il rischio è di approvare in tutta fretta una normativa, come avvenuto in passato per il bail-in, e di vederne poi solo successivamente tutti gli effetti negativi, quando ormai è troppo tardi (o comunque molto più difficile) porvi rimedio. Siamo davvero sicuri che l’introduzione di questa normativa sia meglio di una “non-normativa”? Altroconsumo non ne è convinta: perché invece non rimandare alla prossima legislatura europea la discussione di regole meglio meditate e più tutelanti