Una giornata da dimenticare per le azioni bancarie italiane

Tassa sugli extra profitti bancari
Tassa sugli extra profitti bancari
Intorno alle ore 11:30 della mattina dell’8 agosto 2023 (al momento della redazione di questa analisi; prezzi a tale orario), i principali titoli bancari italiani stanno facendo registrare ribassi molto pesanti: circa -8% sia per Intesa Sanpaolo (2,35 euro; Isin IT0000072618), Banco Bpm (4,04euro; Isin IT0005218380) e Monte Paschi (2,55 euro; Isin IT0005508921), -6,5% per Unicredit (21,165 euro; Isin IT0005239360), mentre si “limita” a un -4,8% il ribasso delle azioni Banca Mediolanum (8,01 euro; Isin IT0004776628).
L’Etp Wisdomtree Ftse mib banks (237,37 euro, Isin IE00BYMB4Q22), che racchiude l’andamento di tutte le principali banche italiane quotate in Borsa, registra un calo che sfiora il 6,7% e che porta il ribasso, dai massimi toccati alla fine di luglio, a circa il 10% in questi primi giorni di agosto. Cancellati, dunque, i rialzi della seconda parte di luglio e, in generale, degli ultimi mesi: l’Etp viaggia al momento di questa analisi su valori inferiori a quelli dell’inizio di marzo, quando si sono registrati fallimenti eccellenti nel settore bancario americano. Che cosa sta succedendo?
Le ragioni del ribasso vanno ricercate nella decisione del Governo di introdurre nell’ultimo decreto legge omnibus anche la previsione di una tassazione sugli extra-profitti realizzati dal settore bancario per effetto dell’aumento dei tassi d’interesse. Secondo il Governo non c’è stato un adeguato innalzamento dei tassi attivi per la clientela (su conti correnti e depositi) a fronte dell’impennata dei tassi passivi su mutui e prestiti. Per questo, semplificando al massimo, si andrà a intervenire con una tassazione di ben il 40% sulla differenza in eccesso del cosiddetto margine d’interesse (quanto la banca incassa dalla differenza tra i tassi attivi e passivi per la clientela) registrata nel corso di quest’anno – Banca Mediolanum dipende più da ricavi “commissionali” che da quelli “da interesse” e per questo paga meno dazio rispetto ad altre banche.
La mossa ha spiazzato il mercato per due ordini di motivi. Primo: per quanto fosse stata in qualche ventilata nelle settimane scorse, complici le critiche che erano arrivate a una tassa analoga varata già un anno fa in Spagna, la si riteneva poco probabile. Secondo: l’importo rischia di essere particolarmente rilevante (bisognerà vedere nel dettaglio come sarà applicata; vedi paragrafo seguente), anche superiore al gettito previsto dall’analoga imposizione spagnola (3 miliardi di euro in 2 anni).
La notizia non è buona per il settore, anche se va detto che il Parlamento ha ora 60 giorni per convertire in legge il decreto e non è escluso che qualcosa nel meccanismo di applicazione possa variare (anche perché al momento la norma pare almeno parzialmente retroattiva), con conseguente minor “salasso” per il settore. Difficile, però, pensare a un totale dietrofront da parte del Governo, alla ricerca disperata di fondi anche per la riforma fiscale annunciata in questi giorni. Crediamo, dunque, che la tassa sia destinata a restare e che possa rallentare la corsa fin qui registrata dai titoli del settore bancario italiano.
Del resto, le banche spagnole, su cui ha già gravato la tassa straordinaria nella prima parte di quest’anno, hanno visto nella prima parte dell’anno una crescita dei risultati più limitata rispetto a quella di altre banche e i loro titoli hanno avuto andamenti meno brillanti rispetto agli analoghi titoli italiani (rialzi medi del 19%, dividendi esclusi, contro il +33% medio dei titoli italiani). Il timore è che la norma possa in qualche modo impattare o sulla distribuzione dei dividendi o sull’ammontare di prestiti concessi (è un po’ come “vendere meno”, se vogliamo pensare alle aziende industriali). Inoltre, anche la Banca centrale europea si è mossa per limitare un po’ gli extra-profitti delle banche legate al rialzo dei tassi d’interesse, azzerando la remunerazione che verrà riconosciuta dopo l’estate alle riserve di capitale che le banche devono detenere obbligatoriamente presso la Banca centrale (sono solo una piccola parte delle riserve, ma è un altro segnale).
Le novità ci ricordano che il settore bancario, negli ultimi anni, è sempre stato più sottoposto a interventi normativi che hanno avuto sì il pregio di aumentare la solidità del sistema, ma hanno anche comportato una riduzione della profittabilità del settore con conseguenti andamenti poco brillanti e più ballerini dei titoli azionari bancari. Come vedi nel grafico qui in basso, infatti, nonostante il recente ottimo andamento, un investimento (dividendi inclusi) sul settore bancario italiano fatto quasi venti anni fa, sarebbe ancora oggi in perdita (e nel grafico non teniamo conto dei ribassi al momento di questa analisi).
Il rimbalzo recente dei titoli italiano è legato a fattori inattesi: in primo luogo la tenuta dell’economia italiana ed europea (i venti di recessione spiravano fortissimi, ma non si sono fin qui realizzati), che ha fatto sì che le banche continuassero a erogare prestiti praticamente allo stesso modo di un anno fa (nonostante il loro costo ben più elevato); in seconda battuta, il fatto che non solo non si è registrato, fin qui, un peggioramento della qualità dei crediti bancari, ma persino una riduzione, in alcuni casi, dei crediti più a rischio rispetto a un anno fa – sembrava impensabile considerando la pandemia e la corsa dell’inflazione e del costo del denaro; in ultima battuta, una generale tenuta dei mercati finanziari che ha consentito una sostanziale stabilità dei ricavi “commissionali”, legati alla vendita di prodotti finanziari – anche questo, ci ha sorpreso, considerando i rischi di recessione.
Il punto è: se è vero che i tassi d’interesse dovrebbero continuare a restare elevati almeno per tutto il resto del 2023 (e questo è un bene ed è un fenomeno atteso), continuerà anche la tenuta dell’economia? Su questo continuiamo a serbare delle riserve: per questo, e tenendo anche conto della rischiosità suddetta di questi titoli, continuiamo a non consigliare azioni del settore bancario agli investitori più prudenti. Tutte le azioni bancarie italiane citate sono, anzi, per noi da vendere. Agli investitori che sanno tollerare meglio i rischi, consigliamo, invece, di mantenere le quote dell’Etp Wisdomtree Ftse mib banks che si dovessero avere: crediamo che “matrimoni” possano ancora dare un po’ di pepe al settore bancario italiano – su tutti c’è il caso Monte Paschi, ringalluzzito da buoni conti semestrali – ma non vediamo questa prospettiva a breve termine. Per questo, al momento, meglio limitarsi a mantenere le quote del suddetto Etp.
Un investimento spento
Nonostante il recente rimbalzo, i rendimenti offerti dal settore bancario italiano (linea azzurra in grassetto; base 100, dividendi inclusi) negli ultimi anni restano nettamente inferiori rispetto a quelli medi offerti dai titoli del settore bancario spagnolo (linea sottile arancione; dividendi inclusi) e dal resto del settore bancario europeo (linea verde di peso intermedio; dividendi inclusi). Non crediamo che sia una penalizzazione destinata a riassorbirsi in tempi brevi.
Attendi, stiamo caricando il contenuto