L’Italia torna all’energia nucleare?

Grafico
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Durante le ultime settimane, il prezzo dell’uranio, materia prima essenziale per il funzionamento dei reattori nucleari, si è portato sui massimi del 2023 (60,75 dollari alla libbra). Dall’inizio dell’anno il prezzo dell’uranio è salito di circa il 25%, mentre le altre materie prime, in media, si sono fermate a un rialzo del 6% – le rilevazioni del prezzo dell’uranio avvengono su base settimanale e sono effettuate dalla società UxC. Il prezzo medio delle materie prime fa riferimento all’indice Refinitiv/CRB. A cosa è dovuta questa corsa dei prezzi dell’uranio?
Le ragioni della corsa del prezzo dell’uranio
Il primo motivo riguarda il colpo di Stato in Niger, avvenuto all’inizio di agosto: il Paese non solo è uno dei principali produttori di uranio al mondo, ma è anche il secondo Paese più importante per le forniture di uranio alla Francia – uno dei Paesi che più dipende dall’energia nucleare. La paura che il colpo di Stato possa portare a un’interruzione delle forniture di uranio ne ha fatto salire il prezzo. In seconda battura c’è anche la prospettiva di un aumento della domanda di uranio per effetto dei vari progetti di investimento sull’energia nucleare messi in programma da diversi Paesi. L’Arabia Saudita, per esempio, per limitare la dipendenza dal petrolio starebbe considerando offerte cinesi per la costruzione di impianti nucleari nel Paese. Ma anche negli Usa, dopo l’entrata in funzione di una nuova centrale nucleare, si punta su progetti legati a piccole centrali di nuova generazione – la Difesa americana vuole testare la costruzione di un piccolo reattore per generare l’energia necessaria a una sua base in Alaska. Dopo una moratoria che durava da diversi anni, la Svezia ha deciso di far ripartire le estrazioni di uranio nel Paese, segno di un rilevato incremento potenziale della domanda di materia prima.
I rischi dello sviluppo del progetto nucleare
Certo, rilanciare l’energia nucleare non è semplice: lo dimostra la difficoltà che sta incontrando il Regno Unito – uno dei Paesi che ha varato un nuovo piano d’investimento nel nucleare – a reperire le risorse e le competenze necessarie per lo sviluppo di tale industria. Inoltre, non vanno dimenticate le incognite sui costi: la suddetta centrale americana è stata terminata in ritardo di parecchi anni e con costi di sviluppo nettamente superiori a quelli previsti inizialmente. A questo va aggiunta l’opposizione di varie comunità a questa forma energetica, memori degli incidenti accaduti nel passato.
Una scommessa rischiosa
Restano comunque due punti. Primo: la sempre maggiore domanda di energia elettrica che sarà richiesta da dispositivi sempre più intelligenti. I processori di calcolo dell’intelligenza artificiale, per esempio, richiedono ampie quantità di energia. Secondo: gli impegni per la riduzione delle emissioni nocive in atmosfera. Questi due elementi, assieme ai progressi tecnologici nelle costruzioni delle centrali, possono, a nostro parere, continuare a sostenere gli investimenti nell’energia nucleare e, quindi, nella domanda di uranio nel medio e lungo termine. Attenzione, però: ci sembra che tali prospettive siamo ormai scontate correttamente dai prezzi della materia prima e delle società del settore. L’Etf Sprott uranium miners (7,809 euro; Isin IE0005YK6564), che punta non solo sulle principali società che estraggono e vendono uranio, ma che ha in pancia anche quote di un fondo che investe proprio direttamente sulla materia prima, dalla nostra ultima analisi d’inizio luglio (vedi n° 1518) ha messo su un rimarchevole +20,5%, lasciando il resto delle Borse mondiali (in euro e dividendi inclusi) a un +1,6%. Dall’inizio dell’anno il bilancio è di +26,4% contro il +2,5% delle altre azioni del settore delle materie prime e il +12% medio delle Borse mondiali (in euro e dividendi inclusi). Per tutto quanto visto, e alla luce dei rischi (al momento non ci sono stati impatti sul livello di forniture dal Niger), se hai quote dell’Etf puoi mantenerle, ma se non le hai, non è più il caso di comprarle ora.
Il punto su Kazatomprom e Cameco
Nelle ultime settimane si sono riscattate anche le Kazatomprom (32,75 Usd; Isin US63253R2013), le azioni della compagnia di Stato kazaka (primo produttore di uranio al mondo), che avevano sofferto nella prima parte dell’anno per i rischi di un riflesso delle sanzioni alla Russia sulle vendite del gruppo. I conti del primo semestre hanno, però, dissipato un po’ i timori, con ricavi in crescita del 25% rispetto allo stesso periodo del 2022 e utili in rialzo del 33%: non per nulla dalla nostra analisi d’inizio luglio le azioni Kazatomprom hanno registrato un rimbalzo di circa il 32% (in euro e dividendi inclusi). Alla luce di questi rialzi e dei rischi legati anche a cambiamenti nei vertici, le pur buone prospettive sembrano correttamente stimate dal mercato. Mantieni le azioni che già hai, ma non acquistarne di altre. Risultato ottimo dal luglio scorso anche per il gigante canadese dell’uranio Cameco (50,77 Cad; Isin CA13321L1085) con le azioni che da luglio hanno messo su circa il 21% in euro e dividendi inclusi e si sono avvicinate ulteriormente ai massimi storici. La società continua a siglare importanti contratti di fornitura – anche con l’Ucraina – e ha alzato le previsioni per il 2023. I risultati del secondo trimestre, però, hanno un po’ lasciato l’amaro in bocca (ricavi in contrazione e utili in calo per effetto di alcuni effetti di cambio). Complice anche il rischio di stop all’attività di alcune miniere e l’eccellente andamento da inizio anno (circa +63% in euro e dividendi inclusi) riteniamo che le buone prospettive siano più che apprezzate dal mercato. I guadagni dai nostri consigli sono straordinari: dal primo consiglio dell’ottobre 2021 il rialzo sfiora il 60% (dati sempre in euro e dividendi inclusi) contro +2,6% delle Borse mondiali. I guadagni arrivano al 76% per chi ha comprato le Cameco a gennaio 2022 (vedi n° 1446) contro Borse in progresso dell’1,1%, e sono, “alla peggio” del 21% (contro un progresso delle Borse del 5,8%) per chi ha acquistato le azioni a settembre 2022 (vedi n° 1475). È tempo di incassare i guadagni e vendere le Cameco.Attendi, stiamo caricando il contenuto