Il punto sulle azioni bancarie italiane

Azioni
Azioni
Un margine d’interesse raddoppiato
Nella sua accezione più tradizionale, l’attività bancaria è fatta dalla raccolta di denaro tramite conti correnti, depositi… e dall’erogazione di denaro sotto forma di prestiti, mutui… Semplificando, il “margine d’interesse” per le banche non è altro che la differenza tra quanto incassano sull’erogazione dei prestiti e quanto pagano sui depositi: più la differenza tra i tassi attivi (incassati sui prestiti) e passivi (pagati sui depositi) cresce, più c’è possibilità per le banche di guadagnare. Ed è quello che è successo nel corso degli ultimi mesi, complice il rialzo dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea (Bce); per esempio, il tasso medio fatto pagare dalle banche italiane per l’erogazione dei mutui è salito da circa il 2,15% del luglio 2022 a poco meno del 4,2% a luglio 2023 (ultimi dati disponibili). Il tasso mediamente riconosciuto sui depositi delle famiglie, però, è salito meno, passando dallo 0,41% del luglio 2022 allo 0,725% del luglio 2023. Questo significa che la differenza tra tassi attivi e passivi è passata da circa l’1,74% del luglio 2022 al 3,475% del luglio 2023: il margine è raddoppiato.
Il primo rialzo dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea è avvenuto a luglio 2022, passando dallo 0% (che era in vigore dal marzo 2016) allo 0,5%. Da allora è stata un’impennata violenta che ha portato ora i tassi d’interesse al 4,5%, sui massimi dal 1999 (quando la Banca centrale europea ha assunto la conduzione della politica monetaria europea).
La tassa del governo sugli extra profitti
Sulla scorta di una tassazione simile in Spagna, e alla ricerca di risorse per il proprio bilancio (eroso anche dal rialzo dei tassi d’interesse), la scorsa estate il Governo ha deciso di introdurre una tassazione sul “margine d’interesse” pari a circa il 40% della differenza tra quanto ottenuto dalle banche nel 2023 e quanto ottenuto nel 2021. Se pensi che Intesa Sanpaolo (2,40 euro; Isin IT0000072618), per esempio, nel primo semestre del 2023 ha ottenuto un “margine d’interesse” pari a quello di tutto il 2021, puoi immaginare quanto la stangata si stesse profilando pesante. La levata di scudi da una parte politica al Governo, dalle banche e della Banca centrale europea ha portato a stemperare la norma: è stato dapprima fissato un valore massimo di imposta (modificato ulteriormente in via migliorativa per le banche), poi è stato concesso alle banche di non pagare l’imposta a patto che le somme (2,5 volte l’imposta calcolata) vengano destinate a rafforzare il capitale. In pratica, l’introito finale per il Governo potrebbe essere dimezzato rispetto a quanto inizialmente previsto: una misura che ha permesso ai titoli bancari di riprendersi rispetto allo scivolone di questa estate e che determinerà esborsi complessivamente gestibili (crediamo che la maggior parte delle banche quotate in Borsa pagherà la tassa).
L’importo massimo della tassa è ora definito applicando lo 0,26% al valore delle attività bancarie ponderate per il rischio alla fine del 2022 (o comunque alla fine dell’anno fiscale precedente a quello in corso al 1° gennaio 2023). Tale base è stata scelta per non disincentivare l’acquisto di titoli di Stato da parte delle banche.
Una resilienza inattesa
Nel 2023 le azioni bancarie italiane sono salite di quasi il 26% (+31% se si tiene conto dei dividendi pagati), bilancio che fa impallidire il +9,7% del resto delle Borse mondiali (in euro e dividendi inclusi), ma anche il +11,7% (dividendi inclusi) della Borsa di Milano, influenzata più di altre proprio dai titoli bancari. È tutto frutto del rialzo dei tassi d’interesse? Non proprio, visto che il rialzo dei tassi era atteso. Quello che ha realmente sorpreso sono stati altri tre fenomeni. Primo: nonostante la corsa dell’inflazione e il rialzo del costo del denaro, non solo non si è registrato un aumento dei crediti non onorati, ma il loro peso nei bilanci bancari ha continuato a ridursi. Secondo: nonostante siano diventati più costosi, il volume complessivo dei prestiti erogati alla clientela ha registrato tutto sommato una modesta contrazione – per esempio nell’ultima rilevazione della Banca d’Italia (sempre luglio 2023) i prestiti erogati alle famiglie sono sugli stessi valori di un anno fa. Terzo: anche i depositi della clientela, per quanto in calo soprattutto negli ultimi mesi, non sono tracollati – anche in questo per le famiglie italiane restano su valori ampiamente superiori a quelli pre-pandemici. Insomma, l’economia italiana ha fin qui dimostrato una resilienza inaspettata. Questo ha permesso ai bilanci bancari di rivelarsi più robusti del previsto.
Che fare con le azioni bancarie
Visto che i tassi d’interesse continueranno a restare elevati, è il caso di comprare azioni delle banche italiane? Noi preferiamo restare prudenti. Primo: tassi elevati non sono una condizione sufficiente per far sì che le azioni bancarie vadano bene. Lo dimostra il fatto che le altre azioni bancarie mondiali non abbiano affatto brillato nel 2023, limitandosi a un progresso del 2,9% (in euro e dividendi inclusi), nonostante i rialzi dei tassi d’interesse ci siano stati in quasi tutte le principali economie. Secondo: l’inaspettata resilienza dell’economia italiana potrebbe non durare. Lo stesso Governo ammette che la “situazione è delicata” e le stime al momento vedono il nostro Paese crescere meno dell’1% anche nel corso del 2024. Terzo: i rendimenti che lo Stato deve riconoscere sui titoli di Stato potrebbero continuare a crescere. Questo sarebbe un male per i titoli in pancia alle banche (ancora circa 400 miliardi di euro), i cui prezzi calerebbero. Quarto: le banche ormai non concedono solo prestiti, ma vendono tutta una serie di prodotti finanziari. Se l’economia globale dovesse effettivamente rallentare, le Borse potrebbero non essere brillanti, condizionando tutti quei profitti legati alla vendita di prodotti finanziari (vedi quanto sta già succedendo con le polizze vita, in difficoltà per effetto del rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato). Morale: una cosa è la solidità, altra è la redditività. Le banche italiane sono solide, ma le prospettive reddituali e la volatilità di queste azioni fanno sì che il profilo di rischio-rendimento di un investimento sulle azioni bancarie italiane non sia, al momento, secondo noi vantaggioso. Sconsigliamo agli investitori prudenti di avere azioni bancarie italiane.
Unicredit (22,46 euro; Isin IT0005239360) ha mostrato serenità anticipando una parte del piano d’acquisti di azioni proprie.
Mediamente, nel corso del primo semestre del 2023, le banche italiane hanno visto aumentare il proprio “margine di interesse” di oltre il 50% rispetto a quanto registrato nel corso del primo semestre del 2022.
Uno dei grandi temi del settore bancario italiano è quello dei “matrimoni”: la salita di Unipol (5,08 euro; Isin IT0004810054) a quasi il 20% della Banca Popolare di Sondrio (5,025 euro; Isin IT0000784196) ha dato pepe al settore nelle scorse settimane. Monte Paschi (2,61 euro; Isin IT0005508921) sembra, invece, sempre più sola, tanto che il Tesoro sembra costretto a vendere quote sul mercato (a che prezzo?) – solo le Unipol sono da mantenere, le altre da vendere. In passato avevamo suggerito l’Etf Wisdomtree Ftse mib banks (247,45 euro; Isin IE00BYMB4Q22) per una speculazione sui “matrimoni” tra le banche italiane: limitati a mantenere le quote di questo Etf (non sono comunque per investitori prudenti).
Dieci anni di investimenti sulle banche
A dieci anni, l’andamento delle azioni bancarie italiane (grassetto; base 100) resta peggiore di quello delle altre azioni bancarie mondiali (linea di peso intermedio) e di quello medio delle Borse mondiali (linea sottile). I dati nel grafico sono in euro e tengono conto dei dividendi pagati dalle azioni nel corso del periodo considerato. Il fornitore di questi dati è Refinitiv Datastream.
Attendi, stiamo caricando il contenuto