Una possibile nuova stangata in bolletta

Grafico
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In questi primi giorni di ottobre il prezzo del gas rilevato in Europa è cresciuto di circa il 46%, mentre quello rilevato sui mercati americani è salito del 10,6%. Due le ragioni. Prima: Israele, a causa del conflitto, ha sospeso le attività nel giacimento di gas naturale che fornisce non solo il 70% del gas al Paese, ma anche risorse a Egitto e Giordania. Questi Paesi dovranno cercare di recuperare gas da altre fonti, fatto che non può che spingere i prezzi al rialzo. Seconda: continuano le tensioni in Australia, dove gli scioperi minacciano di bloccare attività che rappresentano il 7% dell’offerta mondiale di gas naturale (è un importo rilevante). La situazione è, dunque, delicata e ulteriori eventi imprevedibili – come un inverno molto freddo – potrebbero consumare riserve di gas che, comunque, al momento in Europa restano su livelli non preoccupanti. Non per nulla, il prezzo del gas, sia in Europa, sia negli Usa, resta su valori ampiamente inferiori a quelli dell’inizio del 2023 (rispettivamente, circa -28% e -27%).
La sostanziale tenuta del greggio
Meno rilevante il movimento del prezzo del petrolio: lo scatto successivo allo scoppio della guerra in Medio Oriente è stato limitato e il bilancio di questi primi giorni di ottobre resta negativo (circa -5% per quello di qualità brent). Due le ragioni. Prima: la zona attuale del conflitto non presenta infrastrutture petrolifere rilevanti. Secondo: il rallentamento della crescita cinese, Paese cruciale per la domanda di greggio. Questo, però, non significa che il prezzo dell’oro nero sia a buon mercato: il prezzo di quello di qualità brent viaggia ancora su valori superiori (+7,1%) a quelli dell’inizio dell’anno e a ridosso dei 90 dollari al barile, una quota storicamente alta. Sul mercato, infatti, c’è già stata nei mesi scorsi una riduzione dell’offerta per effetto della minore attività delle trivelle soprattutto in Arabia Saudita e Russia.
Anche l’esplosione del gasdotto nel Bar Baltico ha contributo a rendere più delicata una situazione di mercato su cui ancora grava la mancanza di forniture di gas dalla Russia (l’Europa ha compensato, per lo più, col gas americano).
Le qualità di petrolio sono diverse e ciascuna di esse ha un proprio prezzo e una dinamica che in alcuni momenti può differire da quella delle altre.
Gli investimenti sul settore energetico
Per quanto detto, sia il settore del gas, sia quello del petrolio sono in una fase molto delicata: ci aspettiamo notevoli oscillazioni dei prezzi nei prossimi giorni – il timore è quello di un’estensione del conflitto ad altri Paesi mediorientali. Non è l’ideale: non investire né sul petrolio, né sul gas – a Milano sono quotati Etc che ti permettono di farlo, ma con prodotti che potrebbero non darti soddisfazione. Sconsigliamo anche di investire sulle azioni delle compagnie petrolifere: i prezzi alti del greggio sono un elemento positivo, ma ci pare già scontato dal mercato. Sono azioni, al più, da mantenere. Infine, sconsigliamo investimenti sulle azioni del gas. Anzi, ribadiamo il consiglio di vendere Cheniere (176,71 Usd; Isin US16411R2085): il gruppo lavora già quasi al massimo della capacità e non ci aspettiamo molti altri contratti a breve termine (nessuno rilevante dalla nostra ultima analisi di fine agosto, vedi n° 1522). Limitati invece a mantenere le azioni Flex LNG (335 corone norvegesi; Isin BMG359472021) solo in virtù dell’elevato rendimento da dividendo (ai prezzi attuali, atteso nell’ordine del 10% annuo lordo): la flotta di trasporto del gas è già “prenotata”, il che è un bene per gli utili della società, ma riduce la possibilità di sorprese positive (dalla nostra analisi di fine agosto le azioni Cheniere hanno fatto +9,6%, Flex LNG +1,8%; i dati, in euro e dividendi inclusi, diventano +12,4% e +4,6%).
Gli strumenti che ti permettono di puntare direttamente sulle oscillazioni dei prezzi delle materie prime si chiamano Etc. Lo fanno investendo su prodotti finanziari chiamati future, che vanno periodicamente venduti e ricomprati: spesso questo fa sì che, soprattutto nel lungo periodo, ci siano dei costi che rendono il bilancio dell’Etc peggiore di quello delle materie prime che seguono.
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