La settimana delle Borse: ancora altalene sui dazi

settimana delle Borse 1608
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Dopo un periodo di calma relativa (anche se l’incertezza non è mai stata del tutto eliminata), il tema dei dazi – o meglio, il balletto di annunci e contro-annunci – è tornato protagonista sulle Borse. Ne è una prova quanto successo lo scorso venerdì: le dichiarazioni sull’imposizione di dazi al 50% da parte degli Usa nei confronti dell’Europa ha fatto scivolare in rosso le Borse. Con questo venerdì nero, è finito in perdita anche il bilancio dell’intera settimana: -2,6% per l’indice S&P500, -1,9% per l’indice dei principali 50 titoli dell’eurozona. Nella giornata di lunedì 26 maggio, al momento in cui scriviamo, le Borse hanno di nuovo virato in positivo dopo il rinvio dal 1° giugno al 9 luglio della data di partenza di questi dazi, dando così ancora margine alle trattative; nonostante il (temporaneo) sollievo, tuttavia, quanto successo resta la dimostrazione del fatto che il tema dei dazi, e del potenziale impatto sulla crescita economica, resta un nervo scoperto a cui i mercati sono ancora particolarmente sensibili.
Oltre alle Borse, anche il barile di petrolio rimane volatile. Grazie anche alla speranza di un accordo commerciale tra Cina e Stati Uniti che possa evitare una recessione, le voci di un attacco israeliano all'Iran hanno fatto salire il prezzo dell'oro nero a inizio settimana (il 20% del petrolio mondiale e il 30% del gas naturale transitano attraverso lo Stretto di Hormuz, sotto l'influenza iraniana). C’è, però, anche da tener conto del fatto che l'OPEC+ sta valutando un terzo aumento consecutivo della sua produzione nella riunione che si terrà tra pochi giorni, il che ha pesato sul prezzo del brent (-1% questa settimana) e sulle azioni del settore (-3,6% in media). Chevron (136,54 Usd; Isin US1667641005) ed Exxon (103,03 Usd; Isin US30231G1022) hanno perso rispettivamente il 3,9% e il 4,8%, ma anche a questi livelli di prezzo non sono, secondo noi, interessanti per un acquisto. Mantieni.
Nel settore dell’energia, particolarmente negativa anche la settimana di Saipem (2,05 euro, -8,9%). Anche a questi livelli, il consiglio è di vendere.
Settimana negativa (-7,6%) anche per il colosso tecnologico Apple (195,27 euro, Isin US0378331005), ancora nel mirino del presidente Trump. Quest’ultimo vuole spingere la società a riportare la produzione dell'iPhone negli Stati Uniti. A tale scopo, minaccia di imporre dazi di almeno il 25% sugli iPhone importati negli Usa, che sono prodotti principalmente in Cina e India. I vertici di Apple avevano recentemente dichiarato che, per ridurre la dipendenza dalla Cina, avrebbero prodotto in India un numero maggiore di iPhone venduti negli Stati Uniti. Il fatto è che, allo stato attuale, produrre iPhone negli Stati Uniti non è redditizio a causa dei costi di produzione troppo elevati. Per ricavarne un profitto, Apple dovrebbe alzare troppo il prezzo di vendita, senza contare il fatto che trasferire la produzione negli Stati Uniti richiederebbe molti anni e che la catena di approvvigionamento rimarrebbe comunque in Asia, il che complicherebbe ulteriormente la produzione. A causa di questa spada di Damocle, abbiamo recentemente aumentato a 3 il rischio del titolo. Limitati a mantenerlo.
Medtronic (80,68 Usd; Isin IED-DBTN1Y115), specializzata nei dispo-sitivi medici, ha intenzione di scorpo-rare l’attività diabete per quotarla in Borsa e concentrarsi sulle sue attività più redditizie. Lo scorporo dovrà avve-nire entro i prossimi 18 mesi. Intanto, i risultati del 2024/25 (l’anno fiscale termina a fine aprile) sono legger-mente migliori del previsto, grazie alla divisione apparecchiature cardiache. Anche se le prospettive di Medtronic per il 2025/26 sono deludenti, ai prezzi attuali il titolo continua, secondo noi, a sottovalutarle. Il consiglio, quindi, non cambia: acquista.
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