Non perché non sappiano che serve, ma perché “c’è tempo”, “ci penserò più avanti”. E intanto gli anni passano. La buona notizia è che gli anni che abbiamo davanti, stando ai dati sulle aspettative di vita, son sempre di più, ma c’è un rovescio della medaglia: lo Stato, per far sì che i conti pubblici restino sostenibili, ha di nuovo stretto la cinghia sulle pensioni pubbliche. Nella manovra appena approvata, tante novità come l’allungamento dei tempi per andare in pensione o l’abolizione di “opzione donna” e quota 103 si riassumono così: le pensioni pubbliche saranno sempre più magre e lontane. Che fare allora? Nella stessa manovra c’è, in un certo senso, la risposta, con le novità sulla previdenza complementare. L’aumento della deducibilità (da 5.164,57 a 5.300 euro) consente di versare di più senza perdere i vantaggi fiscali, mentre altre novità (l’aumento della quota che si può riavere in contanti, l’introduzione di nuove modalità per rendita e prelievi) rendono i fondi pensione più flessibili e adattabili alle esigenze individuali. Anche il meccanismo del silenzio assenso (l’adesione automatica per i nuovi assunti che non comunicano nulla entro 60 giorni) non deve esser visto come una costrizione (si ha sempre la facoltà di dire no), ma come un modo per aumentare l’adesione a un sistema sempre più necessario: studi empirici dimostrano che chi è entrato nei fondi pensione attraverso l’adesione automatica, col tempo, ne ha apprezzato i vantaggi. Perché il punto è questo: il futuro non si improvvisa. E se non pianti il seme oggi, non avrai i benefici dell’albero domani.
Alessandro Sessa
Direttore responsabile Investi