Turchia: verso un anno molto difficile

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L'inflazione, a livelli preoccupanti ovunque, in Turchia a ottobre ha toccato il picco dell'85,5% per poi chiudere il 2022 al 64,3%. Secondo il presidente Erdogan sono gli alti tassi di interesse a causare l'inflazione: perciò obbliga la banca centrale a tenere bassi i tassi. Così facendo, i tassi reali (al netto dell’inflazione) sono negativi. Il risultato è che gli investitori internazionali fuggono dai titoli turchi, che, oltre a remunerare poco, sono assai rischiosi. E senza di loro, la lira turca soffre, e solo i ripetuti interventi delle autorità monetarie sui mercati dei cambi riescono a arginare continue discese. Ankara, dal canto suo, preferisce ricordare che una lira debole, rendendo i prodotti turchi più competitivi sui mercati internazionali, contribuisce a rilanciare le esportazioni, ma la Turchia è anche un grande importatore di materie prime ed energia, e il deficit commerciale cresce. I turchi che hanno capitali da investire cercano di effettuare acquisti come gli immobili, che proteggono i loro risparmi, e siccome il Paese ha lasciato aperta la porta ai capitali provenienti dalla Russia, è diventato una meta anche per i capitali russi. Ciò ha fatto lievitare i prezzi delle azioni e degli immobili, con effetti catastrofici sulla maggioranza delle famiglie. Il devastante terremoto che ha colpito il Paese aggrava questa situazione ancora di più: molti faticheranno a trovare casa o a ricostruirne una. Erdogan consapevole del malcontento a pochi mesi dalle elezioni di maggio sta costringendo le banche statali a facilitare l'accesso al credito e ha aumenttato gli stipendi pubblici.
Le esportazioni turche stanno progredendo (+11% annuo a gennaio) raggiungendo i 19,4 miliardi di dollari, ma le importazioni stanno crescendo più velocemente (+21% su un anno), raggiungendo i 33,7 miliardi di dollari.
Anche se la Russia accetta che la Turchia paghi il suo petrolio in lire turche, la lira non è affatto fuori pericolo ed è destinata a rimanere sotto pressione.
Questa situazione è deplorevole se si pensa che la Turchia ha grandi risorse. Con la volontà globale di accorciare le catene di approvvigionamento e di ridurre la dipendenza dalla Cina, la sua vicinanza all’Europa e la sua manodopera abbondante, qualificata e a basso costo la potrebbe rendere un fornitore importante e un mercato di primo piano. Purtroppo, il controllo statale dell'economia, la facilità con cui si appropria delle riserve in moneta estera del settore privato, l'inflazione esorbitante e le contraddizioni del mercato del credito turco non rassicurano gli investitori. In attesa di una migliore governance economica - o di una grave crisi che ci sembra inevitabile se non cambia nulla –meglio restare alla larga sia dal mercato azionario, sia da quello obbligazionario turco.
Nel corso del 2022, diverse decine di miliardi di euro di denaro russo avrebbero trovato rifugio in questo Paese.
La Turchia sarebbe ben posizionata per diventare per l’Europa ciò che il Messico è per gli Stati Uniti: un fornitore importante e un mercato di primo piano.
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