I tassi continuano a crescere

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La settimana appena trascorsa ha visto una vera e propria infornata di riunioni delle Banche centrali in tutto il mondo. A sorprendere sono state non tanto le decisioni di alzare i tassi, ma in alcuni casi l’entità di questi aumenti oppure le dichiarazioni particolarmente aggressive degli Istituti centrali. L’altro tema comune è stato il taglio alle aspettative di crescita. Tuttavia, c’è sempre chi ha deciso di non alzare i tassi d’interesse, anche se in questo caso potrebbe anche essere una semplice pausa dopo una lunga serie di strette monetarie.
CHI HA ALZATO
La più aggressiva di tutte è stata la Riksbank, la Banca centrale svedese, con un rialzo dell’1%, quando le attese erano per un +0,75%. L’Istituto di Stoccolma diventa così la seconda, tra le grandi Banche centrali, ad alzare i tassi dell’1% in una sola riunione dopo quella canadese. I rialzi continueranno, visto che la Riksbank prevede tassi al 2,5% nel 2023, dall’1,9% indicato in precedenza. Contestualmente sono state tagliate le stime di crescita: nel 2023 l’economia svedese è prevista in contrazione dello 0,7%, anziché in crescita dello 0,7%, ma l’aumento del costo del denaro è necessario perché, con l’inflazione al 9,8% annuo ad agosto, il rischio che il carovita rimanga radicato e a livelli elevati è alto. Secondo la Riksbank, un’elevata inflazione per un lungo periodo è più dannosa di una contrazione temporanea dell’economia.
La Fed ha alzato i tassi d’interesse dello 0,75%. La mossa era altamente attesa dal mercato, ma sono le dichiarazioni della stessa Banca centrale e le sue prospettive sul futuro della sua politica monetaria e dell’economia Usa ad aver colpito negativamente i mercati. La Fed ha, infatti, già annunciato di voler procedere con nuovi rialzi, tanto che ora prevede una stretta più rapida e intensa di quella prospettata a giugno. Non solo. La durata della stretta dipenderà da quanto tempo servirà per far scendere l’inflazione e il governatore della Fed ha detto che non c’è un modo indolore per raggiungere questo obiettivo.
I tassi hanno raggiunto un intervallo tra il 3% e il 3,25%. Solo a giugno si aspettava un livello per fine anno compreso tra il 3,25% e il 3,5%, mentre ora per fine anno la Fed si attende un livello del costo del denaro tra il 4,25% e il 4,5%, il che significa altri rialzi per un totale dell’1,25%. Mancando solo due riunioni, questo significa un rialzo dello 0,75% nella prossima riunione di novembre e dello 0,5% in quella di dicembre. Tuttavia, non ci si fermerà qui. Anche nel 2023 i rialzi andranno avanti, visto che i tassi sono previsti tra il 4,5% e il 4,75%. Dunque: stretta più intensa e veloce e livello finale del costo del denaro più alto. Quanto alle prospettive sull’economia, la Fed ha rivisto al ribasso le stime da qui al 2024. Il taglio è corposo per questo 2022, che secondo la Fed si chiuderà con una risicata crescita dello 0,2% rispetto al +1,7% stimato a giugno. Il taglio alle stime di crescita va, invece, diminuendo negli anni a venire.
Il forte aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti sostiene il valore del dollaro. Ora per fare un euro ci vogliono 0,975 dollari. Cosa fare con questo dollaro forte? Prima di tutto i tassi di interesse statunitensi più elevati, confrontati con quelli della zona euro, compensano il rischio valutario. In secondo luogo, il debito pubblico degli Stati Uniti è anche un rifugio sicuro che riduce utilmente il rischio complessivo del tuo portafoglio. Le obbligazioni in dollari restano, quindi, tra i titoli che ti consigliamo.
Come da attese, la Norges Bank, la Banca centrale norvegese, ha alzato i tassi dello 0,5%, portandoli così al 2,25%. Si tratta di una mossa che era già stata annunciata dallo stesso Istituto di Oslo nella scorsa riunione, pur non indicando l’entità del rialzo, e anche in questa occasione ha già fatto sapere che il costo del denaro sarà alzato, ancora una volta, nella prossima riunione. Il tasso d’interesse, che si trova ora al livello più alto dal 2011, è destinato ad aumentare a circa il 3% durante il prossimo inverno, poiché l‘inflazione è destinata a rimanere alta per un periodo di tempo molto più lungo di quanto previsto lo scorso giugno.
Nel novero di chi alza i tassi d’interesse e lo farà ancora c’è anche la Banca centrale europea. Nel suo bollettino la Bce ha dichiarato di aspettarsi di alzare ancora il costo del denaro, vista l’alta inflazione. Brutte notizie per l’economia: la Bce si aspetta una stagnazione per il resto del 2022 e per il primo trimestre del 2023.
La Banca nazionale svizzera ha aumentato il tasso di interesse dello 0,75%, abbandonando così i tassi negativi che erano in vigore da ormai 8 anni. Ora il costo del denaro è allo 0,5% (dal -0,25% precedente). La motivazione è, ovviamente, frenare le pressioni inflazionistiche, ostacolando il propagarsi dell'inflazione a beni e servizi che finora ne sono stati poco colpiti. I bond in franchi svizzeri, a differenza delle azioni, non sono da acquistare.
Prosegue nel ciclo di rialzo dei tassi anche la Banca d'Inghilterra, che ha aumentato il costo del denaro dello 0,5%, portandolo al 2,25%. Si tratta del settimo rialzo dei tassi consecutivo. Come per la Svizzera, i bond in sterline non sono in portafoglio, mentre lo è la Borsa di Londra.
Aumento dei tassi dello 0,5% anche per la Banca centrale indonesiana (dal 3,75% al 4,25%). La decisione di aumentare il costo del denaro è stata presa come misura anticipata, preventiva e prospettica per ridurre le aspettative di inflazione e riportare l'inflazione di fondo nell’intervallo obiettivo del 3% (con un margine di tolleranza di un 1% sia in positivo, sia in negativo) nella seconda metà del 2023, rafforzando al contempo la politica di stabilizzazione del tasso di cambio. Per quanto riguarda la valuta del Paese, i bond non sono da acquistare, mentre la Borsa Indonesiana è in portafoglio.
CHI HA DECISO DI NON FARLO
La Bank of Japan, la Banca centrale del Giappone, ha invece mantenuto, ancora una volta, i tassi in territorio negativo (-0,1%) e ha confermato il suo impegno a continuare ad acquistare obbligazioni in modo che i rendimenti a 10 anni rimangano bloccati a zero. La decisione era prevista dal mercato, anche se l’inflazione giapponese ha raggiunto il 3% - fermo restando che buona parte di questo dato è dovuto all’energia. La decisione ha, però, portato lo yen a indebolirsi ancora, tanto che il Giappone è intervenuto sul mercato dei cambi per acquistare yen per la prima volta dal 1998, nel tentativo di sostenere la valuta nipponica.
In tema di possibili interventi per sostenere le valute, anche la Banca centrale della Cina ha annunciato che adotterà delle misure con le quali renderà più costose le scommesse, al ribasso, sullo yuan per rallentare il ritmo del recente calo.
Anche la Banca centrale del Brasile ha deciso di non alzare i tassi d’interesse, fermi così al 13,75%. La situazione è, però, differente da quella del Giappone. La Banca brasiliana è più avanti nel ciclo di rialzi rispetto alle altre Banche centrali: con la decisione della settimana scorsa ha, infatti, interrotto la serie di dodici aumenti consecutivi dei tassi iniziati nel 2021. Si era dunque portata avanti con il lavoro iniziando prima degli altri e non è detto che non torni ad alzare i tassi in futuro: la Banca centrale brasiliana ha fatto sapere che non esiterà a tornare sul percorso di innalzamento del costo del denaro se l’inflazione non dovesse fermarsi. n
CONFERME PER TUTTI
Così come confermiamo i bond in dollari Usa, lo stesso vale per tutte le altre obbligazioni denominate in yen, yuan, real e nelle due corone. In generale, i nostri portafogli sono confermati, li trovi tutti qui: www.altroconsumo.it/investi/la-nostra-strategia e sono confermati anche i prodotti con cui replicarli.
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