I tassi di crescita sono in calo…

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Le difficoltà dell’economia mondiale sono evidenti; a certificarlo arriva, ora, anche il Fondo monetario internazionale (Fmi). Dopo tutto, un’inflazione elevata che non si vedeva da decenni, l'inasprimento delle condizioni finanziarie nella maggior parte delle regioni, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e la pandemia sono tutti fattori che pesano sulle prospettive di crescita. Ed ecco dunque che l’Fmi ha provveduto a tagliare le stime di crescita, con il Pil globale che invece del 3,2% crescerà solo del 2,7% nel 2023: è il ritmo più lento dal 2001, eccezion fatta per la crisi Lehman e lo scoppio della pandemia. Ma per un Pil che viene rivisto al ribasso, c’è un dato sull’inflazione che viene alzato: da +4,1% a +4,7%.
Tuttavia, tra il rallentamento economico e la corsa all’inflazione, il nemico principale è il carovita. Su questo punto le Banche centrali sono oramai trasparenti da diverso tempo e non hanno problemi a sottolinearlo durante le loro riunioni e nelle comunicazioni ufficiali.
Ne è un esempio la Fed americana, che, come si legge dai verbali della sua ultima riunione, è convinta che sia necessario proseguire sulla strada del rialzo dei tassi per centrare gli obiettivi in termini di inflazione. I rialzi, quindi, continueranno - per il mercato c’è il 96% di probabilità che salgano dello 0,75%, l’altro 4% è per un rialzo dello 0,5% - e la Fed è consapevole della necessità di un periodo di crescita del Pil al di sotto del tasso potenziale, molto probabilmente accompagnato da un certo indebolimento delle condizioni del mercato del lavoro. Insomma, una crescita debole, se non addirittura una recessione, diventa un elemento necessario per riuscire a sconfiggere l’inflazione, che negli Usa continua a rappresentare un problema. A settembre, infatti, i prezzi sono aumentati dell’8,2%, dal +8,3% di agosto, deludendo così le attese che prevedevano un +8,1%. Il dato però peggiore è quello che arriva dall’inflazione di fondo, quella cioè calcolata senza tener conto dei prezzi di energia e beni alimentari, che continua ad accelerare: +6,6% annuale, più delle attese fissate al 6,5% e in accelerazione dal 6,3% del mese precedente. Il dato di settembre è il più alto da agosto del 1982. Insomma, il lavoro per la Fed non è finito e i tassi continueranno, di conseguenza, a salire nei prossimi mesi.
Guardando all’economia, nei verbali della Fed si legge che al momento, sebbene settori più sensibili ai tassi, come, per esempio, l’immobiliare o gli investimenti, siano già stati influenzati dal rialzo del costo del denaro, una parte considerevole dell'attività economica non ha ancora mostrato molta risposta. Tra tutte, purtroppo, l’inflazione.
Rimanendo in tema di inflazione, non sono in una situazione migliore Paesi come Norvegia e Svezia.
INFLAZIONE IN CINA
Più contenuto il problema inflattivo in Cina, dove a settembre i prezzi sono saliti del 2,8%, come da attese, seppur in accelerazione anche qui rispetto al mese precedente (+2,5% ad agosto). La Banca centrale cinese, negli ultimi tempi, è intervenuta con politiche monetarie a sostegno dell’economia, piuttosto che alzando i tassi. Lo yuan può essere una meta per i tuoi investimenti con l’Etf iShares China CNY Bond ucits (-0,3%).
I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO ITALIANI
I tassi italiani sono aumentati su tutte le scadenze (la linea in grassetto rappresenta i tassi oggi), rispetto a un mese fa (linea intermedia) e rispetto a sei mesi fa (linea sottile).
In Norvegia l’inflazione è arrivata a far segnare +6,9% su base annua, dal +6,5% di agosto. Il dato è ancora più negativo se si pensa che le attese di mercato erano per un rallentamento al 6,2%. In Svezia, invece, il carovita ha sfondato il tetto del 10%, raggiungendo quota 10,8% dal 9,8% del mese precedente. Anche in questi Paesi le Banche centrali continueranno con il rialzo dei tassi d’interesse nelle prossime riunioni.
I dati sull’inflazione dei due Paesi scandinavi, così come quello americano, e le conseguenti mosse delle rispettive Banche centrali non sono delle novità. Non ci sono, perciò, delle novità neanche nei consigli sulle due corone e sul dollaro Usa. Per le obbligazioni in dollari puoi puntare sui titoli di Stato con l’Etf iShares $ treasury 1-3y acc B (+0,1%) e sui titoli ad alto rendimento, con un prodotto a scelta AXA WF US Dynamic HY bonds A (-0,1%) oppure iShares $ High Yield Corp Bond (-0,9%).
Per la corona norvegese puoi invece continuare a puntare su Nordea 1 norwegian bond BP (+0,5%) e per gli investimenti su quella svedese c’è Nordea 1 swedish short term bond (-1,3%).
I TASSI SALGONO SEMPRE SUL MERCATO
Se per il rialzo dei tassi ufficiali da parte delle Banche centrali bisogna aspettare le prossime riunioni, i rendimenti sui mercati, invece, si muovono quotidianamente e lo fanno seguendo un percorso, ovviamente, di crescita. Ne sono un esempio i tassi inglesi – vedi a lato – oppure quelli dei nostri titoli di Stato. La scorsa settimana il Tesoro ha collocato BoT a 12 mesi e BTp con diverse scadenze – dai 3 ai 30 anni - e in tutti i casi i rendimenti con cui sono stati assegnati sono superiori a quelli dell’asta precedente. Non solo. I livelli che oggi stiamo registrando non si vedevano oramai da una decina di anni. Tutte notizie non positive per i conti pubblici italiani.
Come ti diciamo da diverso tempo, un rendimento più alto è indice di rischio più elevato, ma anche di possibilità di inserire in portafoglio un titolo più remunerativo: l’importante è conciliare il rischio con il rendimento. Se vuoi inserire i BTp in portafoglio, fallo controllando prima di tutto se i bond della zona euro sono presenti nella strategia in cui ti riconosci di più tra quelle che ti proponiamo sul sito. Fatto questo, segui le indicazioni che ti diamo per investire anche in BTp. Se invece preferisci la semplicità e la comodità, rimane sempre all’acquisto l’Etf Xtrackers II iBoxx Eurzn Gv Bd YP 1-3 (+0,1%), con il quale, con un unico prodotto, puoi puntare sui titoli di Stato della zona euro – tra i quali sono compresi anche i nostri BTp.
L'elevata volatilità è tornata nei mercati obbligazionari del Regno Unito, con il rendimento del decennale che ha superato durante la settimana il 4,6% e quello del trentennale il 5,1%. Puoi approfondire il tema, e sapere come comportarti con i bond in sterline.
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