Rallentamenti
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Il governatore della Fed, la Banca centrale Usa, ha confermato quel che oramai i mercati scontavano con sempre maggiore convinzione: sostenendo che la Banca centrale Usa non ha intenzione di reagire in modo eccessivo inasprendo la sua politica dei tassi in modo esagerato, la riunione di metà mese diventa il momento giusto per moderare i rialzi dei tassi. Ma attenzione, la Fed non ha certamente finito con i rialzi dei tassi. C'è ancora molta strada da fare per frenare un'inflazione superiore all’obiettivo, tanto che lo stesso Powell ha negato le indiscrezioni del mercato su una pausa anticipata dei rialzi dei tassi; ha, invece, affermato che questi ultimi saliranno più lentamente, ma raggiungeranno un livello più alto rispetto a quello stimato in precedenza – saranno superiori al 5% come detto sul n° 1487. Se la Fed ha ora lo spazio necessario per adeguare la sua politica, è perché le pressioni inflazionistiche sono diminuite negli ultimi mesi. Dopo aver raggiunto il picco del 9,1% a giugno, l'inflazione statunitense è in calo da allora e si è attestata al 7,7% in ottobre. La guerra al carovita non è, però, ancora vinta. Tutt’altro. L'ultimo dato sull’indice dei prezzi sui consumi personali, l'indicatore preferito dalla Fed per misurare il carovita, è al 5% e rimane dunque ben al di sopra dell'obiettivo del 2%. Vanno quindi sempre più consolidandosi le attese di mercato sul futuro andamento dei tassi, per cui rimangono consigliati, per i titoli di Stato Usa, l’Etf iShares $ treasury 1-3y acc B (-0,6%) e, per i titoli ad alto rendimento, un prodotto a scelta tra AXA WF US Dynamic HY bonds A (-0,2%) oppure iShares $ High Yield Corp Bond (invariato%).
Negli Usa l’inflazione PCE, cioè quella sulle spese personali, è calcolata sulla base di un paniere di beni e servizi che varia di mese in mese in base alle abitudini di spesa dei consumatori. L’inflazione dei prezzi al consumo (IPC) è, invece, calcolata su un paniere fisso, che cambia ogni due anni. Per questo, l’inflazione PCE riflette meglio l’evolversi del carovita, e quanto pesa sui consumatori, rispetto a quella IPC.
La revisione al rialzo del dato sul Pil Usa c’è stata, come si attendeva il mercato, ma il risultato è stato addirittura superiore a quanto preventivato. Nel terzo trimestre, il Pil Usa è cresciuto del 2,9%, contro il 2,7% atteso e il 2,6% della stima precedente.
ZONA EURO: DOPO 17 mesi l’inflazione non sale
A novembre l'inflazione della zona euro, a differenza di quanto avviene in Italia, ha conosciuto, per la prima volta in 17 mesi, un calo ed è anche maggiore del previsto: da +10,6% a +10%, contro attese a 10,4%. Rimane fermo al 5% il dato sull’inflazione di fondo, come da attese. Questi dati hanno ovviamente aperto il dibattito sulle prossime mosse della Bce. Il calo maggiore delle attese, per alcuni, aumenta le speranze che la corsa del carovita abbia superato il picco e di conseguenza anche l'ipotesi di un rallentamento dei rialzi dei tassi della Banca centrale europea a dicembre (cioè ritocco di uno 0,5%). C’è però chi è più cauto, poiché a determinare il rallentamento del carovita è stato di gran lunga il dato dell'energia, mentre l'inflazione dei prodotti alimentari ha continuato ad accelerare. Cosa succederà? Il ritocco della Bce dovrebbe essere dello 0,5%, per poi procedere con altri due rialzi da 0,25% e fermarsi. Anche in questo caso si può, quindi, confermare il posizionamento sull’Etf Xtrackers II iBoxx Eurzn Gv Bd YP 1-3 (+0,3%) o sul portafoglio di titoli di Stato.
L'economia svizzera ha registrato una crescita trimestrale dello 0,2% nel terzo trimestre, leggermente superiore allo 0,1% annunciato nel trimestre precedente. In un anno, l'economia è cresciuta dello 0,5%. La Svizzera continua a fare bene in questi tempi difficili per le economie europee, ma a differenza della sua Borsa, i bond in franchi svizzeri non sono all’acquisto.
CINA: CONTINUA LA CONTRAZIONE DELL’ATTIVITà
L’attività economica cinese continua a mostrare segni di rallentamento. A novembre l’indice Pmi composito, che tiene conto sia dei servizi, sia della manifattura, è sceso a 47,1 da 49. Per quanto riguarda l’indice manifatturiero è calato da 49,2 a 48 punti con attese a 49. Risulta in netto calo anche l’indice dei servizi, da 48,7 a 46,7, sempre nettamente peggio delle attese (a 48). Si tratta di livelli ai minimi degli ultimi 7 mesi, oltre che indicativi di una contrazione, visto che sono lontani da quota 50 che separa la contrazione dall’espansione. Su questi dati pesa una domanda globale più debole, per quanto riguarda la manifattura, e in generale hanno influito i continui lockdown dovuti al Covid sia su manifattura e servizi. Tutto questo continua a gettare ombra sulle prospettive di crescita della Cina, almeno per quest’anno, tanto che lo stesso Fondo monetario internazionale ha detto che potrebbe anche dover rivedere al ribasso le stime sul gigante asiatico. Come detto più volte, nel medio termine la Cina ha diverse sfide da affrontare, ma nel lungo termine ha tutte le risorse per vincerle. Lo yuan rimane, così, in portafoglio con l’Etf iShares China CNY Bond (+1%).
Secondo il Fondo monetario, quella della Cina non è la sola crescita che potrebbe dover essere rivista. Infatti, sono sempre di più le possibilità che la crescita globale scenda al di sotto del 2% nel 2023, visti gli effetti della guerra in Ucraina e i rallentamenti di Europa, Cina e Stati Uniti.
BRASILE: PIL SOTTO LE ATTESE
L'economia brasiliana ha rallentato nel 3° trimestre, visto che la crescita trimestrale è stata solo dello 0,4% rispetto all’1,2% del trimestre precedente, quando le attese erano per un +0,7%. Su base annua, invece, il +3,6% messo a segno dal Pil è in accelerazione rispetto al +3,2% del 2° trimestre e dunque, seppur leggermente sotto le attese (a +3,7%), la crescita rimane robusta. Inoltre, a differenza della maggior parte dei mercati industrializzati, il Brasile offre tassi reali (cioè una volta tenuto conto dell’inflazione) ampiamente positivi, e a questo alto rendimento reale si aggiunge una moneta (il real) ancora sottovalutata rispetto all'euro. I bond in real rimangono, perciò, in portafoglio con HSBC GIF Brazil Bond AC USD (+2,4%).
Rimangono all’acquisto anche la corona norvegese, con Nordea 1 norwegian bond BP (+0,9%), quella svedese, con Nordea 1 swedish short term bond (-0,5%), e lo yen giapponese, con Ubs Japan Treasury 1-3y (+1,9%).
IL REAL DEBOLE

La quotazione del real nei confronti dell’euro è oggi su livelli decisamente bassi.
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