Il 2022 è stato un anno decisamente difficile per le obbligazioni. A pesare sui bond sono stati i rialzi dei tassi di interesse che ne hanno depresso il prezzo. Ciò che ha, però, influito particolarmente sull'andamento di tutte le obbligazioni mondiali è stata l'entità e la velocità dei rialzi del costo del denaro da parte delle Banche centrali. La stretta monetaria dovuta all'infiammarsi dell'inflazione in tutto il mondo è stata, infatti, tra le più veloci e le più ampie della storia. Mai la Bce aveva rialzato i tassi per un ammontare tale e in così poco tempo e anche per la Fed la stretta ha connotati storici. In una situazione del genere, nessuno strumento obbligazionario poteva salvarsi da un calo. Per te che investi anche su valute differenti da quella dell'eurozona bisogna, poi, tenere conto anche dell'effetto valutario. Oltre al calo dovuto al rialzo dei tassi, il valore dei prodotti su cui hai investito ha risentito anche dell’andamento delle rispettive valute. Tranne il caso del dollaro e del real brasiliano– vedi a lato – l’effetto cambio per te è stato negativo e così il 2022 è stato decisamente un anno pessimo per i bond.
La linea in grassetto rappresenta l’indice dei bond in dollari, quella intermedia l’indice dei bond in yuan cinesi e quella sottile l’indice dei bond in real brasiliani.
2023: COSA ASPETTARSI E A COSA STARE ATTENTI
Per il 2023 le prospettive di partenza sono quelle che vedono Banche centrali attive nella prima parte dell'anno con ulteriori rialzi dei tassi, per poi fermarsi. Questo è quanto annunciato dalla Fed, che dovrebbe portare i tassi fino al 5,25%, ma è anche lo scenario per la Bce. Per l'Istituto di Francoforte, però, i tassi potrebbero aumentare più di quanto preventivato fino a poco prima della riunione dello scorso dicembre. Ci si immaginava infatti che, dopo aver raggiunto il 2,5% a dicembre, i tassi sarebbero saliti per un totale di uno 0,5%, quindi fino al 3%. Tuttavia, dopo che la Bce ha parlato di un rialzo significativo del costo del denaro per combattere l'inflazione, le prospettive sono per tassi anche al 3,75%- 4%.
Rialzi nella prima parte dell'anno sono previsti anche per le Banche centrali norvegese e svedese, ma la vera novità del 2023 potrebbe arrivare dal Giappone. La Banca centrale giapponese ha mantenuto fino ad oggi i tassi a -0,1%, ma la mossa di fine dicembre con la quale ha aumentato il livello dei rendimenti che i titoli decennali possono raggiungere, portandolo allo 0,5%, può essere il preludio a un aumento dei tassi ufficiali.
Se la situazione attuale dovesse confermarsi, la Banca centrale brasiliana non dovrebbe, invece, mettere più mano alla propria politica monetaria alzando i tassi di interesse, ma non abbassandoli, perché questo Istituto si era già ampiamente mosso con il rialzo dei tassi molto prima delle altre Banche mondiali. La Cina farà storia a sé, e non è una novità, perché dovrà gestire le situazioni contingenti legate alla sua economia, come il Covid, il rallentamento delle esportazioni e altre sfide interne.
Queste sono le prospettive che abbiamo definito “di partenza”. Perché questa definizione? Le scelte che verranno effettivamente prese e che potranno essere più o meno restrittive in termini di politica monetaria dipenderanno da due grandi fattori: l'inflazione e l'andamento economico. Se le mosse già attuate dalle Banche centrali mostreranno che sono in grado di raffreddare i prezzi, come sperato - e come in certi Paesi i primi dati, seppur isolati e non ancora significativi, stanno dimostrando - non ci sarà bisogno di deviare da questo percorso aumentando i tassi più delle attese. Inoltre, la recessione potrà contribuire a rallentare la domanda e quindi a raffreddare ulteriormente i prezzi. Se, però, tutto questo non dovesse accadere, se per esempio dovesse esserci una recessione meno grave di quanto si potesse ipotizzare oppure se l'inflazione non dovesse demordere, allora l'operatività delle Banche centrali mondiali potrebbe essere differente da quella prospettata.
In grassetto rappresenta l’indice dei bond in yen giapponesi, quella intermedia l’indice dei bond in corone svedesi e quella sottile l’indice dei bond in corone norvegesi.
L'adamento del dollaro nell'ultimo anno ha sostenuto il risultato finale dell'obbligazionario a stelle strisce: il 2022 è stato, infatti, particolarmente positivo per il biglietto verde nei confronti dell'euro, controbilanciando l’effetto negativo sui prezzi del rialzo dei tassi. Un'altra valuta che ha guadagnato nel 2022 sull'euro è il real brasiliano, e così ha fatto anche l’obbligazionario brasiliano. La corona norvegese, quella svedese e lo yen hanno, invece, perso terreno e così hanno fatto i rispettivi bond.
Lo yuan cinese chiude l’anno con una flessione decisamente contenuta nei confronti dell'euro, anche se in questo caso il 2022 può essere diviso in due parti. Nella prima metà, lo yuan è andato molto forte, guadagnando molto terreno. Nella seconda metà, invece, ha perso tutto quanto guadagnato in precedenza e anche qualcosa di più.
Nei grafici trovi rappresentati come sono andati gli indici obbligazionari nelle sei diverse valute consigliate tenendo conto dell’andamento di prezzi, cedole incassate e tassi di cambio (sono tutti in base 100).
INVESTIRE IN BOND NEL 2023?
Per le obbligazioni, oltre all'incognita inflazione e crescita, che determineranno le scelte delle Banche centrali in fatto di tassi di interesse, c’è anche un altro fattore da tenere conto. In situazioni di recessione i bond, soprattutto quelli dei Paesi più solidi, possono essere una tipologia di investimento su cui puntare perché riescono a essere più resilienti. È una regola generale che, però, va poi calata all'interno dei singoli contesti geografici. Per la zona euro, la recessione potrebbe aggravare il problema dell'indebitamento elevato - vedi n° 1491 - e pesare dunque sulle quotazioni dei bond degli Stati più fragili, vedi l'Italia. In generale, in una situazione in cui la recessione non sarà particolarmente grave e non ci saranno mosse inattese o diverse da quelle che abbiamo descritto da parte delle Banche centrali, i prezzi dei bond potranno ancora scendere a causa del rialzo dei tassi: quindi è confermata la strategia di rimanere su scadenze brevi, anche perché per molti Paesi i rendimenti a breve scadenza sono maggiori di quelli a lunga. I maggiori rendimenti che si stanno registrando già dal 2022 inizieranno a compensare i cali subiti e quindi è possibile che le quotazioni dei prodotti potranno iniziare a recuperare terreno. Questo, come detto, in assenza di situazioni diverse da quelle attese oggi dai mercati.