La settimana delle obbligazioni. Inflazione: ecco cosa ci dice sui tassi

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
La scorsa settimana sono arrivati importanti dati dalla zona euro, dal Giappone e dalla Fed sul carovita, fondamentali per cercare di tracciare le prossime mosse delle rispettive Banche centrali. Come sono andati? E cosa aspettarsi nelle riunioni che arriveranno tra questa e le prossime settimane?
La stima preliminare dell’inflazione della zona euro parla di un carovita che continua nel suo percorso discendente, seppur in maniera più lenta delle attese. L’indice generale è passato dal 2,8% al 2,6%, mentre le attese erano per un 2,5%. L’inflazione di fondo, invece, passa dal 3,3% al 3,1%, quando le attese erano per un 2,9%. Un aspetto positivo è quello di avere un’inflazione dei servizi che rallenta, cosa che dovrebbe attenuare in parte le pressioni sui prezzi nei mesi successivi, rappresentate dal mercato del lavoro che rimane in salute: il tasso di disoccupazione a gennaio era al minimo storico del 6,4%. Come leggere questi dati in chiave Bce? Come detto, l’inflazione continua a rallentare: la dinamica è consolidata. Tuttavia, la velocità con cui rallenta non è quella attesa. Questo aspetto rinforza la convinzione degli esponenti della Bce secondo cui sia necessario aspettare e stare attenti, non si possono prendere decisioni affrettate. Tradotto: nessun ritocco nella riunione di questo giovedì, ma neppure in quella di aprile. Giugno continua a essere la data più accreditata.
In Giappone la strada per il primo rialzo dei tassi è oramai spianata. Anche alla Banca centrale, la Bank of Japan, cresce la consapevolezza che il 2% di inflazione sia stato raggiunto in maniera stabile. A confermare questa convinzione è il dato sul carovita di gennaio, che è stato più alto delle attese: i prezzi, esclusi gli alimenti freschi, sono aumentati del 2% rispetto a un anno fa. Si tratta di un dato in rallentamento rispetto al 2,3% precedente, ma la frenata è di entità inferiore di quanto previsto, visto che il mercato si attendeva un +1,9% annuo. Si tratta così del ventiduesimo mese consecutivo con l'inflazione a un livello pari o superiore al 2% obiettivo. Non solo: anche se si guarda al dato che esclude i prezzi dei prodotti alimentari freschi e dell’energia, la crescita è stata del 3,5% contro attese del 3,3%. La Bank of Japan metterà fine alla politica di tassi negativi che dura dal 2007. Aprile era, e rimane, la data più caldeggiata. Marzo, invece, rimane un’eventualità poco probabile.
Passando agli Stati Uniti, a gennaio la misura dell'inflazione preferita dalla Federal Reserve ha registrato un forte rimbalzo. Si tratta dell’inflazione di fondo dei prezzi al consumo personali, che misura l’evoluzione del carovita sulla spesa per consumi personali ad eccezione di energia e cibo. Il dato è aumentato dello 0,4% rispetto al mese precedente, la progressione più significativa da gennaio 2023. Le pressioni inflazionistiche, dunque, permangono, e non poteva essere altrimenti visto che l’economia a stelle e strisce corre e i consumi fanno ancora meglio – vedi a lato. Se la Fed deve rimanere vigile, è anche vero che su base annuale l'aumento dell’inflazione dei prezzi al consumo personali è stato del 2,8%, invariato rispetto al mese precedente. Significa, dunque, che il percorso verso il 2% obiettivo prosegue e che il dato di gennaio non sposta gli equilibri. Tuttavia, sembra dare ragione alla Fed: i tassi non devono essere alzati, ma non c’è fretta – e non bisogna averne – nell’abbassare il costo del denaro. Come per la Bce, giugno è la data più probabile per il primo taglio dei tassi.
BRASILE FERMO, CINA CONTRASTATA
Nel quarto trimestre del 2023 il Brasile ha di nuovo registrato una crescita pari a zero rispetto al trimestre precedente e solo pari al 2,1% su un anno (si tratta di dati sotto le attese, rispettivamente, a +0,1% e +2,2%). Dopo un buon primo semestre, la più grande economia del Sudamerica registra un secondo semestre deludente, visto che anche nel terzo trimestre la crescita era stata pari a zero. L’attuale livello dell’inflazione brasiliana permette alla Banca centrale di continuare a tagliare i tassi e quindi la riduzione del costo del denaro stimolerà la crescita: si prevede un 2024 con un Pil comunque positivo e in ripresa rispetto alla seconda parte del 2023.
I dati provenienti dalla Cina riguardanti il Pmi sono stati, invece, contrastanti. Guardando all’attività manifatturiera, quest’ultima si è contratta per il quinto mese consecutivo, visto che il rispettivo indice ha fatto segnare 49,1 punti, in peggioramento dai 49,2 punti di gennaio (ma meglio delle attese a 49 punti). I dati fanno pensare che la domanda cinese sia ancora debole. È, invece, salito l’indice non manifatturiero, che ha fatto segnare 51,4 punti, dai 50,7 punti precedenti, mentre le attese erano per 50,9 punti. A sostenere i servizi sono stati i viaggi e il turismo, complici le vacanze in Cina. Riassumendo, le difficoltà cinesi permangono e sono così sempre più numerose le voci che chiedono interventi a sostegno dell’economia più importanti rispetto al recente taglio dei tassi d’interesse.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (+0,1%)
Nordea 1 norwegian bond BP (-0,3%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (+0,1%)
iShares $ High Yield Corp Bond (invariato)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (+1,4%)
Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (-0,1%)
iShares China CNY Bond (+0,5%)
Vanguard USD Treasury Bond Ucits Etf Dis (+0,4%)
Xtrackers II US Treasuries Ucits Etf 1D (+0,4%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (-0,3%)
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