La settimana delle obbligazioni. Tassi: le Banche centrali temporeggiano

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
La Banca centrale europea ha optato per una comunicazione equilibrata tra rischi e risultati raggiunti in termini di inflazione, ma ha aggiunto un altro indizio su quando potrebbe iniziare a tagliare i tassi, che in realtà suona più come una conferma di qualcosa che già aveva detto. Riassumendo: tassi fermi al 4,5%, quelli ufficiali, e al 4% quelli sui depositi. Per quanto riguarda l’inflazione, nonostante il dato di febbraio sia stato superiore alle attese scendendo meno di quanto prospettato, sono stati fatti importanti passi in avanti, tali da abbassare le stime sul carovita rispetto a quelle di dicembre – vedi a lato. Tuttavia, ci sono ancora delle pressioni sui prezzi, soprattutto dal lato della crescita dei salari, ma non è l’unico, vedi sempre a lato. I salari sono ora superiori al carovita e quindi supportano il potere d’acquisto delle famiglie -vedi grafico. La Bce ha così detto di non essere sufficientemente certa del calo dell’inflazione per tagliare i tassi ora, ma ha anche detto che a giugno, con nuovi dati e nuove stime, se ne saprà di più. Ancora una volta, dunque, la Bce ha indicato giugno, come già fatto esplicitamente in passato, come momento cruciale. Dunque, niente tagli ad aprile, mentre giugno continua a essere ritenuto il mese giusto e tutto va in quella direzione.
USA: CI SI PENSA A GIUGNO (O LUGLIO)
Come da tradizione, negli Stati Uniti la pubblicazione del Beige book precede la riunione della Fed, dato che è il bollettino sullo stato di salute dell’economia americana che serve da base per le decisioni durante le riunioni sui tassi d’interesse. Nell’ultimo bollettino si dice che l’attività economica americana "è leggermente aumentata" dall’inizio di gennaio e rimangono positive anche le attese per la crescita futura. L’attività manifatturiera è rimasta ferma, mentre l’occupazione è aumentata a un ritmo che il Beige book descrive “tra il leggero e il modesto”. Sullo stato di salute del mercato del lavoro americano sono poi arrivati anche i dati di febbraio sulla creazione di posti di lavoro e sul tasso disoccupazione. Il numero di posti di lavoro creati ha superato ancora una volta le attese, ma la crescita dei salari ha rallentato. I dati dicono, quindi, che l’economia americana non sta incontrando difficoltà a gestire gli alti tassi d’interesse e la resilienza del mercato del lavoro non mette fretta nel prendere decisioni. Tutto questo ha portato il governatore della Fed, Powell, a ribadire che non c’è nessuna urgenza di abbassare i tassi d’interesse. Bisogna essere cauti nelle decisioni e nel breve periodo non ci sono tagli in vista, benché lo stesso Powell abbia ribadito che “in un qualche momento” del 2024 i tassi saranno tagliati. Ma quale sarebbe questo “qualche momento”? Non sarà né questo marzo, né maggio. La prima data utile è la riunione di giugno e comunque il primo taglio dei tassi dovrebbe arrivare entro la riunione di luglio. Successivamente ci saranno tre riunioni entro la fine del 2024, per cui, in tutto, oggi permangono invariate le prospettive di un calo dei tassi totale nel 2024 dello 0,75%.
CINA: ANNUNCIATI GLI OBIETTIVI DI CRESCITA
La Cina ha comunicato i suoi obiettivi per il 2024. La crescita del Pil è stata fissata al 5%, l’inflazione al 3%. Si tratta di obiettivi non così semplici da raggiungere, viste le difficoltà che la Cina sta incontrando in termini di domanda interna, con la crisi del settore immobiliare e con la lotta alla deflazione. E proprio a proposito di questo, a febbraio i prezzi sono tornati in territorio positivo su base annua. A gennaio il carovita aveva segnato un -0,8% annuo, mentre a febbraio il dato comunicato parla di un +0,7%, contro attese di un +0,3%. I prezzi alla produzione, invece, continuano a rimanere in territorio negativo, sintomo che le pressioni deflazionistiche permangono. Il Governo cinese ha, inoltre, comunicato delle misure di sostegno all’economia, soprattutto in aiuto agli enti locali per alleggerirli dal fardello dell’indebitamento. Pechino vuole infatti emettere circa 1.000 miliardi di yuan, circa 128 miliardi di euro, di bond a lunghissima scadenza.
GIAPPONE: TUTTO PRONTO PER APRILE
L'inflazione dell'area di Tokyo è considerata un anticipatore di quello che sarà il carovita dell'intero Giappone e a febbraio i prezzi nella capitale sono saliti del 2,5% sia per quanto riguarda l'indice generale, sia per l'inflazione di fondo. Si tratta di un'accelerazione per l'inflazione di fondo rispetto a gennaio, che parlava di un +1,8%, e anche se in linea con le attese, il dato conferma una volta di più come in Giappone l'inflazione sembri essere finalmente tornata in maniera stabile attorno al 2% obiettivo. Ma non è tutto qui. I dati sui salari hanno mostrato l’accelerazione maggiore dallo scorso giugno. Cosa significa questo per quanto riguarda le scelte in termini di politica monetaria della Bank of Japan? Le possibilità che ad aprile ci sia un rialzo dei tassi diventano sempre maggiori, se non addirittura si può parlare di evento molto probabile. La riunione di marzo dovrebbe, invece, vedere tassi ancora fermi a -0,1%, benché ci sia anche chi punta su una sorpresa già questo mese – che sembra però meno probabile.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (+0,9%)
Nordea 1 norwegian bond BP (+2%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (+0,1%)
iShares $ High Yield Corp Bond (-0,3%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (-1,2%)X
trackers II High Yield Corporate Bond 1D (+0,3%)
iShares China CNY Bond (-0,8%)
Vanguard USD Treasury Bond Ucits Etf Dis (-0,4%)
Xtrackers II US Treasuries Ucits Etf 1D (-0,3%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (+1,3%)
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