La settimana delle obbligazioni: cosa aspettarsi dai tassi

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Questa settimana si riuniranno tutte le Banche centrali dei Paesi di cui consigliamo le obbligazioni, con la sola eccezione della Banca centrale europea che già si è riunita due settimane fa lasciando i tassi invariati. Il non toccare i tassi sarà una delle scelte più adottate questa settimana dai diversi Istituti, con una sola eccezione. Questo non vuol dire, però, che non ci saranno novità o spunti interessanti dalle riunioni delle rispettive Banche centrali. Siamo, infatti, in una situazione in cui si sta ragionando su quando poter intervenire sui tassi e le riunioni di questa settimana potranno portare ulteriori indizi per formulare in maniera sempre più corretta e realistica le aspettative sulle mosse future.
Procedendo in ordine cronologico, si parte con l’Asia. Tra le prime a riunirsi ci sarà la Banca centrale giapponese (martedì 19). La revisione del Pil del quarto trimestre, passato dal -0,4% della stima preliminare a +0,4% sancendo così che il Giappone non è in recessione, ha portato a rilanciare le scommesse di un rialzo dei tassi già questa settimana. In realtà il dato sui consumi in calo, tra l’altro più della stima preliminare, dimostra come il potere d’acquisto delle famiglie sia ancora in forte difficoltà. Dopotutto, nell’ultimo anno l’inflazione è stata superiore agli aumenti salari. Ed è proprio questo il punto: le contrattazioni sindacali sui salari hanno portato ad accordi per aumenti molto consistenti – vedi a lato - e questo porta la Bank of Japan a essere pronta ad alzare i tassi. In conclusione: l’epoca dei tassi negativi terminerà entro aprile, questo è certo. Le attese sono combattute e non sarebbe una sorpresa se già questo martedì ci fosse il rialzo, portando i tassi da -0,1% a 0%.
Sempre martedì 19 è attesa una decisione della Banca centrale cinese. L’Istituto di Pechino è, tuttavia, molto riluttante a usare la leva della politica monetaria e potrebbe ancora una volta deludere i mercati, che non si aspettano novità sul fronte tassi.
Mercoledì 20 sarà, invece, la volta delle Americhe con Stati Uniti e Brasile.
La Fed lascerà i tassi fermi visto l’andamento dei prezzi: dopo un forte calo nella prima metà del 2023, l’inflazione americana è rimasta sostanzialmente stabile, variando relativamente poco. Ai livelli attuali, continua a resistere e tarda a ritornare all'obiettivo del 2%. L’indice generale dei prezzi al consumo è, infatti, salito del 3,2% annuo a febbraio, con le attese che prevedevano un +3,1% in stabilità con il dato di gennaio.
L’inflazione di fondo, che è poi la misura che più interessa le Banche centrali, Fed compresa, è invece passata dal 3,9% di gennaio al 3,8% di febbraio, deludendo però le attese di mercato che puntavano a +3,7%. A determinare il rialzo di febbraio sono stati soprattutto i costi della benzina e degli alloggi, lasciando intendere che permangono pressioni sui prezzi. La Fed continua a ripetere che taglierà i tassi in questo 2024, e che non manca molto per convincersi che è arrivato il momento di farlo. Tuttavia, alla fine il numero di tagli potrebbe essere minore di quello previsto. Come non verranno tagliati mercoledì, i tassi non verranno tagliati neppure a maggio. Rimangono sempre in auge giugno (circa il 60% di possibilità) e luglio (80% di possibilità).
Chi invece taglierà i tassi è la Banca centrale brasiliana, che mercoledì procederà con un’altra sforbiciata dello 0,5%, portando così il costo del denaro al 10,75% e proseguendo nel percorso di riduzione del costo del denaro (sarà il sesto taglio consecutivo). Questo nonostante un’inflazione che a febbraio non è scesa: il dato annuale parla infatti di 4,5%, praticamente allineato al 4,51% di gennaio (le attese erano per un 4,44%). In generale, le attese sono per un livello del costo del denaro al 9% a fine anno. Dato che oltre a quella di mercoledì ci sono altre sei riunioni, le attese di un costo del denaro al 9% a fine 2024 sono coerenti con un altro taglio dello 0,5% nella riunione di maggio e poi sempre tagli dello 0,25% nelle altre cinque rimanenti. Se dovesse risalire l’inflazione, però, la mossa della Banca centrale potrebbe essere quella di concludere in anticipo con i tagli da 0,5%, procedendo solo con quelli da 0,25% già da maggio – ed eventualmente, se necessario, prendersi qualche pausa.
In Europa si riunirà, infine, la Banca centrale norvegese (giovedì 21). Anche in questo caso la decisione è scontata: tassi fermi in quanto nei piani della Norges Bank c’è il taglio dei tassi solo a fine anno, benché il dato sull’inflazione di febbraio – sotto le attese - stia alimentando attese sui mercati di interventi che potrebbero arrivare prima di quella data. In realtà, quanto emerso dal carovita di febbraio non ha avuto particolari effetti sulla Banca centrale. È stata certamente una notizia positiva, che dimostra un carovita norvegese sul sentiero del ribasso ormai in maniera stabile, ma l’inflazione rimarrà comunque alta per un periodo di tempo lungo – l’obiettivo è il 2% e il carovita sarà più alto di questo livello per molti mesi ancora, e questo fa propendere di conseguenza per tassi fermi per molto tempo. A questo, poi, si aggiunge che la stessa Banca centrale teme un taglio dei tassi prematuro, che rovinerebbe i piani contro il carovita.
COME VANNO I PRODOTTI?
Ubs Japan Treasury 1-3y (-0,7%)
Nordea 1 norwegian bond BP (-1,8%); Wisdomtree Long Nok Short Eur (-1,3%)
iShares $ High Yield Corp Bond (+0,1%)
HSBC GIF Brazil Bond AC USD (-0,2%)
Xtrackers II High Yield Corporate Bond 1D (invariato)
iShares China CNY Bond (invariato)
Vanguard USD Treasury Bond Ucits Etf Dis (-0,9%); Xtrackers II US Treasuries Ucits Etf 1D (-0,7%)
Ishares Eu Govt Bond 5-7y Ucits Etf Dist (-0,9%)
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