La settimana delle obbligazioni: con i tassi si va avanti, ma gradualmente

La settimana delle obbligazioni
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CINA: PACCHETTO DI AIUTI DALLA BANCA CENTRALE
Senza dubbio una delle maggiori notizie sui mercati della scorsa settimana è stata la decisione della Banca centrale cinese di intervenire a sostegno dell'economia. Il pacchetto varato ha come obiettivo quello di stimolare la domanda di prestiti e di mutui, cercando di dare un sostegno a tutta l’economia, ma soprattutto al settore immobiliare in forte difficoltà. La decisione di tagliare i tassi di riferimento per i prestiti e i mutui e di facilitare l'acquisto delle seconde case sono chiaramente diretti al sostegno del grande malato dell'economia cinese, il settore immobiliare appunto, la cui crisi sta influenzando negativamente l'intera economia e la fiducia dei consumatori. Tuttavia, con una fiducia sul futuro relativamente bassa, una disoccupazione elevata e un contesto di prezzi delle case in continuo calo, questa mossa da parte della Banca centrale rischia di risultare poco efficace.
Un altro aspetto che manca nel pacchetto di stimoli odierno è la parte fiscale. Quest'ultima è di competenza del Governo, che al momento non sembra intenzionato a intervenire, lasciando così al momento sprovvista la Cina di un pacchetto di stimoli che sostenga la domanda interna. Probabilmente dal Governo un intervento del genere viene considerato come la soluzione estrema qualora il rallentamento economico cinese fosse di tale portata da non consentire più il raggiungimento del 5% di crescita che è l'obiettivo per quest’anno.
GIAPPONE: SENZA FRETTA, MA UN ALTRO RIALZO…
Dal Giappone il governatore della Banca centrale fa sapere che l'intenzione è quella di alzare ulteriormente i tassi di interesse qualora i dati lo consentano, ma ha anche ribadito che non ha nessuna fretta di farlo. La Bank of Japan vuole avere tutti i dati a disposizione per evitare di prendere decisioni affrettate. Queste dichiarazioni vanno, quindi, nel verso di rafforzare la convinzione che non ci sarà alcun rialzo dei tassi a ottobre, già difficile di suo per la concomitanza con le elezioni in Giappone, oltre alla scarsità di dati disponibili entro la riunione prevista. Nel frattempo, però, qualche indicazione sui prezzi continua ad arrivare. L'inflazione di Tokyo, che rappresenta un anticipatore dell'inflazione dell'intero Giappone, a settembre è scesa dal 2,6% al 2,2%, mentre quella di fondo si è attestata al 2%, come atteso, dal 2,4%.
EUROPA: ARRIVA UN TAGLIO GIÀ AD OTTOBRE?
Per quanto riguarda il Vecchio Continente, i dati preliminari sul Pmi di settembre mostrano un’economia della zona euro in rallentamento. L’indice Pmi composito, cioè quello che considera attività manifatturiera e servizi, ha fatto segnare 48,9 punti, dunque sotto la soglia dei 50 punti che rappresenta il confine tra espansione e contrazione. Questa contrazione è stata causata dal settore manifatturiero, che ha registrato la diciottesima flessione mensile consecutiva e al tasso più veloce in un anno. Si aggrava dunque la situazione, già problematica, del manifatturiero. Il relativo indice, infatti, scende da 45,8 a 44,8 punti, facendo così anche peggio delle attese (a 45,7 punti). I servizi sono ancora in espansione, 50,5 punti, ma la loro crescita va rallentando (era 52,9 a agosto, benché spinto dall’effetto Olimpiadi) e sono sotto le attese (a 52,3 punti). Sul fronte dei prezzi, sia quelli di vendita sia quelli di acquisto sono andati riducendosi. Dopotutto, la debolezza della domanda non poteva non riflettersi sulle dinamiche inflazionistiche. Si tratta di una notizia positiva per la Bce, attenta a monitorare le diverse pressioni provenienti dai prezzi. E proprio dalla Bce arrivano dichiarazioni che confermano la volontà di continuare a tagliare i tassi: le prospettive sono infatti quelle di graduali tagli nel 2024 e anche per una parte del 2025. E c’è chi, dopo i dati sul Pmi, inizia a scommettere su un taglio dei tassi che arriverà ad ottobre…
USA: DATI CHE VANNO NEL VERSO GIUSTO
L'indice dei prezzi delle spese dei consumi personali è l'indicatore preferito da parte della Federal Reserve quando quest’ultima deve monitorare l'andamento dell'inflazione. I dati di agosto hanno mostrato dei valori in linea con attese di mercato e quando non lo sono stati, erano sotto quanto previsto dal mercato stesso. Quelli della scorsa settimana sono stati dunque dati che non portano la Fed a dover rivedere i propri piani e la propria valutazione sull'andamento dell'inflazione. In altri termini, sono stati positivi e così le possibilità di ulteriori tagli nelle prossime riunioni rimangono inalterate.
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