La settimana delle obbligazioni. Prima la Bce, poi la Fed: arrivano i tagli

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Con la Bank of Canada è ufficialmente iniziato il giro delle riunioni delle Banche centrali mondiali. Quella canadese ha tagliato i tassi per la terza volta consecutiva e dalle sue dichiarazioni non fa trasparire alcuna voglia di fermarsi. I bond in dollari canadesi non sono all’acquisto, né nei nostri portafogli, né nelle strategie extra-portafoglio.
Quanto fatto dall’Istituto canadese sarà riproposto dalla Banca centrale europea questa settimana. La Bce taglierà, infatti, i tassi dello 0,25%, portando così il costo del denaro al 4% (il tasso sui depositi sarà portato al 3,5%). A differenza della collega canadese, non c’è, però, da aspettarsi alcuna indicazione sulle mosse future della Bce, che rimane fedele all’approccio legato ai dati via via disponibili per prendere qualsiasi decisione. Dopotutto, la Bce si trova a dover gestire una situazione in cui la crescita è anemica – il Pil del secondo trimestre è stato rivisto, inaspettatamente, a +0,2% dal +0,3% della stima preliminare e sia i consumi sia gli investimenti risultano in calo. L’inflazione, invece, pur con una dinamica in calo, continua a essere minacciata da pressioni sui prezzi che non consentono una veloce riduzione dei tassi d’interesse.
IL BRASILE CRESCE, TROPPO, E CREA PROBLEMI ALLA BANCA CENTRALE
L'economia brasiliana cresce e lo fa anche più delle attese. Di solito dati sul Pil particolarmente positivi sono un'ottima notizia per un Paese. Nel caso brasiliano c'è, però, anche chi questi dati li legge come fonte di un problema: si tratta della Banca centrale. L'inflazione è ormai al limite superiore dell'intervallo che la Banca centrale si è data come obiettivo in termini di carovita: le pressioni inflazionistiche ci sono e un'economia che cresce in modo spedito e mostra segni di surriscaldamento non fanno altro che aggiungere ulteriori pressioni sui prezzi. La crescita è stata resa possibile dalla maggiore capacità di spesa dei consumatori: i trasferimenti governativi e l’aumento del salario minimo garantito hanno, di fatto, aumentato il potere d'acquisto e la disponibilità di spesa dei consumatori. Se da una parte la politica fiscale brasiliana sta producendo degli effetti sulla capacità reddituale delle persone, dall'altra continua a creare molte tensioni sui mercati circa la capacità di mantenere in ordine i conti pubblici. L'altro problema che sta creando è quello di un'economia che cresce troppo e quindi è necessario tornare ad alzare i tassi di interesse. Con un'inflazione ormai al limite dell'obiettivo e una crescita così sostenuta, ci sarà bisogno di tornare ad alzare i tassi di interesse: sono già molte le scommesse sul fatto che questo aumento arrivi nella riunione di settembre. I bond in real restano a mantenere.
Guardando al futuro dei tassi di eurolandia, quale sarà la loro evoluzione? Le attese sono per sforbiciate trimestrali. Il prossimo taglio arriverà, quindi, nella riunione di dicembre, per poi procedere di trimestre in trimestre fino a portare il costo del denaro al 3%. Dunque, nel 2025 dovrebbero arrivare altri quattro tagli. E dopo? Più ci si allontana, più fare previsioni è difficile (senza contare che nell’attuale momento storico è più difficile che mai fare previsioni anche a breve termine), ma l’idea di fondo è quella per cui fino a fine 2026 i tassi rimarranno al 3%.
I DATI USA SONO UTILI ALLA FED
Il Beige book, cioè il tradizionale bollettino sullo stato di salute dell’economia Usa che fa da base alle decisioni della Fed, è pieno di indicazioni favorevoli al taglio dei tassi a stelle e strisce. Secondo il Beige book, nelle ultime settimane l'attività economica è rimasta stabile o in calo nella maggior parte delle regioni degli Stati Uniti. Il numero di distretti che hanno segnalato un'attività stabile o in calo è salito a nove nelle ultime settimane, rispetto ai cinque del periodo precedente.
Tuttavia, il dato più importante era quello sul mercato del lavoro di agosto e quanto pubblicato comunica un messaggio inequivocabile: c’è un rallentamento. Il numero di posti di lavoro creati negli Usa ad agosto, sia nel settore privato, sia anche considerando il settore pubblico, è inferiore alle attese e non solo: il dato del mese di luglio è stato rivisto al ribasso. Il taglio dei tassi era già scontato prima di questi dati, ma questi ultimi hanno comunque avuto un effetto sui mercati. Se una settimana fa la possibilità di un taglio dello 0,5% - il cosiddetto taglio jumbo – era solo del 30%, dopo questi dati è salita al 60%.
In realtà, attese così forti su un taglio dello 0,5% sembrano esagerate. Il mercato del lavoro è meno vivace, ma continua a creare abbastanza posti di lavoro per prevenire un'impennata della disoccupazione e sostenere i consumi delle famiglie.
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