La settimana delle obbligazioni: altri tagli dei tassi da Fed e Bce, ma…

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
FED: TRE MOTIVI PER UN TAGLIO DELLO 0,25%
Le attese dei mercati in fatto di taglio dei tassi di interesse negli Stati Uniti sono completamente cambiate nel giro di pochissimo tempo, a ruota con i dati provenienti dall'economia. Solo un paio di settimane fa i mercati scontavano, infatti, un taglio dei tassi a novembre dello 0,25% con una probabilità del 66%. Il restante 34% era per un altro taglio dello 0,5%. Ora i mercati hanno completamente abbandonato l'ipotesi di una riduzione dello 0,5%: non ci sono possibilità che questo accada. Non hanno però abbandonato l'idea di un altro taglio che sarà dello 0,25%. Addirittura, c'è una parte, sebbene molto limitata e dunque poco significativa, che ritiene che la Federal Reserve potrebbe in realtà non fare assolutamente nulla e lasciare i tassi invariati nell'intervallo attuale compreso tra il 4,75% e il 5%. Come mai questo cambiamento? I motivi sono essenzialmente tre.
Primo. Il governatore Powell aveva giustificato, nella precedente riunione, la scelta di un taglio dello 0,5% in un'ottica di gestione del rischio. L'idea era la seguente: optare per un taglio significativo dei tassi subito per consentire al mercato del lavoro di non rallentare, ma di rimanere robusto, per evitare ricadute sui consumi e quindi anche sull'economia. Un approccio non ripetitivo nel tempo, ma da mossa singola.
Secondo. A settembre l’inflazione di fondo negli Usa è salita più delle attese, ma contemporaneamente ha fatto da contraltare il dato sui sussidi disoccupazione settimanali, che hanno conosciuto un drastico rialzo. L'uragano Milton ha indubbiamente impattato negativamente su questo dato, ma è altrettanto vero che questo rialzo non può completamente essere imputato alle sole condizioni climatiche. I dati macroeconomici sono dunque contrastanti e indicherebbero soluzioni di senso opposto: la Fed non ha quindi argomenti robusti per procedere con altri tagli dello 0,5%.
Terzo. Dai verbali dell'ultima riunione della Fed, durante la quale è stato deciso iol taglio dello 0,5%, si scopre che una parte dei funzionari della Banca centrale Usa avrebbero preferito un approccio più graduale, esprimendosi a favore di un taglio dello 0,25%. Questa divisione all'interno del comitato decisionale della Fed non potrà che esserci anche nella prossima riunione di novembre, alla luce dei dati sull’inflazione.
Riassumendo: la Fed continuerà con la sua politica di alleggerimento con un taglio dei tassi dello 0,25% e dunque l’attuale strategia sui dollari può essere confermata.
BCE: ARRIVA UN ALTRO TAGLIO
Questa settimana, giovedì 17, la Banca centrale europea si riunirà per definire il livello dei tassi di interesse di Eurolandia e la decisione è data per scontata: arriverà un altro taglio dello 0,25%. Si tratta di un'eventualità che ha preso sempre più corpo di settimana in settimana in seguito ai dati provenienti dall'inflazione, dall'economia che mostra segnali di rallentamento e in scia alle dichiarazioni dei diversi esponenti della Bce. L'errore che però non va fatto è quello di pensare che un taglio ad ottobre sia l'indizio di un'accelerazione nel percorso di allentamento monetario da parte della Banca centrale europea.
La maggior parte dei dati più significativi monitorati dalla Bce arriveranno infatti a dicembre, mese in cui si terrà l'ultima riunione dell'anno e in cui l'istituto di Francoforte comunicherà le nuove stime su inflazione e Pil. La Bce, coerentemente con il suo approccio guidato dai dati, proseguirà riunione dopo riunione, muovendosi con cautela, per evitare di prendere decisioni che possano minacciare la lotta ai prezzi, ma, al contempo, non minino la crescita economica. Si tratta di un approccio improntato alla cautela che è chiaramente emerso, tra l’altro, dai verbali dell’ultima riunione. In questo contesto, tutto è confermato per i bond della zona euro.
NORVEGIA: INFLAZIONE PIÙ BASSA, MA NIENTE TAGLI
Il processo disinflazionistico in Norvegia continua, allungando la serie di dati sul carovita non solo in calo, ma anche più di quanto atteso dal mercato e dalla stessa Norges Bank, la Banca centrale norvegese. Tuttavia, non bisogna pensare che qualcosa possa cambiare sulla gestione della politica monetaria: i tassi non saranno toccati per tutto il 2024. L'istituto di Oslo, infatti, teme una serie di minacce che gravano sull'inflazione: aumenti salariali, debolezza della corona e prezzi dell’energia. Quest’ultimi impattano oggi solo sull'indice generale dei prezzi, ma in futuro potrebbero influenzare anche la componente di fondo dell’inflazione. Se quest’ultima ha rallentato, quella generale ha invece accelerato dal 2,6% al 3,1% annuale a settembre, oltre le attese (al 3%): tutta colpa dei prezzi dell’elettricità. Non dovendosi attendere novità dal fronte Norges Bank, non ci sono novità neppure nei consigli: la corona norvegese continua ad esse consigliata.
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