La settimana delle obbligazioni: arriva il taglio della Fed… e poi?

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Le attese dei mercati sull’operatività della Banca centrale europea sono ancora una volta cambiate, tornando a prevedere un taglio dello 0,25% a dicembre, anziché dello 0,5%, e questo alla luce dei dati della scorsa settimana, che hanno mostrato dati superiori alle attese sia per il Pil sia per l’inflazione. Il Pil del terzo trimestre è infatti cresciuto, rispetto al trimestre precedente, dello 0,4%, accelerando così rispetto allo 0,2% messo a segno nel secondo trimestre e battendo le attese dei mercati poste a +0,2%. Il dato annuale parla di una crescita pari allo 0,9%, che supera le attese dello 0,8% e fa segnare anche in questo caso una netta accelerazione rispetto al secondo trimestre (+0,6%). Sul fronte dei prezzi, nella zona euro sono aumentati a ottobre e questa non è una sorpresa, visto che la stessa Bce aveva annunciato un rialzo, temporaneo, dell’inflazione. Il dato di ottobre, però, ha mostrato un rialzo superiore alle attese, con l’indice generale che è passato dall’1,7% al 2% (attese a +1,9%), mentre l’inflazione di fondo è rimasta stabile al 2,7%, quando le attese erano per un leggero calo al 2,6%. L'aumento dell'inflazione di ottobre non impedirà alla Bce di continuare l'allentamento monetario, ma, insieme al dato sul Pil della zona euro, confermano che il prossimo rialzo, a dicembre, sarà dello 0,25%, anziché dello 0,5%. Per il 2025 prende, poi, piede una nuova prospettiva: se prima ci si attendeva un taglio ogni riunione fino a metà anno, ora i tagli potrebbero avvenire di trimestre in trimestre, rallentando il processo di allentamento monetario. È però ancora troppo presto per formulare ipotesi per il 2025.
USA: PIL, PREZZI E LAVORO
I dati sul Pil Usa, seppur leggermente sotto le attese, mostrano un'economia a stelle e strisce che continua a crescere a un ritmo decisamente positivo. La chiave di lettura favorevole è data dal fatto che l’economia Usa mostra una solida crescita sostenuta da una robusta domanda interna. I consumi, colonna portante dell’economia Usa, sono cresciuti del 3,7% contro il +2,8% mostrato nel trimestre precedente. Non solo. Se si va a guardare una misura della crescita di fondo che combina la spesa dei consumatori e gli investimenti delle imprese, di fatto una rappresentazione della crescita interna, si scopre che è aumentata del 3,2%, il dato più alto di quest'anno. La crescita economica non mostra, quindi, la necessità di tagliare i tassi in maniera generosa come è stato fatto a settembre.
La scorsa settimana si sono avuti, però, anche i dati sull'indice Pce, cioè l'indice dei prezzi al consumo delle spese personali, che è l'indicatore preferito della Fed in termini di carovita: il dato trimestrale ha mostrato un netto calo rispetto al secondo trimestre. I dati sul mercato del lavoro di ottobre, invece, sono poco significativi: il numero di buste paga è stato inferiore alle attese, ma è anche vero che è stato fortemente influenzato da scioperi e uragani.
I dati consentono alla Fed di continuare nel percorso di allentamento monetario e quindi nella riunione di questa settimana i tassi saranno tagliati. Sull’ampiezza del taglio non sembrano ormai esserci dubbi: i mercati scontano con probabilità attorno al 98% un taglio dello 0,25% da parte della Fed e credono fermamente in un altro taglio a dicembre.
GIAPPONE: I RIALZI ARRIVERANNO
Dato il contesto di elevata incertezza, tra esito delle elezioni giapponesi e l’attesa per quello delle elezioni americane, non ci si attendeva alcuna mossa dalla Banca centrale giapponese e alla fine così è stato. La Bank of Japan (BoJ) ha lasciato i tassi fermi allo 0,25%, ma questo livello del costo del denaro non è destinato a durare a lungo. La Banca centrale giapponese, infatti, proseguirà con il rialzo dei tassi. Questo è l'indizio che si può carpire dalle dichiarazioni dell'istituto di Tokyo, ma anche dall'andamento di alcune variabili determinanti per le pressioni inflazionistiche. La BoJ ritiene di essere sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo di inflazione, che significa che prevede ancora un'inflazione in rialzo o comunque stabilmente al 2% - una situazione che consente di alzare ulteriormente i tassi di interesse, ma non solo. Mantiene, inoltre, la sua visione sulla presenza di pressioni inflazionistiche all'interno del Giappone e vede negli aumenti dei salari un chiaro segnale di possibili rialzi dei prezzi in futuro. Dunque, salari in aumento, prezzi visti ancora in rialzo e lo yen debole sono tre elementi che rendono necessario proseguire con il rialzo dei tassi.
SEGNALI DI STABILIZZAZIONE IN CINA
I primi dati che riguardano l'inizio del quarto trimestre del 2024, e soprattutto i primi dati successivi al piano di stimoli varato dalla Cina, presentano dei segnali incoraggianti. Gli indici Pmi di ottobre, infatti, hanno mostrato un rialzo rispetto a settembre. Non sempre sono stati in grado di battere le attese, ma il risultato finale è stato quello di avere un'attività economica in Cina che si è espansa – sia i servizi sia la manifattura sono in crescita - e lo ha fatto a un tasso superiore a quanto realizzato a settembre. I dati di ottobre sono una buona notizia e alimentano speranze per l'andamento generale dell'ultimo trimestre per l'economia cinese, che ha bisogno di raggiungere l'obiettivo del 5% di crescita annua fissata dal Governo. Sono, inoltre, dati che arrivano il mese successivo all'entrata in vigore degli stimoli varati dalla Cina, lasciando presagire la possibilità di effetti positivi sull'economia. Si tratta comunque sempre di un singolo dato, quindi non dimostra nulla di certo: è un segnale di stabilizzazione, importante, che però dovrà essere confermato con altri dati non solo per il Pmi dei prossimi mesi, ma anche sugli altri indicatori che arriveranno dall'economia cinese per il mese di ottobre.
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