La settimana delle obbligazioni. Servizi e crescita: i dubbi della Bce

La settimana delle obbligazioni
L’attività economica della zona euro è in contrazione, ma i salari aumentano e i prezzi dei servizi rimangono alti: cosa farà la Bce?
La settimana delle obbligazioni
L’attività economica della zona euro è in contrazione, ma i salari aumentano e i prezzi dei servizi rimangono alti: cosa farà la Bce?
La riunione della Bce di dicembre si avvicina e aumentano i dati che serviranno poi all’Istituto di Francoforte per prendere la sua decisione in fatto di tassi. Immancabili, come sempre, arrivano anche le dichiarazioni dei diversi esponenti della Bce. Partiamo dai dati. L'inflazione dell'area euro di ottobre è stata confermata, con la stima finale, al 2% annuale, mentre il dato sull'inflazione di fondo, quella cioè calcolata al netto di cibo e di energia, è stata confermata al 2,7% annuo. In questo contesto, l'inflazione dei servizi continua a essere una delle maggiori voci che pesano sul carovita di eurolandia: a ottobre la crescita è stata pari al 4%, in accelerazione rispetto al 3,9% di settembre. L'inflazione dei servizi, quindi, si presenta come “appiccicosa”, come viene detto in termine tecnico: in altre parole è difficile farla scendere. Risulta anche essere la maggior voce che pesa sull'indice generale: su quel 2% generale, infatti, l’inflazione dei servizi rappresenta l'1,77%. Un altro indicatore molto importante per la Bce è quello sui salari, che nel terzo trimestre sono aumentati del 5,4% rispetto all'anno precedente: si tratta di un aumento rispetto al 3,5% del secondo trimestre, ma anche rispetto al dato del primo trimestre (+4,8%).
C’è poi il dato del Pmi di novembre, che mostra un’attività dell’eurozona di nuovo in contrazione – è la seconda volta in tre mesi. Sia il settore manifatturiero sia quello dei servizi si sono contratti a novembre, mentre i prezzi sono aumentati, soprattutto a causa dei servizi. Anche il dato del Pmi conferma che i prezzi dei servizi sono la maggiore pressione inflazionistica nella zona euro. Come impatterà tutto questo sulle decisioni della Bce? Per la riunione del prossimo dicembre il taglio dei tassi dello 0,25% non è ancora in pericolo. In prospettiva, infatti, la stessa Bce prevede un forte rallentamento degli aumenti salariali nel 2025 e nel 2026, riducendo così una fonte di pressioni inflazionistiche. Di certo, questi dati non consentono un taglio dello 0,5% a dicembre. Questa conclusione è in linea anche con il tono delle dichiarazioni dei vari esponenti Bce, che invitano alla cautela, ma che escludono un taglio dello 0,5% e vedono in generale come appropriata una riduzione del costo del denaro entro fine anno.
NORVEGIA: PIL SOPRA LE ATTESE
Nel terzo trimestre l’economia norvegese ha messo a segno una crescita del tutto inattesa e superiore alle attese. Il Pil continentale è cresciuto dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Questo dato non è solo superiore alle attese (a +0,3%), ma è anche la crescita più alta fatta registrare dal quarto trimestre del 2022. Questi dati dimostrano la resilienza dell’economia norvegese e non solo. L’economia ha saputo resistere bene anche all’elevato costo del denaro per un prolungato periodo di tempo. Tutto questo significa che la Norges Bank non metterà mano ai tassi nel 2024, sancendo di fatto che il primo taglio arriverà nel primo trimestre 2025.
GIAPPONE: INFLAZIONE E PACCHETTO DI STIMOLI
La Bank of Japan può proseguire nel suo processo di normalizzazione della politica monetaria, in altri termini può procedere con altri rialzi dei tassi. Se il rialzo non arriverà nella riunione di dicembre, sarà a gennaio. Infatti, l’andamento dell’inflazione a ottobre, quello dei prezzi dei servizi e la dinamica dei prezzi di fondo dimostrano come le pressioni inflazionistiche in Giappone siano oramai radicate e che l'obiettivo di una crescita dei prezzi stabilmente al 2% annuale può dirsi raggiunto. In quest'ottica, tenendo anche conto del costo dei beni importati derivanti dallo yen debole, continuare a mantenere una politica monetaria troppo espansiva è una scelta non più adeguata. In Giappone è stato anche approvato un pacchetto di stimoli fiscali, che prevede una spesa di 21,9 trilioni di yen (circa 135 miliardi di euro) per misure a sostegno di aumenti salariali e sussidi per le famiglie a basso reddito, per le bollette del gas e dell'elettricità e investimenti nel settore dei semiconduttori e dell'intelligenza artificiale.
TASSI FERMI IN CINA
Dopo le mosse di ottobre della Banca centrale cinese e delle principali banche cinesi che avevano tagliato i tassi di riferimento, per questo novembre i tassi in Cina sono stati lasciati fermi. Un’ulteriore mossa da parte della Banca centrale cinese potrebbe essere quella di ridurre il coefficiente di riserva obbligatoria, cioè ridurre la quantità di soldi che le banche devono tenere in cassa per motivi precauzionali. Si tratta di un modo per cercare di stimolare l'inserimento della liquidità sui mercati, ma per il momento non ci sono state decisioni su questo argomento.
COME SONO ANDATI I PRODOTTI
Attendi, stiamo caricando il contenuto