La settimana delle obbligazioni: dopo la Bce, tocca alla Fed
La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Nella riunione della Bce della scorsa settimana, la decisione sui tassi è andata come da attese. Per la quarta volta nel 2024 l’Istituto di Francoforte ha, infatti, tagliato il costo del denaro dello 0,25%, portandolo così al 3,15%, per quanto riguarda i tassi ufficiali, e al 3% per quanto riguarda il tasso sui depositi. Se questa decisione era stata fortemente scontata sui mercati e largamente attesa, molto importanti erano le nuove previsioni su inflazione e Pil. Sono dati molto importanti per cercare di capire quali sono le attese dell'Istituto di Francoforte, che sono la fonte primaria, in termini di indizi, per delineare le possibili future mosse in fatto di tassi di interesse. A Francoforte ritengono che il processo disinflattivo sia ben avviato, tanto che, nel mettere mano alle previsioni per il 2025, ci sono state revisioni al ribasso – non solo però per quanto riguarda il carovita, ma purtroppo anche per la crescita economica.
Come vanno interpretate queste previsioni? Le nuove stime sono coerenti con un prosieguo del taglio dei tassi stimato dai mercati. Per questi ultimi, nel 2025 ci saranno altri quattro tagli dei tassi di interesse tutti dello 0,25%, portando così il costo del denaro (ci riferiamo al tasso sui depositi) al 2%, che è considerato il cosiddetto “tasso neutrale”, cioè un livello dei tassi per cui la politica monetaria non è né espansiva né restrittiva.
Un altro indizio che i tassi scenderanno ancora nel 2025 arriva anche da dichiarazioni degli stessi esponenti Bce, che hanno detto di trovarsi “a loro agio” con le attese dei mercati sul livello dei tassi nel 2025: insomma, anche alla Bce sembrano avere in testa altri quattro tagli.
STATI UNITI: ARRIVA ANCHE IL TAGLIO DELLA FED
Ancora una volta il dato sull'inflazione Usa risulta essere allineato alle attese, ma soprattutto mostra un processo disinflattivo in stallo. L'indice generale dei prezzi al consumo risulta essere in crescita del 2,7% a livello annuale, mentre l'inflazione di fondo è al 3,3% annuale. Rispetto al mese precedente, si tratta di un livello leggermente in accelerazione (dal 2,6%) per l'indice generale, stabile per il dato sull'inflazione di fondo. Andando a guardare altre metriche che sono molto importanti per capire le pressioni inflazionistiche, il dato sugli shelter cost, che tengono conto del costo degli alloggi e che continuano a essere una delle voci che maggiormente pesano sull'andamento dell'inflazione, su base mensile a novembre ha fatto segnare un +0,23%, il tasso di crescita più lento di tutto il 2024. La cosiddetta inflazione super core dei servizi, che elimina anche il dato sugli alloggi, oltre ad alimentari ed energia, è invece passata dallo 0,31% di ottobre allo 0,34%.
In conclusione, i dati di novembre dimostrano come i prezzi sembrino essersi ancorati attorno agli attuali livelli ed è difficile farli scendere. È anche vero che le pressioni inflazionistiche di fondo tendono a non incrementare rispetto al passato. In questa situazione, la Fed questa settimana potrà procedere con il taglio dei tassi di interesse dello 0,25%. Dopo la pubblicazione di questo dato, le probabilità scontate dal mercato per il taglio sono salite fino al 98%.
NORVEGIA: C’È DA ASPETTARE PER IL TAGLIO
In Norvegia, il dato sull’inflazione di novembre conferma che il primo taglio dei tassi arriverà nel 2025. L’inflazione di fondo, quella cioè calcolata escludendo cibo ed energia, ha accelerato passando dal 2,7% al 3% annuale. Si tratta di un dato allineato a quanto previsto dalla Norges Bank, la Banca centrale norvegese, ma più alto rispetto a quello atteso dal mercato (2,8%). L’accelerazione di novembre è la prima nel 2024: dal novembre dello scorso anno il dato sull’inflazione di fondo ha sempre mostrato una decelerazione. Ci sono, comunque, altri dati, come disoccupazione stabile, attività economica migliore del previsto e corona debole che rappresentano pressioni inflazionistiche. Per questo, nella riunione di questa settimana la Norges Bank lascerà i tassi fermi al 4,5%.
CINA: SENZA ALIMENTARI CI SONO SEGNALI DI STABILIZZAZIONE
In Cina il dato sull’inflazione ha mostrato un calo mensile dello 0,6% e solo un +0,2% annuale (in rallentamento dal +0,3% di ottobre e sotto le attese dello 0,5%). L'inflazione di fondo è, però, aumentata, mentre il calo dei prezzi alla produzione industriale si è attenuato. In altri termini, il dato di novembre sull’inflazione generale è stato fortemente colpito dall’andamento degli alimentari. Le difficoltà permangono, ma i dati sul carovita di fondo sono indizi sulla stabilizzazione della situazione in Cina. La scorsa settimana in Cina si è tenuto anche il convegno del Comitato politico del partito cinese, che ha delineato gli obiettivi per il 2025: la Cina intende aumentare il sostegno all'economia, attraverso misure per stimolare la crescita economica, tra cui un deficit di bilancio più elevato, una maggiore emissione di debito e una politica monetaria più flessibile.
BRASILE: TASSI IN RISALITA OLTRE OGNI ATTESA
La Banca centrale brasiliana ha alzato i tassi dell’1%: una mossa che ha sorpreso anche le scommesse più aggressive. Prima della riunione, infatti, le attese erano per un rialzo dello 0,5%, con possibilità per un ritocco dello 0,75%. Alla fine, è arrivato un 1% inatteso e non finisce qua: la Banca centrale ha anche annunciato che nelle prossime due riunioni alzerà ancora i tassi dell’1% se le cose andranno come da attese. Il tutto è stato motivato dalla necessità di riportare il carovita in linea con gli obiettivi (il dato di novembre ha superato ancora una volta le attese) e dalla necessità di dare un segnale forte al mercato sulla volontà di combattere l’inflazione, cercando così di creare fiducia circa la risolutezza della Banca centrale.
COME SONO ANDATI I PRODOTTI
Attendi, stiamo caricando il contenuto