La settimana delle obbligazioni: inflazione ago della bilancia
La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
L’inflazione dell'area euro a dicembre è risultata essere linea sia con le attese del mercato, sia con il quadro che ha in mente la Bce: per cui, seppur in aumento, il dato di dicembre non mette a repentaglio, in questo momento, i tagli dei tassi. Un dato che, invece, continua a essere più preoccupante è quello dell'inflazione dei servizi, che a dicembre è tornata al 4%, quindi in leggero rialzo rispetto a novembre. L'inflazione dei servizi continua a essere una delle pressioni inflazionistiche più importanti per l'eurozona e dovrà essere attentamente monitorata. Nonostante ciò, la Bce continua a credere fermamente che l’obiettivo del 2% possa essere centrato a fine 2025. Lo si evince anche dal bollettino economico dello stesso Istituto di Francoforte, nel quale si legge che l’inflazione va verso una stabilizzazione durevole intorno all'obiettivo del 2% a medio termine grazie all'attenuarsi delle pressioni dal lato del costo del lavoro e al passato inasprimento della politica monetaria. L’accento è anche posto sul rallentamento economico che interesserà la zona euro nel 2025, un fattore che aiuterà l’inflazione a rallentare. In questo contesto, i mercati possono continuare a stimare quattro tagli nei tassi d’interesse nel 2025.
LA FED INVECE TEME IL CAROVITA
Se la Bce è convinta che l’inflazione continuerà a scendere, la Fed invece non lo è. Addirittura, teme un rialzo. È quanto emerge dai verbali dell’ultima riunione della Banca centrale americana, secondo i quali il processo di disinflazione ha rallentato, se non addirittura si è fermato negli ultimi mesi e per questo il comitato della Fed ritiene di essere al punto o vicino al punto in cui sarebbe opportuno rallentare il ritmo dell'allentamento della politica. In prospettiva, i timori sull'inflazione sono aumentati e, come si dice in termine tecnico, sono al rialzo. Significa che ci sono più motivi per pensare che l'inflazione possa tornare ad aumentare piuttosto che ridursi. Tra i maggiori elementi che fanno sorgere timori circa la dinamica futura dell'inflazione Usa vi sono le politiche del nuovo presidente Trump, soprattutto quelle commerciali e sull'immigrazione. Se queste ultime dovessero essere in linea con quanto promesso in campagna elettorale dal nuovo presidente, l'effetto sarebbe quello di aumentare le pressioni inflazionistiche.
IN CINA IL PROBLEMA SONO I PREZZI TROPPO BASSI
La Cina è, invece, alle prese con un’inflazione troppo bassa (solo +0,1% annuale). Come nota positiva vi è che l’inflazione di fondo, che esclude cibo ed energia, è aumentata dello 0,4%, mostrando così un leggero progresso, ma si tratta di un dato insufficiente e che non solleva il Governo cinese dalla necessità di varare un sostegno all’economia. In questo senso già a dicembre il Governo ha annunciato la volontà di introdurre stimoli durante il 2025, come sussidi per i consumatori, incentivi alle industrie, riduzioni dei tassi di interesse e del coefficiente di riserva obbligatoria per le banche. Resta ora da vedere quando, e soprattutto con quali dimensioni, questi stimoli saranno varati.
NORVEGIA: C’È DA ASPETTARE PER IL TAGLIO
In Norvegia il dato sull’inflazione di dicembre rinforza l’ipotesi secondo cui il primo taglio dei tassi è fattibile, e anche non così lontano. La Norges Bank, la Banca centrale norvegese, ha mantenuto i tassi al 4,5%, non accodandosi al treno dei tagli decisi dalle altre Banche. Un’attività economica robusta, un mercato del lavoro in salute e una debole corona hanno fatto slittare sempre più nel tempo l’allentamento monetario. Ora, però, i dati sull’inflazione mostrano un continuo calo del carovita e dunque è possibile procedere con un taglio. A dicembre, infatti, l’inflazione si è attestata al 2,2%, dal 2,5% di novembre, battendo le attese di mercato (a +2,4% annuale). Il dato sull’inflazione di fondo è anch’esso sceso più delle attese, dal 3% al 2,7% (attese a +2,8%). Il taglio non arriverà nella riunione di questo gennaio, ma come da attese di mercato, e anche della Norges Bank, arriverà nella riunione di marzo.
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