La settimana delle obbligazioni: Trump, inflazione e il nuovo BTp Più

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Negli Stati Uniti l’inflazione fa segnare a dicembre +2,9% annuale, dal 2,7% di novembre – come da attese. Il dato sull’inflazione di fondo, però, rallenta dal 3,3% al 3,2%, quando le attese si orientavano un dato stabile al 3,3%.
Approfondendo la lettura, considerando le metriche più importanti in ottica di carovita, i costi degli alloggi (i cosiddetti shelter cost) hanno rallentato a dicembre, con un aumento complessivo mensile dello 0,26%, l'aumento più contenuto in tre mesi. I prezzi dei servizi supercore (che escludono anche i costi per gli alloggi) sono aumentati solo dello 0,21% sul mese, la lettura più bassa dallo scorso luglio. Si tratta di due dati positivi, perché rappresentano due indicatori molto importanti in ottica pressioni inflazionistiche e quindi anche in ottica Fed. I dati di oggi sono insufficienti per rimettere sul tavolo un taglio dei tassi nella riunione di questo gennaio; tuttavia, servono a rafforzare l'ipotesi che il ciclo di tagli della Fed non abbia ancora fatto il suo corso. Considerando però il livello attuale del carovita e la forza del mercato del lavoro, la Fed procederà con molta calma e vorrà attendere dati nettamente più positivi in termini di inflazione prima di intervenire sul costo del denaro.
I dati della scorsa settimana sull’inflazione hanno, comunque, rafforzato le attese dei mercati in fatto di taglio dei tassi nel 2025. Infatti, dopo il dato sul carovita, per il mercato c’è un 50% di probabilità che ci siano due tagli nei tassi nel 2025, solo il giorno precedente questa probabilità era al 35%. Anche i rendimenti dei titoli di Stato Usa sono scesi: quello del decennale è sceso dello 0,09% la scorsa settimana, dopo che, da inizio anno, i rendimenti erano arrivati ad aumentare dello 0,2%. Di fatto, la scorsa settimana i titoli di Stato Usa hanno quasi dimezzato l’incremento conosciuto in queste prime settimane del 2025.
LA DECISIONE DELLA BANCA CENTRALE NORVEGESE
Questa settimana si riunirà la Norges Bank, la Banca centrale norvegese. Nonostante dati sull’inflazione in miglioramento e un’apertura a un futuro taglio dei tassi, questa settimana lascerà il costo del denaro invariato. Se i prossimi dati mostreranno la stessa evoluzione dell’inflazione mostrata nei mesi precedenti, allora il primo taglio dei tassi arriverà nella riunione di marzo; se il processo di disinflazione continuerà, in tutto sono previsti tre tagli nel 2025.
BCE: CONVINZIONE SUL TAGLIO DEI TASSI
Le dichiarazioni che arrivano dalla Bce fanno presagire che le attese di quattro tagli dei tassi nel 2025 siano fondate. C’è chi, come il governatore della Banca di Francia, membro che decide in fatto di tassi Bce, ha dichiarato che l’Istituto di Francoforte dovrebbe continuare a ridurre i tassi fino al 2% entro l’estate, poiché la lotta contro l'inflazione è praticamente conclusa. Dato che il tasso neutrale, cioè quello che non stimola né frena l'economia, è stimato intorno al 2% nell'area euro e quello sui depositi Bce è al 3%, significa che si prospettano taglio cumulati al costo del denaro dell’1%, quattro tagli da 0,25% ciascuno. Il governatore della Banca del Portogallo, anch’esso membro del comitato esecutivo Bce, ha espresso opinioni simili a quelle del collega francese: l'inflazione nell'area euro è sotto controllo e si prevede che converga verso valori leggermente inferiori al 2% nei prossimi mesi e che i tassi scenderanno e arriveranno vicini al 2%.
E se tutto ciò non bastasse, anche dai verbali dell’ultima riunione si legge che la Banca centrale europea deve tagliare i tassi di interesse in modo graduale e con cautela, ma è probabile che l'allentamento monetario prosegua. Dopotutto, di fronte alla mancanza di dinamismo delle economie europee e all'assenza di altre leve in grado di stimolare la crescita, le Autorità monetarie saranno sottoposte a forti pressioni per continuare ad allentare la politica monetaria. È quindi probabile che la Bce dia seguito alle sue dichiarazioni, proseguendo realmente sulla strada del taglio dei tassi d’interesse.
CINA: SPRINT DI FINE ANNO
La crescita cinese ha chiuso il 2024 in piena accelerazione. Negli ultimi tre mesi dell'anno il Pil è, infatti, cresciuto del 5,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. Grazie a questa accelerazione, l'obiettivo di crescita del 5% per il 2024 è stato raggiunto. Due fattori hanno contribuito a questo miglioramento nell’ultimo trimestre dell’anno. Il primo è rappresentato dalla fiducia dei consumatori e dalle vendite al dettaglio, che hanno mostrato un’accelerazione, grazie in particolare ai numerosi stimoli annunciati da Pechino - soprattutto a partire da settembre. Il secondo è l'accelerazione della produzione industriale. Temendo i nuovi dazi promessi da Trump, molte aziende americane hanno anticipato i loro ordini dai produttori cinesi, accumulando scorte prima dell'entrata in vigore di condizioni più restrittive per l'ingresso nel Paese. Ciò ha permesso alla produzione industriale cinese di crescere del 6,2% su base annua a dicembre, mettendo così a segno l'aumento più consistente dalla scorsa primavera. Questo comporta, però, anche che nella prima metà del 2025 possa arrivare un contraccolpo. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca aumenterà l'incertezza per gli esportatori cinesi e quasi certamente aumenterà le barriere al loro ingresso in questo mercato. Di conseguenza, la Cina dipenderà più che mai dai mercati alternativi, e soprattutto dalla propria domanda interna, che rimane di gran lunga troppo debole per essere il motore di un'economia che vuole essere dinamica. Pechino non avrà, quindi, altra scelta che venire in aiuto della sua economia, annunciando nuovi stimoli.
IL NUOVO BTP
Il Tesoro ha annunciato il lancio di un nuovo BTp: si chiama BTp Più. Trovi le caratteristiche qui.
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