La settimana delle obbligazioni: l’inflazione Usa e la Bce fiduciosa

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Negli Stati Uniti l'inflazione di gennaio risulta essere sopra le attese di mercato, sia se si guarda l'indice generale, sia se si guarda l'inflazione di fondo. Si tratta di un dato che non solo rinforza l'ipotesi di una Fed che agirà in maniera molto lenta e prudente in fatto di tassi di interesse, ma che ha anche nell'immediato portato i mercati a modificare le previsioni sul numero di tagli al costo del denaro che saranno effettuati nel 2025.
Dato che l'inflazione di fondo è l’elemento più rilevante nelle decisioni della Fed in termini di politica monetaria, l’aumento di gennaio, quando le attese erano addirittura per un rallentamento, rappresenta un dato negativo. Approfondendo le metriche più significative in fatto di carovita, l'inflazione super-core, cioè quella che dall'inflazione di fondo elimina anche i dati degli alloggi, è aumentata dello 0,76% su base mensile, l’incremento più alto negli ultimi 12 mesi. I mercati hanno reagito a questi dati sull'inflazione riducendo le loro previsioni per i tagli nei tassi nel 2025: ora è stimato con certezza un solo taglio anziché due. Quel che è certo è che il dato di gennaio del carovita americano non va nel verso di consentire alla Fed un allentamento della politica monetaria nel breve termine.
BCE: CONVINZIONE SULL’OBIETTIVO DEL 2%
Nella zona euro la governatrice della Bce continua a dispensare fiducia in fatto di inflazione. Secondo Lagarde, infatti, la maggior parte degli indicatori indica che l'inflazione si sta avvicinando all’obiettivo del 2%. Tuttavia, nonostante i progressi fino ad oggi realizzati, la Bce rimane cauta, dati i diversi rischi che minacciano il percorso dell’inflazione. Tra tutti ci sono, ovviamente, i dazi da parte degli Stati Uniti. Non è stato precisato se l’effetto delle misure Usa sarebbe al rialzo o al ribasso sull’inflazione, perché ci sono molte variabili in gioco e gli effetti potrebbero non essere univoci. Quel che è certo, però, è che con dazi americani contro le esportazioni europee l’andamento del carovita sarebbe più difficile da prevedere. Per questo, al momento, la Bce non ha un percorso definito in fatto di tassi d’interesse, ma se non si presenteranno situazioni a modificare l’attuale dinamica del carovita, i tassi continueranno a essere tagliati.
LA VOLATILITÀ NEI BOND
La volatilità continua a tenere banco sui mercati obbligazionari. Come puoi vedere nel grafico in alto, i rendimenti decennali dei titoli di Stato americani e di quelli di eurolandia continuano a muoversi in una direzione che potremmo definire laterale. Se si considera il livello di inizio anno e quello attuale, i rendimenti non sono molto distanti tra loro, ma nel frattempo, in un solo mese e mezzo, hanno conosciuto sia aumenti, sia cali.
Prendendo il livello più basso e quello più alto toccati nel corso del 2025, la variazione è dello 0,4%. Si tratta di un’oscillazione non indifferente se si pensa a due elementi. Primo. È avvenuto in un solo mese e mezzo. Secondo. Considerando che si tratta di rendimenti decennali, questo si traduce in un’oscillazione in termini di prezzo di circa il 4% (o qualcosa di meno visto che la duration di un titolo a 10 anni, con cedole, è più bassa di 10). La volatilità che i prezzi dei bond stanno conoscendo è, quindi, rilevante ed è la “traduzione” numerica delle incertezze che stiamo vivendo nell’economia globale.
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