La settimana delle obbligazioni: cambiano le attese?

La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
I dati sull’inflazione di febbraio negli Stati Uniti offrono un parziale sollievo, ma non sono abbastanza per dichiarare la vittoria contro la corsa dei prezzi. L’indice generale ha registrato un aumento del 2,8% su base annua, battendo le attese del mercato (2,9%) e risultando inferiore al 3% di gennaio. Anche l’inflazione core – che esclude le componenti più volatili come cibo ed energia – è rallentata al 3,1%, il dato più contenuto dall’aprile 2021. Tra i fattori che continuano a sostenere l’inflazione, il costo degli alloggi rimane determinante. Questa componente, che da tempo è la più rilevante nell’andamento dei prezzi, è aumentata dello 0,28% su base mensile, in calo rispetto allo 0,37% del mese precedente. Un altro parametro attentamente monitorato dalla Fed, i cosiddetti prezzi dei servizi "supercore" (servizi esclusi gli alloggi), ha segnato un incremento dello 0,22% rispetto a gennaio, una crescita più contenuta rispetto allo 0,76% del mese precedente. Anche i salari continuano a esercitare pressioni inflazionistiche. La retribuzione media oraria è aumentata del 4% su base annua, in accelerazione rispetto al 3,9% di gennaio, ma leggermente al di sotto delle attese. Questo dato è particolarmente rilevante per la Fed, poiché un aumento persistente dei salari potrebbe alimentare una spirale inflazionistica. Nonostante questi segnali di raffreddamento, l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo del 2% e diversi elementi di incertezza restano sul tavolo. Tra questi, l’impatto dei dazi sulle merci, che finora non hanno influenzato significativamente i prezzi ma potrebbero farlo nei prossimi mesi. Nel frattempo, le preoccupazioni sul fronte della crescita economica non si attenuano. Il presidente Usa Trump ha parlato di un possibile rischio recessione, definendo la situazione economica attuale come un "periodo di transizione". Ha, inoltre, ribadito che le sue politiche commerciali, come i dazi su Messico e Canada, avranno bisogno di tempo per mostrare i loro effetti. Queste dichiarazioni hanno alimentato il dibattito sul rischio di un rallentamento economico.
Guardando avanti, la Fed manterrà un approccio prudente. Nonostante la lettura di febbraio, la Banca centrale statunitense non è ancora pronta a tagliare i tassi nella riunione di questa settimana. Tuttavia, il progressivo calo dell’inflazione e i segnali di rallentamento economico fanno pensare che nel corso del 2025 potrebbero esserci dei tagli. Resta da capire quanti e con quale tempistica.
Su questo tema i recenti avvenimenti hanno portato i mercati a rivedere le loro attese per il costo del denaro Usa a fine anno. Solo un mese fa, infatti, i mercati stimavano solo un taglio nei tassi. Ora, invece, i tagli stimati sono quasi tre. In che senso sono quasi tre? Due sono dati sicuri, e questo già rappresenta un incremento rispetto alle attese di un mese fa. Un terzo non è considerato sicuro, ma possibile. Infatti, un terzo taglio dei tassi a dicembre 2025 è stimato con una probabilità pari al 60%: come dicevamo, possibile, ma non del tutto probabile.
BCE: SARÀ DIFFICILE GARANTIRE IL 2% DI INFLAZIONE?
La governatrice della Bce Lagarde ha evidenziato come la frammentazione commerciale e l’aumento della spesa per la difesa abbiano un duplice effetto sull’economia. Da un lato, potrebbero alimentare l’inflazione, spingendo i prezzi verso l’alto. Dall’altro, i dazi imposti dagli Stati Uniti potrebbero ridurre la domanda di esportazioni europee e spingere l’eccesso di capacità produttiva della Cina verso l’Europa, contribuendo così a frenare l’inflazione. La Banca centrale europea sta valutando diversi scenari legati ai dazi e alla spesa fiscale, ma secondo Lagarde prevedere con esattezza l’impatto di questi fenomeni è oggi molto più complesso rispetto a quanto avvenuto in passato.
In un contesto globale caratterizzato da un’elevata apertura commerciale e da una forte dipendenza dell’Eurozona dalle importazioni energetiche, nuovi eventi economici negativi possono trasmettersi più rapidamente e direttamente sull’inflazione. Lagarde ha sottolineato che i rischi geopolitici stanno aumentando la volatilità dei tassi di cambio, dei prezzi dell’energia e delle materie prime, come dimostrato dagli ultimi sviluppi sui mercati.
Proprio per questo, la presidente della Bce ha avvertito che non è possibile garantire che l’inflazione rimanga sempre stabile al 2%. Tuttavia, ha ribadito che, indipendentemente da eventi esterni, la Bce manterrà una politica monetaria mirata a riportare i prezzi verso l’obiettivo nel medio termine, assicurando così stabilità economica.
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