La settimana delle obbligazioni: i dazi cambieranno tutto?
 
                    La settimana delle obbligazioni
 
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Gli anglosassoni usano il termine game changer per identificare un evento, una persona, un’azienda, un’idea… che cambia le regole del gioco, modificando così anche ciò che accadrà in futuro. I dazi Usa possono essere un game changer per le Banche centrali? Tra le tante ipotesi e previsioni che si sono fatte, e si stanno facendo, su economia, inflazione e altro, ci sono anche quelle sulle sorti dei tassi d’interesse, sia negli Usa, sia nell’eurozona. Tra i diversi effetti attesi su scala globale ci si aspetta rincari nei prezzi (che rappresentano un problema per l’inflazione e per le mosse delle Banche centrali) e rallentamento economico, con il rischio di una guerra commerciale globale. Trump spera di favorire l’industria americana, ma i costi immediati di queste scelte potrebbero pesare sui consumatori, con gli Usa che potrebbero affrontare una crescita più lenta o addirittura una recessione. In quest’ottica, i mercati hanno modificato completamente le loro attese sui tassi.
Per la riunione di maggio le probabilità di un taglio dei tassi sono ora al 33%, il doppio rispetto a quella di una settimana prima. Soprattutto, ora i mercati stimano con quasi assoluta certezza (94%) un taglio nella riunione di giugno. Entro fine 2025, invece, i tagli ai tassi stimati sono almeno 4. Il governatore della Fed, Powell, ha invece annunciato che non prenderà alcuna decisione affrettata. I dazi, secondo lui, avranno un effetto inflattivo, ma questo non significa che si correrà subito a tagliare i tassi. Farà tutto con estrema calma: prima serve più chiarezza su quali saranno i reali effetti dei dazi e solo dopo si deciderà cosa fare. Le previsioni dei mercati che vedono un taglio solo a partire dalla riunione di giugno sembrano, così, allineate con la calma predicata da Powell: non verrà presa nessuna mossa affrettata e dettata dall’emotività.
BCE: COSA SUCCEDERÀ NELLA RIUNIONE DI APRILE?
A differenza della Federal Reserve, che ha ancora tempo per valutare la propria strategia, la Bce deve decidere in tempi molto più stretti come agire dato che la riunione per decidere cosa fare con i tassi è in programma il 17 aprile. Partiamo dai dati certi. L'inflazione nella zona euro sta rallentando. I dati preliminari di marzo mostrano un’inflazione generale in calo al 2,2% annuale, in linea con l’obiettivo del 2% e con le attese, rispetto al 2,3% di febbraio. Ancora più significativi sono i segnali che arrivano dall’inflazione di fondo e da quella dei servizi: la prima è scesa al 2,4% (dal 2,6%), la seconda al 3,4% (dal 3,7%). Basandosi solo su questi dati, l’ipotesi di un taglio dei tassi già ad aprile sarebbe verosimile. Ci sono però i dazi. Come inserirli in questo contesto? Alla Bce non c’è unanimità sull’effetto, che potremmo definire “netto”, dei dazi. Sono tutti d’accordo sul fatto che i dazi avranno un effetto negativo sulla crescita, mentre non è unanime il consenso sugli effetti che potrebbero avere sui prezzi. Rallentamenti dell’economia marcati, se non addirittura recessioni, hanno l’effetto di raffreddare i prezzi. Dunque, quale effetto vincerà? Se vincerà la fazione di chi ritiene che l'effetto principale sarà una frenata della crescita economica, più che un aumento dell'inflazione, allora potrà arrivare un taglio dei tassi già ad aprile. Se invece prevarrà la visione opposta, allora non si avrà un taglio. Inoltre, ci sono molti esponenti Bce che spingono per iniziare a rallentare: cresce infatti il numero di chi pensa che, un po’ per cautela data l’incertezza sui possibili effetti sull’inflazione, un po’ perché ora il livello dei tassi di interesse non è più così restrittivo come in precedenza, e quindi non è un freno per l’economia, si possa fare una pausa ad aprile.
CINA: CONTRO-DAZI E TAGLIO DEL RATING
Il Governo cinese ha risposto ai dazi imposti dagli Stati Uniti con contro-dazi del 34% su tutte le importazioni di beni americani a partire dal 10 aprile. Inoltre, Pechino ha introdotto restrizioni all'esportazione di terre rare, cruciali per l'economia americana. Questo potrebbe portare a un effetto domino, con ulteriori tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Se queste sono le reazioni immediate ai dazi, ci sono poi le conseguenze di medio/lungo termine. Tra quest’ultime c’è l’eventualità che la Cina possa continuare a intensificare le misure di stimolo fiscale e monetario se la crescita economica dovesse rallentare ulteriormente. L’utilizzo di ulteriore debito, però, crea a sua volta ulteriori timori. Fitch, infatti, ha declassato il rating della Cina a A da A+ con outlook stabile (dunque non sono previste in futuro modifiche in positivo o in negativo) per le preoccupazioni relative all'indebolimento delle finanze pubbliche del Paese e all'aumento del debito pubblico.
I MAGGIORI MOVIMENTI SUI MERCATI
L'annuncio dei dazi da parte degli Stati Uniti ha sollevato preoccupazioni riguardo a una possibile recessione economica globale, portando a una diminuzione della fiducia nel dollaro, che ha perso terreno la scorsa settimana. Il calo del dollaro è dovuto non solo ai timori legati all’economia, ma anche, che poi ne è una diretta conseguenza, al cambio di aspettative sui tassi della Fed. Un numero maggiore di tagli dei tassi rispetto a quanto preventivamente ipotizzato porta il rendimento dei titoli in dollari a essere meno elevato sia in termini assoluti, sia, e soprattutto, in termini relativi rispetto ai rendimenti in euro. I timori per una crescita più lenta e le attese sulle politiche della Fed sono anche due dei motivi che hanno determinato l’altro grande movimento sui mercati: il calo dei rendimenti dei Treasury – i titoli di Stato Usa (in una settimana quello del decennale è sceso dal 4,27% al 4,01%). Per questo movimento c’è anche un terzo motivo: gli investitori si sono spostati dalla Borsa ai titoli di Stato Usa, in cerca di maggiore sicurezza e minore volatilità.
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