La settimana delle obbligazioni: più alti più a lungo (ma non per tutti)
La settimana delle obbligazioni
La settimana delle obbligazioni
Gli Stati Uniti stanno attraversando un periodo particolarmente convulso. Il taglio del rating da parte di Moody's ha riportato una certa volatilità e tensione sul mercato dei Treasury, riportando i rendimenti a lunga scadenza in orbita 5%. Rendimenti più elevati, una bassa fiducia da parte dei consumatori americani e ulteriori tensioni sul debito, dovute alla volontà del presidente Trump di procedere sulla strada di un maxi-taglio delle tasse, pesano inesorabili sui mercati. In tutta questa situazione, c'è un altro fattore che incide sui rendimenti Usa: la Fed. La Banca centrale Usa, infatti, continua a predicare un atteggiamento attendista in fatto di politica monetaria. Anzi, c’è chi fa sapere che c'è da aspettarsi tassi più alti più a lungo e addirittura un solo taglio in questo 2025. Le attese di mercato non hanno potuto che adattarsi a queste dichiarazioni e se fino a un mese fa si dava come molto probabile il taglio dei tassi nella riunione di giugno (e allo stesso modo molto probabile un secondo taglio in quella di fine luglio), oggi invece non si vedono tagli fino a settembre.
Se negli Stati Uniti la Fed lancia messaggi di attendersi tassi più alti più a lungo, nella zona euro dalla Bce arrivano messaggi invece che lasciano intendere un proseguimento del taglio nei tassi di interesse. I vari esponenti Bce, infatti, hanno ancora una volta dichiarato che non si possono escludere tagli dei tassi già nella prossima riunione, benché abbiano ricordato che è necessario un approccio rigoroso nella gestione della politica monetaria. Per rigoroso s’intende prendere decisioni solo e solamente sui dati e sono appunto questi dati che spingono per ulteriori tagli. Le stime della Commissione europea parlano chiaro: nella zona euro ci sarà una crescita più lenta ma anche un'inflazione più bassa rispetto a quanto previsto nell’autunno scorso. Un'inflazione che converge verso l'obiettivo del 2% prima del previsto e un’economia che rallenta sono il terreno adatto per tagliare i tassi. Dopotutto, è dalla stessa Bce che fanno sapere come un tasso sui depositi a fine 2025 all'1,75% è una prospettiva credibile. Oggi i tassi sui depositi sono al 2,25% e questo implica altre due sforbiciate al costo del denaro. Quali sono le tempistiche di questi tagli? La Bce potrebbe optare per una riduzione nella riunione di giugno e prendersi una pausa a luglio e rimandare poi la decisione di un secondo taglio in autunno.
Se la Bce pensa di tagliare, la Banca centrale cinese non solo ci ha pensato, ma ha anche agito. In Cina, infatti, sono stati abbassati due tassi di interesse chiave per la politica monetaria, in linea con quanto previsto dal mercato. La Banca centrale cinese ha ridotto il “Loan prime rate” (LPR) a 1 anno dal 3,1% al 3%, mentre il “Loan prime rate” (LPR) a 5 anni è stato portato al 3,5% dal 3,6% precedente. La maggior parte dei nuovi prestiti e di quelli già in essere in Cina si basa sul LPR a un anno. Il tasso a cinque anni, invece, influenza il prezzo dei mutui ipotecari. Questa mossa, quindi, rappresenta un nuovo stimolo alla crescita. Nel mese di aprile, infatti, l’economia cinese ha lanciato segnali contrastanti: a fronte di un’industria vivace, i consumi interni mostrano ancora segni di debolezza che riflettono le sfide e le potenzialità del gigante asiatico in questa fase di transizione.
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