La settimana delle obbligazioni: prudenza e attendismo
La settimana delle obbligazioni
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Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha deciso di mantenere invariati i tassi d’interesse tra il 4,25% e il 4,50%, per la quarta riunione consecutiva. La decisione, in linea con le attese dei mercati, è frutto della prudenza della Banca centrale americana, che vuole valutare gli effetti economici delle politiche di Donald Trump. Le sue iniziative in ambito commerciale, fiscale e migratorio hanno generato incertezza, pur iniziando a delinearsi con maggiore chiarezza. Le previsioni macroeconomiche sono state riviste al ribasso per quanto riguarda la crescita del Pil (1,4% nel 2025) e al rialzo per l’inflazione (attesa al 3% per l’anno in corso), a causa dell’effetto dei dazi sui prezzi al consumo. Sebbene la Fed continui a ipotizzare due tagli dei tassi entro fine anno, cresce il numero di membri contrari a un allentamento monetario: 7 su 19, rispetto ai 4 di tre mesi fa. Questo rende possibile un prolungato periodo di immobilismo. I mercati finanziari, tuttavia, hanno reagito con relativa calma, focalizzandosi piuttosto sulle tensioni in Medio Oriente, mentre il dollaro si è leggermente rafforzato la scorsa settimana.
Anche in Cina la Banca centrale ha deciso di lasciare invariati i tassi di riferimento, dopo il taglio operato il mese precedente. Il tasso a un anno è rimasto al 3%, e quello a cinque anni al 3,5%. La decisione arriva in un contesto di segnali economici misti. A maggio, le vendite al dettaglio hanno mostrato un’accelerazione inattesa (+6,4% su base annua), sostenute da promozioni, sussidi e consumi festivi. Tuttavia, la produzione industriale è cresciuta meno del previsto (+5,8%), penalizzata dal rallentamento dell’export dovuto alle tariffe statunitensi. Anche gli investimenti in beni strumentali sono stati inferiori alle attese (+3,7%). Sul fronte positivo, il tasso di disoccupazione è sceso al 5%, suggerendo una graduale ripresa del mercato del lavoro. In sintesi, l’economia cinese continua a inviare segnali contrastanti, spingendo la Banca centrale a mantenere un approccio il più possibile prudente.
Anche nella zona euro si respira un clima di incertezza. Si iniziano, infatti, a mettere in luce i pericoli sostanziali legati ai dazi Usa e alle tensioni tra Iran e Israele. Dopo otto tagli consecutivi dei tassi per riportare l’inflazione verso il 2%, la Bce si considera pronta a fronteggiare eventuali shock, mentre i dati confermano che i prezzi al consumo stanno rientrando nei limiti desiderati (+1,9% a maggio). Con questi dati l’obiettivo dell’inflazione è praticamente raggiunto e i tassi si trovano in una zona neutrale. Tutto questo farebbe presupporre che non ci saranno altri tagli nei tassi. Tuttavia, alcuni membri del Consiglio Direttivo della Bce mostrano preoccupazione per la mancanza di crescita nell’area euro, fattore chiave per la sostenibilità della stabilità dei prezzi. Il futuro dei tassi dipenderà anche dagli esiti dei negoziati commerciali con gli Stati Uniti previsti a luglio. Per ora, la Bce non prende impegni sul percorso da seguire, mantenendo un approccio riunione per riunione.
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