Diversificazione valutaria o copertura?

Rischio valutario: diversificazione o copertura?
Rischio valutario: diversificazione o copertura?
Il rischio di cambio è presente ogniqualvolta si investe in una divisa diversa da quella del proprio Paese: in altri termini, ogni volta che investiamo in valuta diversa dall’euro. è presente per qualunque investimento espresso in una valuta diversa dall’euro, quindi obbligazioni, azioni, fondi ed Etf azionari o obbligazionari… Il cambio è dunque una variabile che influenza questi investimenti, impattando sul loro profilo di rischio. L’andamento del dollaro di questo 2025 ha riportato in auge un rischio che forse era stato un po’ sottovalutato, soprattutto perché i cali hanno riguardato una valuta mondiale, e rifugio, come il biglietto verde. Ma cosa gestire il rischio cambio?
Per affrontare questa sfida, il panorama finanziario offre due filosofie distinte: la diversificazione valutaria e la copertura valutaria, o hedging. La diversificazione è un principio olistico e strutturale, un approccio di resilienza che distribuisce il capitale in diverse aree geografiche e valute, e anche scadenze, per non dipendere interamente dalle sorti di una singola economia. La copertura, al contrario, è una strategia tattica e strumentale, mirata a neutralizzare l'effetto delle fluttuazioni valutarie per proteggere un investimento specifico. Sebbene entrambe le strategie mirino a gestire il rischio di cambio, differiscono profondamente negli obiettivi, nei meccanismi e nei costi. Per la maggior parte degli investitori con un orizzonte temporale di lungo termine, la diversificazione strategica è non solo preferibile, ma costituisce una componente essenziale di un portafoglio robusto e ben costruito, mentre l'hedging si rivela uno strumento utile solo in circostanze specifiche e con un orizzonte limitato.
Il concetto di diversificazione è un pilastro della teoria moderna del portafoglio, riassunto efficacemente nel proverbio "non mettere tutte le uova nello stesso paniere". L'obiettivo è distribuire il capitale su diversi asset, settori economici e aree geografiche per mitigare il rischio che un andamento negativo in una singola area possa compromettere l'intero patrimonio. La diversificazione valutaria è un'estensione di questo principio a livello internazionale, che consiste nell’investire in valute diverse, come il dollaro statunitense, l'Euro e nel caso dei nostri portafogli sono molte le valute a cui sei esposto. Infatti, non bisogna pensare di essere esposti solo al dollaro e allo yuan perché quelle sono le poste obbligazionarie: si è esposti anche alle rispettive valute locali con gli investimenti sulle Borse dei diversi Paesi consigliati.
L'efficacia di questo approccio risiede nel ruolo della correlazione. La costruzione di un portafoglio resiliente si basa sulla selezione di investimenti che non si muovono in perfetta sintonia, ma che, al contrario, mostrano una bassa correlazione o addirittura una correlazione inversa. In un contesto globale, la svalutazione di una valuta può essere compensata dall'apprezzamento di un'altra. Il vantaggio principale della diversificazione risiede proprio nella riduzione del rischio complessivo grazie alla de-correlazione dei titoli che compongono il portafoglio. Non rende l'investimento immune dai ribassi, ma ne riduce la probabilità e l'entità.
Un aspetto fondamentale di questo approccio è che la diversificazione valutaria non richiede un'operazione attiva o esplicita. Al contrario, è l'inevitabile conseguenza di un'accurata diversificazione geografica e settoriale. Un investitore europeo, come siamo noi, che investe tramite un portafoglio diversificato si espone automaticamente a migliaia di aziende in diversi Paesi e, di conseguenza, a diverse valute. Questo meccanismo genera una forma di "copertura naturale" (il cosiddetto “natural hedge”) intrinseca al portafoglio. il guadagno derivante dall'apprezzamento del dollaro può parzialmente compensare la perdita nominale sull'investimento in azioni statunitensi. Questo effetto, che si verifica senza costi aggiuntivi, rappresenta un vantaggio strutturale che una strategia di hedging andrebbe a neutralizzare. L’aspetto da rimarcare, che potrebbe passare sottotraccia perché non direttamente visibile è che la copertura valutaria si fa con l’intero portafoglio. In altre parole, spesso ci si sofferma sull’andamento della parte obbligazionaria in valuta, ma in realtà, la copertura arriva anche dall’andamento delle poste azionarie di Paesi che non hanno l’euro come valuta. Infatti, un eventuale apprezzamento, è un esempio casuale, non stiamo dicendo che si è realmente apprezzato, dello zloty polacco, incide positivamente sul valore in euro dell’ETF sulla Borsa polacca – e così via. Questo fa sì che i guadagni di alcune poste compensino le perdite di altre dovute all’andamento di uno specifico cambio. Ecco perché la diversificazione, intesa non solo su diverse valute, ma anche asset, è un approccio globale per gestire il rischio cambio.
La copertura valutaria è una strategia finanziaria utilizzata per proteggersi dai rischi di cambio. L'obiettivo non è massimizzare il rendimento, ma fornire certezza, riducendo o eliminando l'impatto delle oscillazioni sfavorevoli dei tassi di cambio sulla performance finanziaria. Per raggiungere questo scopo, la copertura si avvale di strumenti derivati su valute, quali i contratti a termine (forward), le opzioni su valute e gli swap.
I contratti a termine (forward) sono lo strumento più comunemente utilizzato dagli emittenti di fondi o ETF per creare una classe di prodotto "coperta" (quella per cui nel nome trovi il termine hedged). Si tratta di un accordo tra due parti per scambiare un determinato importo di valuta a un tasso predefinito in una data futura. Il meccanismo è il seguente: l'emittente dell'ETF acquista un contratto derivato che blocca il tasso di cambio per un periodo specifico, solitamente mensile. Se il dollaro, ad esempio, si deprezza rispetto all'euro, la perdita sul valore delle azioni in dollari dell'ETF viene compensata dal guadagno sul contratto forward, poiché il cambio concordato si rivela più conveniente di quello di mercato. Al contrario, se il dollaro si apprezza, il guadagno sull'asset sottostante è neutralizzato dalla perdita sul contratto derivato.
Le opzioni su valute (currency options) offrono un'alternativa più flessibile. Conferiscono all'acquirente il diritto, ma non l'obbligo, di comprare (opzione call) o vendere (opzione put) una valuta a un prezzo d'esercizio (strike) prestabilito. Il vantaggio è che l'acquirente ha un rischio limitato, pari al premio pagato, e un potenziale di guadagno teoricamente illimitato. Il costo principale è appunto il premio, un pagamento iniziale che l'acquirente versa al venditore.
Un elemento cruciale da comprendere riguardo all'hedging è la natura intrinseca dei derivati utilizzati. Poiché i contratti di copertura, in particolare i forward, hanno scadenze relativamente brevi (giornaliere o mensili), devono essere sistematicamente rinnovati per mantenere attiva la protezione. Questo rinnovo introduce una problematica significativa: il rischio di rinnovo. Se il tasso di cambio si muove in modo repentino in una direzione sfavorevole, il rinnovo del contratto non potrà più garantire la stessa protezione del contratto originale, rendendo la copertura imperfetta e, in alcuni casi, meno efficace nel lungo termine. Questa imperfezione tecnica mina l'efficacia dell’hedging su orizzonti temporali estesi.
La scelta tra diversificazione e copertura è profondamente legata all'orizzonte temporale dell'investimento. A breve termine, le valute possono essere estremamente volatili e subire variazioni significative. In questi casi, la copertura può apparire come una soluzione ragionevole per un investitore che ha la necessità di utilizzare il capitale in un futuro prossimo e vuole evitare l'impatto di una svalutazione
Tuttavia, l'evidenza storica dimostra che nel lungo periodo, le fluttuazioni dei tassi di cambio tendono a compensarsi. Un'analisi del cambio Euro/Dollaro mostra che, nonostante periodi di forte volatilità, il tasso è tornato ai livelli di 20 anni fa, al momento della nascita della moneta unica. Questo fenomeno, in cui la "somma è uguale a zero" nel lungo periodo, rende la copertura valutaria una strategia meno necessaria. Un'indagine del 2015 condotta da Vanguard ha persino concluso che non coprire un investimento azionario dalle fluttuazioni valutarie produce risultati molto simili a quelli ottenuti con l'hedging, una volta considerati anche i costi transazionali e amministrativi.
A livello più profondo, la ragione di questa stabilità di lungo periodo risiede nella correlazione tra i tassi di cambio e l'inflazione relativa. Le variazioni nel valore di parità di una valuta sono in gran parte dettate dai tassi di inflazione relativi tra i Paesi. Questo significa che gli investitori a lungo termine hanno già una protezione intrinseca dal rischio valutario. Paradossalmente, l'hedging, pur mitigando la volatilità valutaria nel breve termine, introduce un nuovo rischio legato al differenziale dei tassi di interesse tra la valuta domestica e quella estera. Questo differenziale, noto come costo del carry, può in realtà aumentare la volatilità complessiva dei rendimenti reali su orizzonti più lunghi, rendendo la copertura controproducente. Di conseguenza, l'hedging risolve un problema apparente, ma ne crea un altro più profondo che può erodere i rendimenti nel tempo.
L'argomento più forte contro la copertura valutaria è legato ai costi, che si manifestano sia in forma esplicita che implicita. I costi espliciti sono facilmente identificabili. I prodotti di investimento con copertura, come gli ETF, hanno costi di gestione (TER) significativamente più alti rispetto alle loro controparti non coperte. Questa differenza si accumula nel tempo e può erodere in modo considerevole i rendimenti.
I costi impliciti, tuttavia, sono ancora più insidiosi e spesso non vengono considerati dagli investitori meno esperti.
L'analisi dei costi dimostra quindi che il "vero rischio" non è tanto la fluttuazione valutaria in sé, che come variabile tende a compensarsi nel tempo, quanto il costo sistematico e cumulativo di proteggersi da essa. Questo suggerisce un cambiamento di prospettiva: per un orizzonte temporale ampio, il rischio valutario dovrebbe essere visto non come un problema da eliminare, ma come una variabile da accettare e gestire all'interno di una strategia di diversificazione.
L'analisi comparativa tra diversificazione e copertura valutaria rivela che non si tratta di una scelta tra una strategia "giusta" e una "sbagliata", ma di un'applicazione corretta di filosofie e strumenti in base a specifici contesti. Per l'investitore comune con un orizzonte di lungo periodo che desidera costruire un portafoglio globale robusto, la diversificazione valutaria è la strategia predefinita e più efficace. Essa offre una protezione intrinseca, a costo quasi nullo, che sfrutta la tendenza dei mercati valutari a compensarsi nel lungo termine.
Al contrario, la copertura valutaria è uno strumento tattico. I suoi costi, sia espliciti (commissioni) che impliciti (costo del carry e costo opportunità), agiscono come un freno continuo e potenzialmente significativo sui rendimenti.
Tenendo conto che delle due funzioni differenti, strategica e tattica, della diversificazione valutaria e della copertura, considerando che i nostri portafogli sono studiati per offrire una diversificazione, e quindi già creati offrendo una copertura naturale come visto qualche riga sopra, e che l’orizzonte è quello di lungo periodo, sul quale la copertura è un costo anziché un vantaggio, è semplice comprendere come la nostra filosofia sia quella di abbracciare l'esposizione al cambio aperto come una componente naturale e necessaria della diversificazione globale. Questa mentalità non solo semplifica il processo di investimento, ma si allinea con la natura stessa dei mercati finanziari, trasformando quello che è percepito come un rischio in una fonte di resilienza e potenziale rendimento nel lungo periodo.
C’È DA SCORDARSI I PRODOTTI CON COPERTURA?
Attenzione, infine, ad un aspetto. Come detto, la nostra filosofia, sposando il concetto di diversificazione e di un approccio nel lungo periodo, individua nella diversificazione valutaria la strategia strutturale da seguire. La copertura valutaria, così come il concetto più ampio di copertura (ad esempio quella dai ribassi di mercato), è invece uno strumento tattico di breve periodo. Significa che, in determinate situazioni contingenti ed eccezionali, e qualora si presentino le condizioni di convenienza dei prodotti in termini di rendimenti netti, al netto dei costi della copertura, può avvenire l’inserimento di strumenti di protezione su parte del portafoglio, sia per il rischio valutario sia per il rischio di ribassi dei mercati.
Questo è già successo. Se pensiamo, ad esempio, ai momenti di forti ribassi (come durante l’era Covid, ma anche in altre occasioni), abbiamo consigliato l’uso dei certificati short come strumenti di copertura. Potrebbe accadere nuovamente, qualora le condizioni di mercato lo rendessero utile o necessario. Analogamente, nei mesi scorsi è stato utilizzato un prodotto con opzione quanto, quindi coperto dal rischio valutario: il CLN su società americane. Lo abbiamo impiegato per coprire una parte delle obbligazioni corporate USA, scegliendolo rispetto ad un ETF classico perché offriva un rendimento interessante, con cedola, e al tempo stesso includeva la copertura del rischio cambio a un costo non significativo. Inoltre, è stato consigliato in un periodo in cui le quotazioni del dollaro erano alte rispetto all’euro. Quindi, in una fase in cui il dollaro era più forte e sul mercato era disponibile un prodotto adeguato, per una parte di portafoglio, a titolo di diversificazione, è stato inserito un prodotto con copertura valutaria. Attenzione però: si trattava di un prodotto che aveva senso a prescindere, perché puntava su società americane e in più offriva la protezione dal rischio di cambio.
In conclusione: sulle nostre analisi in rivista o sul sito, non è escluso che possano comparire prodotti pensati per coprire dal rischio di cambio o strumenti come gli short per coprire le posizioni azionarie. Tuttavia, si tratterà sempre di situazioni eccezionali. La normalità rimane quella di non ricorrere alla copertura, ma di puntare sulla diversificazione.
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