Patrimonio netto / totale attivo
Il rapporto tra patrimonio netto e totale attivo è un indicatore importante per valutare quanto una società è patrimonializzata. Confronta, infatti, i mezzi propri di proprietà dei soci (il patrimonio netto, che è dato dal capitale versato e dalle riserve accumulate nel corso degli anni) con il totale attivo (che in sostanza rappresenta il totale degli investimenti effettuati dalla società per portare avanti la propria attività).
Come leggere questo rapporto? Prima di tutto, bisogna considerare che la parte del totale attivo non finanziata dai mezzi propri è finanziata dai debiti (con le banche, con i fornitori, e così via). Di conseguenza, più il rapporto è vicino a zero, più la società è indebitata, perché i mezzi propri finanziano solo una piccola quota degli investimenti. Al contrario, più il rapporto è vicino a uno, più la società è strutturalmente solida, perché gran parte dei suoi investimenti sono finanziati con i mezzi propri e non ricorrendo al debito.
Ciò detto, non significa che un rapporto vicino a 1 sia l’ideale per una società. Oltre alla solidità bisogna, infatti, considerare anche la redditività. Supponiamo, per esempio, che i mezzi propri siano pari a 100 euro e che la società riesca, ogni anno, a ottenere un rendimento del 10% investendoli nella propria attività. Se non contrae nessun debito, quindi con un rapporto tra patrimonio netto e totale attivo pari a 1, a fine anno avrà un utile di 10 euro, con un rendimento, appunto, del 10% per i soci.
Supponiamo invece che prenda a prestito altri 100 euro, quindi il rapporto tra patrimonio netto e totale attivo scende a 0,5 (100 euro di patrimonio netto diviso per 200 euro di totale attivo). I 200 euro investiti nell’attività rendono il 10%, quindi la società a fine anno avrà 20 euro di utili da cui però detrarre gli interessi pagati sul debito. Supponiamo che la società paghi l’8% di interessi sul debito, quindi 8 euro. L’utile al netto degli interessi sarà di 12 euro, quindi con un rendimento del 12% per i soci che hanno investito il patrimonio netto di 100 euro. Un rendimento migliore rispetto al 10% dell’esempio precedente!
In altre parole, finché il costo del debito (l’8% nel nostro esempio) è inferiore al rendimento che la società riesce a ottenere dai mezzi investiti (il 10% nel nostro esempio), allora più crescono i debiti, più aumenta l’utile per i soci: è il cosiddetto effetto-leva. Attenzione, però: più la società si indebita, più è probabile che i suoi creditori chiedano un tasso di interesse più alto, mentre sul fronte opposto più aumenta il totale attivo, più la società potrebbe far fatica a farlo fruttare (per esempio perché ha dei limiti produttivi o perché diventa più complicato trovare nuovi clienti). Di conseguenza, la differenza tra il 10% e l’8% del nostro esempio si può ridurre sempre più, annullando l’effetto-leva.
Da tutto questo deriva che non esiste un livello ideale per il rapporto tra patrimonio netto e totale attivo. Occorre trovare un compromesso tra due esigenze: da un lato, cercare di sfruttare il più possibile l’effetto-leva per aumentare la redditività, dall’altro non ridurre troppo la solidità patrimoniale, per evitare rischi soprattutto nel caso in cui possano presentarsi degli imprevisti.