Banche a rischio, nuovi timori
Data di pubblicazione 06 giugno 2016
Tempo di lettura: ##TIME## minuti
Gli obbligazionisti delle banche “salvate” non hanno ancora riavuto i loro soldi. Gli azionisti delle banche venete rischiano di non vederli mai più. E fuori dall’Italia non va meglio.
BANCA ETRURIA & C: BONDISTI ANCORA IN SOSPESO
Gli effetti della nuova normativa sul bail-in (vedi riquadro) hanno cominciato a farsi sentire già prima della sua entrata in vigore: chi aveva obbligazioni subordinate di Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti già a novembre si è visto azzerare il valore dei propri titoli.
Con il decreto emanato a inizio maggio, il Governo ha stabilito le modalità con cui questi investitori saranno risarciti del danno subìto: ma si tratta, in ogni caso, di una compensazione solo parziale. Per chi accederà alla procedura di rimborso forfetario – e solo la metà circa dei bondisti potrà farlo – il rimborso arriverà al massimo all’80% del valore dell’investimento. E per gli altri, la via per fare giustizia è più complicata, perché bisogna passare per un “arbitrato”.
BANCHE VENETE: A UN PASSO DAL BAIL-IN
Passando dal centro Italia al Veneto, la situazione non è certo migliore. Banca Popolare di Vicenza ha fallito il tentativo di quotarsi in Borsa e ha evitato per un soffio il bail-in grazie all’intervento del fondo Atlante che è diventato il nuovo proprietario della banca, praticamente estromettendo i vecchi azionisti, anche piccoli, che così si ritrovano con un pugno di mosche in mano.
Per Veneto Banca le prospettive non sono molto diverse: l’aumento di capitale non è ancora partito, ma viste le premesse c’è una più che concreta possibilità che si ripeta lo stesso copione visto con Popolare di Vicenza.
NELLA MORSA DEI CREDITI A RISCHIO
Quelli che ti abbiamo citato non sono casi isolati: il problema del recupero dei crediti sta pesando su tutto il settore. Non a caso, l’obiettivo del fondo Atlante, oltre a sostenere gli aumenti di capitale, è proprio quello di acquistare i crediti “a rischio” delle banche.
Ma che sia Atlante o un altro investitore a comprarli, a che prezzo le banche riusciranno a cederli? Il rischio è che più che una vendita si tratti di una svendita, con la conseguenza di dover registrare nuove pesanti perdite in bilancio. Proprio per questo, abbiamo sospeso il giudizio sulla solidità di due degli istituti italiani più “fragili” su questo fronte, Mps e Banca Carige.
MA CON I BOND RISCHIO DAVVERO?
Tutti i casi che ti abbiamo citato coinvolgono, per ora, solo azionisti e detentori di obbligazioni subordinate (le più rischiose): ma attento, questo non deve farti pensare che per i bond ordinari e per i depositi (questi ultimi oltre i 100.000 euro) il bail-in sia solo teorico. Lo dimostra quello che è successo in Austria, dove anche gli obbligazionisti “ordinari” hanno già subìto gli effetti del bail-in.
DALL’AUSTRIA IL PRIMO BAIL-IN UFFICIALE
Lo scorso aprile la “Consob” austriaca ha avviato il primo bail-in ufficiale su Heta Asset Resolution AG. Per coprire un buco di bilancio da 8 miliardi, i bond subordinati di questa banca sono stati azzerati e anche i possessori delle obbligazioni ordinarie si sono visti tagliare del 53,98% il valore dei loro titoli. Non solo: sono stati anche cancellati gli interessi dal 1° marzo 2015 (data in cui erano stati sospesi i pagamenti) e i rimborsi di tutte le obbligazioni “falcidiate” sono stati rinviati al 31 dicembre 2023.
Perché, oltre a subire un taglio del valore dei loro bond, gli obbligazionisti devono anche aspettare oltre 7 anni per riavere quel che è rimasto? Perché questo caso dimostra che l’applicazione del bail-in, passando dalla teoria alla pratica, è ancora più complicato del previsto: nel caso di questa banca, per esempio, il rinvio è dovuto a una serie di cause legali che non termineranno prima di alcuni anni.
BAIL-IN: VECCHI PRODOTTI, NUOVI RISCHI
Dal 1° gennaio 2016, con la direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), investire in prodotti di una banca (azioni, obbligazioni, depositi…) significa rischiare di più rispetto al passato: se prima, in caso di difficoltà, lo Stato ci metteva una pezza, ora sono investitori e clienti a dover pagare di tasca propria. Per gli azionisti la situazione non è, in fondo, molto diversa dal passato – come proprietari di una “fetta” della banca sopportavano già in passato il rischio-fallimento – ma per obbligazionisti e correntisti è una svolta epocale. E i casi di cronaca degli ultimi mesi dimostrano che è un rischio più che concreto.