L’ombra della banca che fu
Monte Paschi (1,31 euro) soffre ormai da parecchi anni: dal 2011 i ricavi da interesse della banca – danno un’idea di quanto stia lavorando con aziende e consumatori in quanto è quello che incassa dalla concessione dei prestiti – sono sempre scesi, anno dopo anno, contraendosi complessivamente del 67%. Dal 2011 a oggi la banca ha chiuso solo due bilanci in utile: 2015 e 2018, che messi insieme hanno fruttato poco meno di 700 milioni di euro. È un risultato irrilevante rispetto a i 21 miliardi (sì, miliardi) di euro di perdite registrate in totale nel corso degli altri anni. Solo due anni fa la banca prevedeva di chiudere il 2019 con un utile di quasi 600 milioni di euro, ora, invece, l’obiettivo è di riuscire a fare un poco meglio del 2018 (intorno ai 300 milioni): in pratica l’obiettivo è stato dimezzato.
Più solida di un tempo…
Le svalutazioni di bilancio sono state comunque un male necessario per rendere la banca più solida. Guarda i dati nella tabella qui sotto.
Monte Paschi alla prova | ||||||
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Indicatore | Mps | Banco Bpm | Intesa Sanpaolo | Ubi Banca | Unicredit | Carige |
Cet1 | 13,7% | 12,1% | 13,5% | 11,7% | 12,1% | 10,7% |
TCR | 15,2% | 14,7% | 17,7% | 13,8% | 15,8% | 12,9% |
Crediti deteriorati/tot. crediti | 9% | 6,5% | 4,2% | 6,7% | 3,2% | 12,1% |
Copertura crediti deteriorati | 53% | 43% | 55% | 49% | 61% | 46% |
Crediti marci/tot. crediti | 3,7% | 2,8% | 1,8% | 3,1% | 1,2% | 2,1% |
Copertura crediti marci | 62,4% | 59,6% | 67,2% | 59,1% | 72,6% | 67,3% |
Texas Ratio | 95% | 84% | 67% | 66% | 51% | 107% |
In tabella abbiamo riportato le principali banche italiane in termini di attività e di sportelli. Per confronto, sono stati inseriti anche i dati di Carige, banca in difficoltà in questo momento.
Gli indicatori di solidità Cet1 e Total capital ratio, che danno un’idea della forza della banca in relazione ai rischi assunti, cioè ai soldi prestati, a fine 2018, si sono attestati su livelli simili alle principali banche italiane. Addirittura, l’indicatore Cet1 si attesta a 13,7%, il dato migliore tra i principali concorrenti: solo due anni fa era l’8,2% e nel 2011 era il 10,3%.
… ma ancora con tanti crediti marci in pancia
Detto questo, la banca non è al sicuro. Anche al netto delle svalutazioni, i crediti con difficoltà di recupero rappresentano, per Mps, il 9% del totale dei crediti concessi – per Unicredit, per esempio, il valore è di 3,2%. E tra questi crediti con difficoltà di recupero, quelli ormai “marci”, quasi senza speranza (le “sofferenze”), per Mps sono il 3,7% dei prestiti totali. Peggio persino di Carige (già “commissariata” dalla Bce) e della media delle banche italiane (2,1%). Il Texas ratio è ancora vicino al 100% – solo Carige fa peggio.
Fragile
Per effetto delle indicazioni della Banca centrale europea, Mps deve azzerare i crediti marci nel giro di 7 anni. La cessione potrebbe comportare perdite che potrebbero ridurre l’indice Cet1 dello 0,8% ogni anno. Inoltre, anche se la banca ha venduto un terzo dei BTp in pancia, il loro peso è ancora rilevante (oltre il 150% del patrimonio): per ogni 1% di aumento dello spread tra titoli di Stato italiani e tedeschi ci potrebbe essere una riduzione dell’indice Cet1 dello 0,5%. Insomma, l’indicatore di solidità, per ora ampiamente sopra i minimi imposti dalla Banca centrale europea, potrebbe scendere pericolosamente verso i suddetti limiti (10% per il 2019).
Rischio bail-in
Se ci si avvicina a quei limiti, la banca potrebbe essere costretta a un ennesimo aumento di capitale. È un male per gli azionisti, ma c’è di più. Lo Stato, che ha salvato nel 2017 Monte Paschi comprando le sue azioni, entro fine anno deve dichiarare all’Europa come ha intenzione di uscire dalla banca. Su quelle azioni lo Stato a oggi perde intorno all’80% e trovare un compratore non è semplice – oltre ai problemi dei crediti marci, sulla banca incombono potenziali cause legali per 5 miliardi di euro (il 55% del patrimonio e 3,3 volte il valore della banca in Borsa). Le altre banche italiane più solide, per ora, nicchiano – Intesa Sanpaolo, in particolare, ha detto di aver “già dato” con il salvataggio delle banche venete. Lo Stato potrebbe cercare di far rilevare Mps dalla Cassa depositi e prestiti, ma il rischio è che le Autorità europee blocchino questa soluzione. Se il Governo non trova una via d’uscita (ipotesi non da escludere, vista l’incertezza politica che potrebbe esserci dopo il voto europeo), c’è il rischio che si vada al bail-in: significa che per salvare la banca si annullerebbe il valore delle azioni e dei bond Mps e si potrebbe anche arrivare a toccare i soldi dei correntisti per importi sopra i 100.000 euro. Per questo te lo ribadiamo: non avere in mano azioni e obbligazioni del Monte Paschi. Se le hai, vendile anche se ci stai perdendo praticamente tutto e anche se la scadenza delle obbligazioni è ravvicinata. Inoltre, per estrema prudenza, limita i soldi sui conti Monte Paschi o Widiba a un massimo di 100.000 euro.
72 euro a cranio
Nel 2017 lo stato ha sborsato 3,9 miliardi di euro per sottoscrivere l’aumento di capitale di mps. Inoltre, ha speso circa 1,5 miliardi di euro per ripagare (in gran parte) i piccoli risparmiatori che avevano sottoscritto bond subordinati della banca (i bond sono stati convertiti in azioni mps, che lo stato ha poi ricomprato). Nel complesso ha speso 5,4 miliardi di euro per le azioni monte paschi. Oggi quelle azioni valgono circa 1,02 miliardi di euro: è una perdita di 4,4 miliardi di euro (72 euro a italiano, compresi i neonati). I prestiti obbligazionari concessi dallo stato in precedenza (cosiddetti Tremonti e Monti bond) sono stati, invece, ripagati dalla banca.