Accordo al cardiopalma
Oggi, cioè proprio l’ultimo giorno utile prima della scadenza dell’ultimatum imposto dall’Europa, è stato trovato un accordo per puntellare, almeno per ora, i traballanti conti di Carige.
Il piano è complesso, come d’altronde è complessa la situazione del gruppo. Servono 900 milioni di euro, e in base agli accordi raggiunti dovrebbero essere raccolti in due modi: 700 milioni con un aumento di capitale vero e proprio, gli altri 200 milioni con un bond subordinato (una via di mezzo tra azioni e obbligazioni, che le autorità di controllo considerano come “quasi-capitale”). Parliamo di cifre superiori all’attuale patrimonio di Carige, insomma una vera e propria cura da cavallo.
Sì, ma chi ci mette i soldi?
Quasi la metà dell’aumento di capitale non apporterà mezzi freschi: 320 milioni di euro verranno infatti dalla conversione del bond sottoscritto in passato dalla parte “volontaria” del fondo interbancario. Altri 65-70 milioni saranno sottoscritti da Cassa Centrale Banca (uno dei due “poli”, con Iccrea, intorno a cui si sono aggregate le banche cooperative). Bene, anzi male, mancano all’appello altri 320 milioni: 170 li metterà ancora il fondo interbancario, stavolta con la parte “obbligatoria”, e gli altri 150 milioni dovrebbero metterli, in teoria, gli attuali azionisti. Ma diciamocelo, non c’è certo la fila: l’esborso del fondo interbancario, che si è impegnato a sottoscrivere la parte “rifiutata” dai soci, potrebbe salire a 320 milioni.
E il bond subordinato? La metà sarà sottoscritta, ancora una volta, da Cassa Centrale Banca. Per gli altri 100 milioni, ancora non ci sono notizie certe: negli ultimissimi giorni sono circolate voci su un apporto da Banca Mediolanum, Cattolica, i fondi Varde oppure Apollo (lo stesso che aveva già proposto un’offerta in passato, ma poi il tentativo è andato in fumo. Prima di Apollo, anche il fondo BlackRock aveva tentato un “assalto” simile a Carige, ma anche questo non si è concretizzato). Ma riteniamo più probabile che a metterci i quattrini saranno, alla fine, due banche pubbliche: Credito Sportivo e Mediocredito Centrale.
Conclusione: con buona pace dell’Europa, a fornire la gran parte del “puntello” a Carige sarà in un modo o nell’altro lo Stato, o comunque la collettività tramite il fondo interbancario. In pratica, tu.
Presto per cantare vittoria
Tutto risolto? Niente affatto. Primo, questo è solo un primo accordo, che presenta ancora diversi “buchi” sull’attuazione concreta. L’intervento del fondo interbancario dovrebbe essere limitato a pochi anni, ma proprio le trattative sul futuro sono uno degli scogli ancora non del tutto superato. Negli ultimi giorni, le trattative tra Cassa Centrale Banca e il fondo interbancario si erano arenate, mettendo in dubbio l’intero piano, sul come la banca atesina subentrerà, in futuro, al fondo. Per convertire il bond in azioni, per esempio, chiedeva uno “sconto” di ben il 90%. Pare che alla fine un accordo si sia trovato, ma ancora non è chiaro a che condizioni. Insomma abbiamo rispettato l’ultimatum dell’Europa che chiedeva un primo progetto entro fine luglio, ma per un piano definitivo e dettagliato ci vuole ancora tempo.
Secondo, mancano diversi passi formali per concretizzare l’intervento: le assemblee dei vari soggetti coinvolti devono dare la loro approvazione – quella di Carige, in particolare, non esaminerà la proposta di aumento di capitale prima di fine settembre, e ci sono già state “sorprese” in passato.
Terzo, Carige ha già varato diversi aumenti di capitale negli ultimi anni, e tutti sono stati “bruciati” nel giro di poco tempo. Il pericolo che succeda di nuovo è concreto: basti pensare che pochi mesi fa, quando si è cominciato a parlare della necessità di un intervento in Carige, si parlava di dover raccogliere 500 milioni di euro. Solo un mese fa, quando ti abbiamo aggiornato l’ultima volta, già eravamo saliti a 700 milioni di euro. Oggi siamo a 900 milioni… trai tu le conclusioni.
La nostra posizione non cambia
In attesa che dalle parole si passi (ce lo auguriamo) ai fatti, il nostro giudizio sulla solidità di Carige resta sospeso. Anche i nostri consigli restano quelli che ti abbiamo dato un mese fa: se sei azionista, non puoi fare nulla se non attendere, perché il titolo è sospeso (l’azione Carige è sospesa dalla Borsa dallo scorso dicembre. Prima della sospensione, il titolo era sprofondato a 0,0015 euro e l’intera Carige valeva solo 83 milioni di euro). Quanto all’aumento di capitale, se e quando si arriverà a vararlo, non sottoscriverlo. Se sei obbligazionista, vendi, perché il rendimento non ripaga il rischio. Se sei correntista, guardati intorno con l’aiuto del selettore che trovi sul sito di Altroconsumo: non tanto perché corri un rischio immediato (i casi passati hanno dimostrato che anche in situazioni di forte difficoltà il “sacrificio” dei correntisti viene considerato come ipotesi da ultimissima spiaggia), ma perché i conti di Carige sono, in media, cari, e puoi trovare di meglio.
Per chi si è perso le puntate precedenti...
Da tempo i conti di Carige mostrano pesantissime difficoltà: il 2018 si è chiuso in perdita per 272 milioni di euro. Le difficoltà sono arrivate a un punto tale che da gennaio 2019 Carige è commissariata, cioè è gestita dai commissari nominati dalla Banca centrale europea e non più dal consiglio di amministrazione eletto dagli azionisti. La parte “volontaria” del fondo interbancario ha già sottoscritto un bond da 320 milioni di euro, ma ora anche questo non è più sufficiente. L’Europa chiede un nuovo rafforzamento patrimoniale, in parole povere bisogna trovare altri capitali freschi per riportare il capitale della banca al di sopra dei livelli minimi di sicurezza.