All’appello mancano quasi due miliardi di euro…
Il “caso” Wirecard è scoppiato alcuni giorni fa, iniziato con il ritiro, in fretta e furia, del bilancio 2019 e proseguito con la sospensione del rating da parte di Moody, una sequenza che per la successione degli eventi ricorda molto quella della vicenda Parmalat – con tanto di bilancio taroccato, con l’azienda che prima va a gambe all’aria e, solo in seguito, con le agenzie di rating che rivedono il loro giudizio – ed è culminato con l’arresto del fondatore ed ex amministratore delegato Markus Braun.
Cos’è successo di tanto grave da far ritirare il bilancio 2019? Semplicemente la società di revisione Ernest&Young si è rifiutata di certificare il documento. Mancano, infatti, quasi due miliardi di euro, che Wirecard affermava di avere depositati su conti fiduciari in due banche nelle Filippine. Nelle Filippine, invece, non solo non è arrivato nemmeno un euro, ma nel Paese questo euro non è nemmeno transitato, stando a quanto è stata costretta ad affermare la Banca centrale filippina, che si è trovata tirata in ballo dalle autorità tedesche. Insomma, questi 1,9 miliardi di euro semplicemente “non esistono”. Solo in seguito, pochi giorni fa, Moody ha sospeso il rating di Wirecard – che le aveva assegnato per la prima volta a fine agosto 2019, era Baa3, lo stesso che ha oggi l’Italia, non eccellente, ma che di sicuro non fa pensare a un fallimento imminente.
Wirecard, la risposta tedesca a PayPal
Cosa fa Wirecard? Offre la tecnologia che permette i pagamenti elettronici e l'emissione di carte di credito. Ha un servizio di pagamento online - suoi diretti concorrenti sono, tra gli altri, PayPal e Western Union - e fa parte a pieno titolo del settore “fintech”.
Del gruppo fa parte anche la controllata Wirecard Bank AG, con licenza bancaria tedesca e membro dei circuiti di pagamento VISA, MasterCard e JCB.
… circa il 68% del fatturato 2019
Al di là del danno d’immagine per tutto il sistema finanziario tedesco e per il settore fintech, ovvero di quelle società che hanno abbinato l’uso delle ultime tecnologie al mondo della finanza, di cui Wirecard fa parte, per dare una misura dell’entità del “disastro” basta osservare che i quasi 2 miliardi di euro sono circa il 68% del fatturato dichiarato per il 2019 (2,8 miliardi di euro), unico dato del 2019 reso noto. Il dubbio che Wirecard, fondata del 1999, cresciuta molto rapidamente negli ultimi anni - vedi box sotto – e divenuta un vero e proprio colosso, le cui dimensioni potevano competere con quelle di grandi banche tedesche, abbia usato un sistema di “contabilità creativa” da lungo tempo, c’è eccome.
Una crescita esponenziale
Nel corso di pochi anni Wirecard è cresciuta in modo esponenziale. Nel 2015 i ricavi erano di 771 milioni di euro, e sono raddoppiati, in pratica, due anni dopo; il 2017 si è chiuso con ricavi a 1.490 milioni di euro, lievitati a 2.090 nel 2018. L’utile ha seguito più o meno la stessa dinamica, passando dai 142,6 milioni di euro del 2015 a 347,4 milioni del 2018, stando ai dati di bilancio del gruppo (fonte: Deutsche Boerse). Interessante notare come il price earnings del gruppo – una sorta di prezzo al metro quadro per le azioni – sia quasi sempre stato superiore a 40; nel 2018 era 47,3, sintomo di un’azione di certo non a buon mercato.
Sull’orlo del fallimento
Una “nuova Parmalat” in salsa tedesca, e il futuro di Wirecard sembra essere segnato, stando all’andamento del prezzo del bond Wirecard 0,5% 11/9/2024 (Isin DE000A2YNQ58) che, alla chiusura del 26 giugno, quotava intorno a 23 – per fare un paragone, è un prezzo simile a quello dei bond argentini a pochi giorni dall’ultimo default, nel maggio scorso. Lo stesso bagno di sangue è toccato all’azione Wirecard (Isin DE0007472060) il cui prezzo è crollato dai 100 euro per azione di metà giugno ai circa 1,42 del 26 giugno.
Il bond Wirecard crolla a livelli “argentini”
Da un prezzo di 100 a poco più di 23 in pochi mesi: il mercato esprime così la sua convinzione del fallimento prossimo della Wirecard. (Valori di chiusura del 26 giugno 2020)
Dalle stelle alle stalle in poche settimane, insomma: tanto che, nelle scorse ore Wirecard ha annunciato l’intenzione di presentare domanda di apertura per una procedura di insolvenza presso il tribunale distrettuale di Monaco. Motivo? Imminente insolvenza e indebitamento eccessivo. E non è finita qui: migliaia di utenti di carte prepagate SisalPay si sono trovati nell’impossibilità di pagare usando la propria carta. Il motivo? L’autorità di controllo britannica FCA ha bloccato l’operatività di tutte le carte emesse appoggiandosi ai sistemi Wirecard, tra cui, appunto, quelle SisalPay, con enormi i disagi per utenti. Tempo qualche giorno e le carte verranno sostituite, con altre emesse da Banca 5, stando alle dichiarazioni di SisalPay. Ma quanto accaduto non può essere ignorato. Lo scandalo Wirecard accende un faro su problemi di trasparenza e corporate governance che potrebbe travolgere l’intero settore fintech, fino a oggi considerato un sistema economico, efficiente, innovativo integro rispetto alla realtà bancaria attuale. Non solo: solleva dubbi anche sul reale stato di salute del sistema bancario tedesco e sull’effettiva corrispondenza tra rating e reale stato di salute di una società. Wirecard si occupa di sistemi di pagamento virtuali, ma all’interno del gruppo c’è anche una banca. Inoltre, stando alle indiscrezioni ci sono 15 banche, tra cui ABN Amro Bank NV, Commerzbank AG e ING Groep NV che vanterebbero crediti nei confronti di Wirecard per 1,75 miliardi di euro. La vicenda della società tedesca Wirecard getta una luce sinistra sul comparto delle fintech: potresti quindi chiederti se anche altre fintech hanno problemi simili o possano averne. Ne approfittiamo, quindi, per fare il punto su alcune di cui ti abbiamo parlato e che ti abbiamo consigliato in passato.
N26 e bunq consigliate per evitare il rischio Italia
Nel tempo ti abbiamo consigliato due banche, N26 e bunq, la prima tedesca e la seconda olandese, con l’obiettivo di mettere al riparo il tuo denaro da problemi di affidabilità del sistema bancario italiano. Il vantaggio era quello di poter aprire un conto corrente all’estero senza però doversi recare nel Paese in questione e con costi legati al conto corrente concorrenziali. Contrariamente a un conto in Svizzera, infatti, era sufficiente compilare dei form online, verificare la propria identità registrando un video e con un bonifico inviare il denaro. Per quanto riguarda N26, però, di recente questa situazione è cambiata: i nuovi clienti apriranno un conto presso la succursale italiana, con un IBAN italiano, quindi, e non tedesco. Il conto per le esigenze di base (prelievi al bancomat, invio bonifici…) resta a costo 0, potrai anche farti accreditare lo stipendio o la pensione sul conto, non ti toccherà più fare la dichiarazione dei redditi, ma la banca lo farà per te, e, infine, la banca ti paga il bollo fino al 30 settembre. Il fatto, però, di avere un IBAN italiano potrebbe cambiare le cose dal punto della diversificazione del rischio Italia. Discorso diverso per quanto riguarda bunq: se apri il conto corrente – tutto online – avrai un conto con IBAN olandese. Ti metti al riparo dal prelievo forzoso, ma a caro prezzo: il conto costa 7,99 euro al mese, sono gratuiti solo 10 prelievi al mese da sportelli bancomat, poi paghi una commissione di 0,99 euro per prelievo e ti devi fare da te la dichiarazione dei redditi. Se, però, temi così tanto il rischio Italia e legato al sistema bancario italiano e vuoi aprire un conto all’estero senza muoverti dall’Italia questa resta l’unica soluzione senza alzarti dal divano.
I soldi vanno in Germania e in Olanda
Ma aprendo N26 o bunq dove vanno i tuoi soldi? Nel caso di N26 in Germania – eccetto la riserva obbligatoria dell’1% detenuta in Italia – e nel caso di bunq in Olanda. Conseguenza diretta di questo fatto è che a tutelarti sono i fondi di tutela interbancari dei rispettivi Paesi, Germania e Olanda, sempre per 100.000 euro massimi a correntista, e che, in caso di problemi, saranno l’interlocutore a cui dovrai rivolgerti. Non esattamente una passeggiata, per motivi linguistici, ma anche possibili difficoltà a reperire la documentazione - spesso ti vengono mandati solo sms o mail per confermarti le operazioni, e se ti serve della documentazione devi andare a cercartela online. E questo è il primo dei problemi che vediamo per N26 e bunq. Il secondo punto problematico è legato alla difficoltà di procurarsi informazioni per conoscere lo stato di salute della banca: per N26 – che abbiamo interpellato con esito negativo per farci inviare qualche dato, vedi a fine articolo – non abbiamo trovato il bilancio sul sito – qualche dato si trova qui e là online, ma non possiamo pronunciarci sulla sua affidabilità. Per bunq abbiamo trovato con fatica un bilancio 2018, molto più scarno rispetto a quello che siamo abituati a vedere per le banche italiane. In base a questo documento non sembrerebbero evidenti problemi, ma i dati risalgono a 18 mesi fa, e in 18 mesi ne passa di acqua sotto i ponti… Insomma, rivolgiti a bunq conscio delle problematiche elencate sopra. Se sei un vecchio cliente N26, tieniti stretto il tuo IBAN tedesco. Se, invece, stai valutando di aprire un conto N26 oggi, ricorda che avrai un conto con un IBAN italiano come tanti altri, e che di conti a costo 0 oggi ce ne sono diversi, e non è detto che sia la scelta migliore per le tue esigenze. Verificalo qui.
Il “nostro” rating per le banche
Per questo motivo, anni fa, abbiamo creato il “nostro” rating per le banche italiane: nel tempo, alle prime avvisaglie di problemi, abbiamo sospeso il nostro giudizio di diverse banche, come, per esempio, Banca Popolare di Bari, Deutsche Bank, Carige e Monte Paschi, per poi ripristinarlo, come nel caso di Mps. Talvolta, come nel caso di Carige le nostre prese di posizione hanno suscitato le rimostranze anche della banca coinvolta. I fatti, però, ci hanno sempre dato ragione. Qui puoi controllare lo stato di salute della tua banca.
E poi c’è Revolut, di cui ti abbiamo già parlato alcune volte in passato, una specie di “borsellino elettronico”, con codice IBAN britannico, che ti permette sia di fare e ricevere bonifici, sia di avere una carta di credito con cui pagare i vari esercenti in giro per il mondo e con cui prelevare al bancomat. Non è un vero conto corrente, ma ha le stesse funzioni di base, a cui affianca anche un servizio di trading online – con alcuni limiti, vedi qui. Anche qui non abbiamo trovato alcun dato di bilancio. La società, nella seconda metà del 2019 ha anche avuto qualche problema legato a una gestione delle risorse umane poco rispettosa di leggi e regolamenti.
Sei cliente di N26? Chiedi alla banca i dati di bilancio.
Abbiamo chiesto alla banca tedesca alcuni dati di bilancio, tra cui CeT 1 ratio e Total capital ratio: dato il clamore suscitato dallo scandalo Wirecard volevamo avere delle rassicurazioni sullo stato di salute dell'istituto di credito, di cui ti abbiamo consigliato il conto a più riprese. La banca ci ha risposto che non essendo quotata non ha obbligo di renderli noti e non intendeva divulgarli. Chiedili tu: come cliente hai il diritto di sapere come sta la banca a cui hai affidato il tuo denaro. Se riesci ad averli, girali anche a noi. Ci aiuterai nel nostro lavoro.