È tempo di resoconti… vediamo che vi stanno arrivando, perché molti di voi ce li stanno già girando. Ma di che resoconti stiamo parlando? Si chiederà chi non ha ancora trovato il suo nella buca delle lettere. Si tratta di una lettera della tua banca, a volte smilza, a volte di diverse pagine, che deve dirti quanto ti è costato farla “lavorare” per te. Se scritto a regola d’arte contiene una tabella molto chiara in cui ti si riassumono tutte le tue spese e nulla più. In gergo li chiamiamo resoconti Mifid2 dal nome della direttiva europea che li ha previsti. In questi mesi stanno arrivando a casa tua quelli del 2020, relativi ai costi sostenuti nel corso del 2019 (funzionano come la dichiarazione dei redditi, il 730 del 2020 è sui redditi di un anno prima). Già l’anno scorso abbiamo iniziato un’inchiesta chiedendo la tua collaborazione su questo ed è venuto il momento di fare il punto su come è andata.
Quando arriva anche a te la documentazione mandacela a mifid2@altroconsumo.it. Ovviamente, puoi farlo in maniera del tutto anonima (anzi, ci fai un favore) cancellando i tuoi dati personali (nome, cognome, numero di conto). Vogliamo conoscere dal vivo il comportamento della tua banca.
UN ESORDIO MOLTO CONFUSO
Il 2019 è stato l’anno d’esordio dell’applicazione della Mifid 2 e abbiamo raccolto grazie a voi poco meno di 200 rendiconti per poi analizzarli. Il risultato (quanto costa la tua banca) te lo abbiamo anticipato nel sommario di questo articolo. Si tratta ovviamente del dato 2018 reso noto solo nel 2019. Se sei impaziente di vedere i risultati di questa indagine puoi andare subito al paragrafo Banca quanto mi costi. Se, invece, sei digiuno di Mifid 2 e vuoi prima capire qualcosa di più su questo documento, non disperare perché qui di seguito cerchiamo di spiegarti come funziona (così appena ti arriva a casa anziché cestinarlo lo leggi senza fatica) e che cosa farne.
Il peso dello Stato
L’informativa mifid 2 mette in luce anche il peso dell’erario. La scoperta che ne viene fuori è che lo stato non lesina di prendersi la sua parte di denaro appena può, tra imposta di bollo e balzelli sui guadagni di borsa. Insomma, in tempi in cui si parla di patrimoniale per rimpinguare le casse dell’erario, il fatto di poter osservare come sia comunque presente già da ora una tassazione rilevante sui risparmi ci ricorda come se non ce ne fosse bisogno che già ora i nostri soldi non dormono sonni del tutto tranquilli.
Quali sono i costi principali?
Alla pagina seguente trovi un fac-simile di questa documentazione (ricavata da quelle più chiare del test). Contiene i costi dei tuoi investimenti e la puoi usare come vademecum per orientarti. Ti deve indicare i costi sia in valore assoluto, sia in percentuale sul valore medio del tuo patrimonio nel corso dell’anno e deve specificare: il costo dei servizi di investimento e dei servizi accessori ad esso legati, i pagamenti che la tua banca riceve da altri per averti venduto ad esempio fondi comuni, il costo degli strumenti finanziari. Il costo dei servizi, per intenderci, è quello che ti fa pagare la banca per fare il suo lavoro: se compri 5.000 euro di azioni Enel e paghi lo 0,7% (35 euro) questi 35 euro sono un costo del servizio. Idem per il costo di tenuta del conto titoli, e chi più ne ha più ne metta. La seconda voce sono i soldi che la tua banca non riceve direttamente da te: li riceve da chi ha creato un prodotto che tu hai comprato e che, così, ripaga la banca del favore di avertelo venduto. Per esempio, se hai 10.000 euro di fondi e ci paghi il 2% di spese (200 euro) parte di questi soldi (per esempio 120 euro) non vanno al gestore, ma alla rete di vendita. La terza voce sono i costi dei prodotti in sé e per sé, cioè, tornando al caso precedente, i 200 euro che ti è costato il fondo.
Banche spesso abbottonate
Darti queste informazioni per le banche deve essere stata una sofferenza, perché con questo documento il Re (cioè la banca, l’intermediario) è nudo. Il 2018 non è stato un anno mirabolante per i tuoi soldi e molti hanno potuto vedere che a fronte di investimenti in perdita hanno avuto delle spese che hanno contribuito ad aumentare queste perdite. Certo, sono spese per servizi resi, ma venirti a dire: tu a volte vinci e a volte perdi, ma io, banca, vinco sempre, suona irritante. Morale, alcune banche sono state più coraggiose, altre meno: se qualcuno ti ha mandato il resoconto in tempi rapidi, qualcun altro ci ha messo mesi, e il rendiconto è arrivato solo a fine 2019, quando magari ti eri dimenticato del 2018. Per esempio, abbiamo visto delle lettere di Carige datate 18/11. Ma non solo. Qualcuno (per noi più bravo) si è limitato a darti le informazioni che servivano (per esempio Onlinesim o Moneyfarm) senza distrarti. Il titolo della lettera suona più o meno “Costi sostenuti” o “Mifid2”, quindi dopo poche righe di preambolo o anche nessuna si va diritti al soldo con una tabella che contiene tutti i costi specificando se si tratta di costi una tantum, come quelli di compravendita titoli o, piuttosto, spese che si ripetono ogni anno, come le spese di gestione dei fondi che presumibilmente potresti rilevare anche l’anno successivo. In più, quelli bravi bravi (per esempio Banca del Fucino) in fondo alla lettera ti hanno detto pure quanto hai guadagnato (o perso) al netto delle spese e quanto avresti guadagnato (o perso) senza quelle spese. Insomma, ti hanno fornito informazioni corrette, chiare e non fuorvianti. Ma non tutti sono stati così diretti. Qualche intermediario ha pensato bene di inserire queste poche informazioni dentro documenti lunghissimi (è il di Fideuram, Ubi Banca, Mediolanum, Azimut, Allianz). Uno apre il documento, vede pagine e pagine di andamento dei mercati o, addirittura, del materiale pubblicitario e pensa subito a cestinarlo. I costi ci sono, ma uno ci deve proprio far cascare l’occhio per capire che sono importanti e che gli han depresso i rendimenti. Certo c’è chi come Ubi Banca stampa in bella vista sopra il malloppo la scritta Mifid II, e spiega in una pagina di che cosa si tratta, ma la lettera che abbiamo avuto tra le mani era datata 31 luglio, e immaginiamo la voglia di approfondire che cosa si celasse dietro a quell’acronimo mentre la canicola agostana imperversava. In futuro le cose dovrebbero migliorare: la Consob a maggio 2020, ha indicato in maniera più precisa la struttura del documento e il suo contenuto e ha chiesto che questa informativa arrivi entro aprile. Visto che lo ha detto a maggio immaginiamo se ne riparli nel 2021.
La nostra indagine è stata fatta su 1.750 pagine di rendiconti e oltre 30 milioni di euro di patrimonio, per un totale di poco meno di 200 rendiconti.
La migliore documentazione? È chiara, quindi breve, sotto forma di tabella, ti dice anche come è andato il tuo portafoglio e come sarebbe potuto andare se non ci fossero state le spese.
IL NOSTRO CAMPIONE
Il campione che abbiamo esaminato rappresenta oltre 30 milioni di euro di risparmi e poco meno di 200 resoconti (in realtà ne sono arrivati di più, ma qualcuno di voi ha cancellato troppe informazioni, qualcun altro ci ha girato una lettera sbagliata…), quindi è ampio. Il problema è che ogni banca procede un po’ per conto suo nel calcolo delle voci e nella loro descrizione per cui, in attesa che il richiamo della consob sortisca i suoi effetti, tieni conto che il confronto tra le voci in tabella non è sempre facile. Ti facciamo un esempio della babele che hai di fronte: qualcuno mette il costo del fisco, qualcuno no, qualcuno mette del fisco solo il bollo, qualcuno anche le tasse sul capital gain, quindi abbiamo alcuni totali con il costo del fisco e altri senza. Qualcuno gli incentivi (i costi retrocessi da chi crea prodotti finanziari) li scorpora direttamente dal costo di questi prodotti (quindi vanno sommati), qualcun altro non li scorpora, ma li segnala a parte (quindi bisogna fare attenzione a non leggerli due volte). Qualcuno non mette le somme in percentuale, ma solo in valore assoluto (in questi casi abbiamo tentato noi il calcolo delle percentuali sulla base dei dati disponibili). Ovviamente, usare un conto per fare compravendita azioni e obbligazioni è diverso che comprarci un fondo, perché nel primo caso si spende di meno, ma ci sono ovviamente dei resoconti in cui si vede che il risparmiatore aveva sia titoli, sia fondi, per cui il dato di costo medio che ne risulta finisce essere una via di mezzo e sovrastima alcuni costi sottostimando gli altri.
BANCA, QUANTO MI COSTI?
Veniamo all’indagine sui costi. I dati complessivi te li abbiamo anticipati. I dettagli sono nella tabella I costi dei vostri resoconti. Iniziamo dal costo degli strumenti finanziari, cioè fondi, Etf… (è la voce “prodotti”): il dato medio è dello 0,9%, ma nei resoconti che abbiamo raccolto si va da 0 al 4,83%. Il valore è stato ovviamente 0 in tutti i casi in cui vi siete limitati al trading in azioni e obbligazioni. Per esempio, 0 è il risultato di alcuni resoconti di Ing relativo alla sola attività di trading, mentre nei resoconti di Ing con dentro Investimenti Arancio questa voce pesa per circa uno 0,6% (a cui si aggiunge un 1,5% di incentivi, vedi tabella). Il dato 4,83% è, invece, relativo a un resoconto di Banca Ifigest (cioè Fundstore) in cui il risparmiatore aveva fatto molte compravendite che, a suon di costi di acquisto e vendita, han fatto volare le spese complessive del suo investimento (i costi correnti, cioè quelli che si pagano ogni anno indipendentemente dalle spese complessive sarebbero stati altrimenti solo un terzo delle spese sostenute). In genere i costi più elevati li abbiamo trovati presso intermediari dove si acquistano prodotti di risparmio gestito (per esempio Fundstore col 2,5%). È un dato elevato nel caso dei fondi, ma basso nel caso degli Etf, come risulta dai resoconti di Moneyfarm che, investendo in Etf, fa sostenere solo un costo dei prodotti dello 0,4%. Una morale qui è che se vuoi risparmiare nei costi devi fare il più possibile fai-da-te in azioni o bond o usare Etf. I fondi van bene solo se sono molto buoni, perché altrimenti ti prendi solo le spese. I costi di servizio sono stati in media lo 0,5%. Si va da 0, come nel caso di Fundstore che i soldi li prende dai gestori dei fondi sotto forma di retrocessioni, a valori più elevati, ma che, comunque, restano sotto l’1%. Abbiamo visto un solo rendiconto veramente caro con un costo del 10%, ma si trattava di un conto con sopra poche decine euro di giacenza, per cui lì basta anche una spesa fissa di pochi euro per far saltare i conti ed è poco rappresentativo. Casi come questi offrono un promemoria: se non usi un conto corrente e non hai intenzione di usarlo, chiudilo. Non hai idea di quanti soldi puoi buttare via. Gli incentivi, cioè i soldi che le banche si fanno retrocedere dai gestori dei prodotti come remunerazione per la vendita sono circa lo 0,6%. Sono del tutto assenti, quando il risparmiatore fa solo trading, come per esempio nei resoconti di Binck, o in alcuni targati Ing, sono elevati là dove ci sono prodotti di risparmio gestito (per esempio li vedi con lo 0,8% di IWbank). Ora, però, tocca te: prendi in mano il tuo rendiconto appena ti arriva e studiatelo per bene. I costi dei servizi che ti fa pagare la tua banca ti paiono elevati? Forse è il caso che cambi banca. Ricorda che sul nostro sito se clicchi su Risparmiare e poi su Conti correnti puoi scoprire il conto meno caro: fai delle simulazioni di utilizzo e usalo per dei confronti con il tuo rendiconto. E se, invece, vedi che a essere cari sono i prodotti che hai, sfrutta l’occasione per rivedere il tuo portafoglio in base ai nostri consigli (qui nel nostro sito devi cliccare su Investire e su La nostra strategia).
I COSTI DEI VOSTRI RESOCONTI | ||||||
---|---|---|---|---|---|---|
Intermediario | Prodotto | Servizio | Incentivi | Fiscali | Totale | Totale (no fisco) |
Allianz Bank | 1,1% | Assente | 1% (2) | 0,2% | n.d. | 2,1% |
B. Desio | 0,6% | 0,4% | n. s. | 0,8% | 1,7% | 1% (3) |
Banca Ifigest | 2,5% | Assente | 0,5%(1) | 1,4% | 3,5% | 2,5% (3) |
Banca Intesa Sanpaolo | 0,5% | 0,3% | 0,4% (2) | n. d. | n.d. | 1% |
Bcc Pisa e Fornacette | 0,2% | Assente | Assente | 1,4% | 1,5% | 0,2%(3) |
Bpm | 0,6% | 0,3% | 0,6% (1) | n.d. | n.d. | 0,9% |
Binck Bank | 0,2% | 0,3% | Assente | 1,1% | 1,6% | 0,5%(3) |
CheBanca! | 0,2% | 0,7% | n. s. | 1,7% | 2,6% | 0,9% |
Deutsche Bank | 0,9% | 0,2% | n. s. | 0,4% | n.d. | 1,1% |
Fideuram | 0,9% | 0,3% | 1,5%(2) | n. d. | n. d. | 1,6% |
Fineco | 0,9% | 1,1% | 0,6% (1) | 0,2% | n. d. | 2% |
Ing | 0,6% | 0,1% | 1,5% (2) | 0,2% | 1% | 1%(3) |
IWBank | 1,1% | 0,1% | 0,8% (2) | 1,1% | 3,1% | 2% |
Moneyfarm | 0,4% | 0,6% | Assente | 0,8% | n.d. | 1% |
Mps | 1% | n. s. | 0,9% (2) | n.s. | 3% | 2,7% (3) |
Ubi Banca | 0,3% | 0,4% | 0,5% (2) | 0,9% | 2% | 1,1% |
Unicredit | 0,3% | 0,5% | 0,5%(1) | n. d. | n.d. | 0,8% |
Varie Bcc (4) | 0,3% | 0,3% | n. s. | n. s. | n.s. | 0,6%(3) |
Altre banche (5) | 0,7% | 0,4% | n. s. | n. s. | n.s. | 1,2% (3) |
Media | 0,9% | 0,5% | 0,6% | 0,8% | n. s. | 1,4% (3) |
NB. Abbiamo indicato separatamente le banche di cui abbiamo ricevuto almeno tre resoconti. Medie calcolate escludendo i valori pari a zero (lì si presume che il servizio non sia stato erogato), per cui il campione esaminato può differire da una colonna all’altra e le somme tra colonne non corrispondere; n.d. indica che il dato era assente nei resoconti; n.s. dato non significativo perché eterogeneo nelle ultime voci o perché tolti i valori pari a zero il campione includeva meno di tre resoconti; (1) la voce “incentivi” presente nei resoconti era già compresa nella voce “costi di prodotto” a cui non va sommata; (2) la voce “incentivi” presente nei resoconti, ma non era compresa nella voce “costi di prodotto” (“costi di servizo” per Unicredit) a cui va sommata; (3) voce assente nei resoconti ma ricostruita da noi per rendere possibile un confronto; (4) Bcc Carate Brianza, Banca Alta Toscana, Bcc di Milano, Bcc di Roma, CR Binasco, Bcc Lezzeno, Bcc Bergamasca e orobica, CR Treviglio, ZKB; (5) Banca Generali private, Banca del Fucino, Bnl Bnp Paribas, Onlinesim, B. Pop. Sondrio, BPER, BancoPosta, B. Sella, Mediolanum, Civibank, Carige, Credem, Euclidea, Crédit Agricole, B. Caripe, Biver Banca. |