Il prezzo del gas è ormai senza freni

gas alle stelle
gas alle stelle
Da fine luglio, attraverso il gasdotto North Stream 1 arriva alla Germania solo il 20% del gas che dovrebbe arrivare dalla Russia. Di recente è stata annunciata pure una totale sospensione delle forniture per tre giorni, a detta dei russi per manutenzione. È una situazione che preoccupa le autorità tedesche che, oltre ad aver annunciato la riattivazione di centrali a carbone, han deciso di rimandare la prevista chiusura delle centrali nucleari. La situazione è drammatica: se la Russia dovesse tagliare del tutto le forniture, la Germania potrebbe andare avanti con le riserve per meno di tre mesi. Lo scenario è, comunque, delicato anche nel resto d’Europa – in Italia si parla di piani di razionamento – e la caccia al gas alternativo a quello russo è urgente. Tutto ciò ha determinato una impennata del prezzo del gas in Europa che, come vedi nel grafico, ha superato i massimi toccati poco dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Anche negli Usa c’è stata una salita dei prezzi: un’economia ancora tutto sommato in salute e un grande caldo hanno sostenuto i consumi. Questi, uniti al fatto che larga parte del gas Usa, una volta liquefatto, viene ora spedito in un’Europa alla ricerca di una minore dipendenza da Mosca, ha fatto sì che le riserve Usa scendessero su valori bassi. E minori sono le riserve, più prezioso diventa il gas – anche il prezzo di quello Usa è su livelli che non si vedevano da anni.
A spingere al rialzo i prezzi del gas in Europa hanno contribuito anche i consumi estivi legati al grande caldo, la minore energia nucleare prodotta in Francia e la minore capacità di produzione idroelettrica determinata dalla siccità (non solo in Italia).
La domanda europea ha fatto sì che nel primo semestre del 2022 gli Stati Uniti diventassero il primo esportatore di gas naturale liquefatto al mondo, superando per la prima volta il Qatar.
Continuano anche le opposizioni delle comunità locali alla costruzione dei rigassificatori, vedi quanto sta succedendo con quello previsto a Piombino, al centro del dibattito politico.
Purtroppo sostituire le forniture di gas per l’Europa nell’immediato non è facile: la capacità di produzione del gas liquefatto negli Usa è vicina ai massimi, la Norvegia ha già approvato un aumento delle forniture di gas all’Europa, ma ha dovuto rinunciare ad altre estrazioni petrolifere.
I diversi prezzi dell’energia
Storicamente i prezzi del gas e quelli del petrolio si sono mossi più o meno allo stesso modo: la guerra in Ucraina e la ricerca di gas alternativo a quello russo hanno, però, sconvolto la situazione. Mentre il prezzo del petrolio (linea sottile; base 100) ha perso terreno nelle ultime settimane scontando i timori di recessione, sia i prezzi del gas in Europa (linea in grassetto), sia negli Usa (linea di peso intermedio) sono tornati sui massimi storici.I prezzi del petrolio sono espressi in dollari al barile, quelli del gas europeo in euro per megawattora, quelli del gas americano in dollari per milione di btu (British thermal unit). Tutti i valori sono forniti da Refinitiv Datastream.
La costruzione di nuovi gasdotti dalla Spagna, Paese principe al momento in termini di rigassificatori, richiede tempo e le nuove scoperte di giacimenti, come quello Eni (12,51 euro; Isin IT0003132476) a Cipro non saranno subito disponibili: ci potrebbe volere anni prima che il loro gas arrivi in Europa. In questa situazione, se l’autunno dovesse dimostrarsi rigido, c’è chi stima che il prezzo del gas in Europa possa stabilizzarsi anche sopra gli attuali 309 euro al megawattora, che già sono da capogiro: giusto un anno fa i prezzi erano intorno ai 110 euro al megawattora è ciò dà l’idea della stangata. Anche negli Usa, però, i prezzi potrebbero mordere: con la riapertura di un punto d’esportazione chiuso per manutenzione, potrebbero ridursi ancora di più gli stoccaggi. Cosa può invertire questa tendenza? Primo: la fine del conflitto in Ucraina, con il ritorno del gas russo. Secondo: almeno nel breve termine, un accordo tra i Paesi europei per imporre un tetto ai prezzi. Terzo (scenario peggiore): una forte recessione con chiusure di aziende che creano un brusco calo della domanda (il prezzo del petrolio, vedi grafico ha iniziato già a scontare un po’ tale rischio, salvo riprendersi negli ultimi giorni sulla scia del freno alle trivelle che potrebbe essere attuato da alcuni produttori). In ogni caso, anche in caso di fine del conflitto in Ucraina, è evidente che l’Europa dovrà cercare fonti alternative al gas russo, forme alternative di energia (presto faremo un approfondimento su quella nucleare, seguici) o altri fornitori. Su questo fronte, sul n° 1470 avevamo individuato delle società che avrebbero potuto beneficiare della ricerca di alternative. Eccole.
Cheniere Energy (169,96 Usd; Isin US16411R2085): le azioni del più grande esportatore americano di gas naturale liquefatto si sono impennate di ben il 29% (+34% in euro e dividendi inclusi) dal consiglio d’inizio luglio 2022 (vedi n° 1470) rispetto a un progresso medio delle Borse mondiali del 7% (+12% in euro e dividendi inclusi) e rispetto al +8,6% (+14% in euro e dividendi inclusi) del settore energetico. A spingerle c’è stata la risalita dei prezzi del gas negli Usa e la pubblicazione di eccellenti risultati per il 1° trimestre: l’aumento della domanda di gas ha spinto l’utile con un +120% rispetto allo stesso periodo del 2021. La cosa che, però, più ha colpito è che il gruppo ha alzato di quasi il 40% le previsioni per il risultato di tutto il 2022, lasciando intendere il gruppo si aspetta domanda e prezzi del gas alti ancora per mesi. Riuscirà, però, Cheniere, i cui impianti già lavorano al massimo, a gestire la nuova domanda in arrivo? Cheniere si dice pronta ad espandere velocemente alcuni progetti: solo se ci riuscisse, aiutata anche da procedure burocratiche più snelle, il titolo potrebbe continuare a salire. Ci aspettiamo che i prezzi del gas Usa restino elevati, questo dovrebbe evitare comunque un tracollo del titolo: dopo la corsa di questi mesi e con il duplice rischio, da un lato, che il gruppo sia arrivato, almeno a breve termine, al massimo della sua capacità produttiva e, dall’altro, che l’Europa possa rivolgersi anche ad altri Paesi per il gas naturale liquefatto (vedi il Canada), consigliamo, però, di limitarti a mantenere le azioni di questa società.
Gli investimenti che Cheniere ha annunciato sono molto rilevanti e potrebbero aumentare in modo marcato la capacità produttiva del gruppo: ma arriveranno in tempo? Preferiamo ora restare prudenti col consiglio su questo titolo.
Flex LNG (337,2 corone norvegesi; Isin BMG359472021): ancora più forte è stato il rialzo delle azioni della compagnia navale norvegese che trasporta il gas naturale liquefatto per il mondo. Le Flex LNG han guadagnato da inizio luglio ben il 32%, che diventa +42% in euro e dividendi inclusi. La società è stata prudente nel rialzare le prospettive di risultati per il 2022, ma i noli marittimi potrebbero restare elevati a lungo – ci aspettiamo che molti Paesi, non solo gli Usa, aumentino la produzione di gas e ci aspettiamo domanda sostenuta anche da altre parti del mondo. Per questo, anche se le azioni non sono convenienti quanto a inizio luglio, meritano ancora una scommessa. Occhio: i noli potrebbero oscillare e, quindi, le azioni rischiano di essere ballerine (e perdere anche molto in breve tempo). Solo per speculatori.
Comprare sulla Borsa di Oslo non è affatto facile, per questo ti segnaliamo che le Flex LNG sono quotate anche sulla Borsa di New York: il codice Isin è lo stesso (vedi a fianco), ma il prezzo è espresso in dollari (35,56 Usd). Viaggiano sui massimi storici.
Tenaris (14,11 euro; Isin LU0156801721): ha ottenuto un ottimo risultato da inizio di luglio, +17%. Ha chiuso il 2° trimestre con ricavi oltre le attese del mercato e cerca di chiudere un’acquisizione negli Usa per aumentare la produzione di tubi in vista della maggiore domanda dei prossimi anni. Tutti ottimi passi, ma non poteva non risentire della contrazione dei prezzi del greggio (da inizio luglio il petrolio di qualità Brent è sceso di circa l’11%) e questo ha fatto sì che i guadagni fossero più ridotti delle società focalizzate sul gas. Una scommessa ci sta ancora, ma occhio: in caso di recessione e di calo brusco dei prezzi del greggio il titolo potrebbe soffrire. La scommessa è solo per gli speculatori, gli investitori più prudenti mantengano le azioni.
Le Tenaris sono quotate a Milano, ma hanno la sede legale in Lussemburgo. Significa che non pagherai la tobin tax al momento dell’acquisto, ma subirai la doppia tassazione sui dividendi.
Eni ha chiuso il primo semestre dell’anno beneficiando dell’aumento dei prezzi dell’energia (utili tra 6 e 7 volte quelli dello stesso periodo del 2021). Il titolo, però, da inizio luglio ha limitato il suo progresso all’11%, facendo poco meglio delle altre azioni del settore. Non solo i grandi progetti per smarcarsi dal gas russo avranno bisogno di tempo per dare frutti, ma l’incognita politica in Italia e il rischio di una recessione in Europa pesano sulle prospettive del gruppo (penalizzato anche dalle difficoltà di Saipem). Inoltre, possibili modifiche normative – vedi, per esempio, una ulteriore tassazione degli extra-profitti – rendono il titolo poco interessante anche speculativamente. Limitati a mantenere le Eni che hai.
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